mercoledì 3 luglio 2019

Le nomine europee secondo Franco Battiato
Italia, senza un centro di gravità permanente…



In politica a ogni azione segue una reazione. E per parare i colpi, per dirla con il geniale Franco Battiato,  serve un centro di gravità permanente. Mescolando  scienza politica ed esoterismo  canoro, occorre  qualcosa che non ci faccia mai cambiare idee sulle cose e sulla gente…   
Qualcosa   che  c’è o non c’è.   Per l’Italia, al momento,  non c’è.  
Ecco il senso politico delle nomine europee, che vedono socialisti e popolari, pur in calo ma forti dell’asse franco-tedesco,  fare  man bassa di nomine prestigiose. Tutto il fumo intossicante di Salvini e Di Maio ha portato all’isolamento dell’Italia. Che fluttua, senza timone, senza un centro di gravità permanente:  dall'idea europea all'idea di libertà.   Si  flirta con  dittatori, o aspiranti tali, comportandosi  da  prepotenti con i deboli a mollo  nelle acque del Mediterraneo.     
Un isolamento isterico e autoritario, controproducente,  che ci siamo autoimposti  e  che potrebbe  vedere -  colmo dell'ironia  -   addirittura  un odiato pidiota (termine caro a sovranisti e populisti), come Sassoli, papparsi la  Presidenza  del Parlamento Europeo.  
In politica come in guerra, conta la forza effettiva, non le chiacchiere.  Conta  la capacità di piegare realmente  l’avversario ai propri voleri, capacità che  rinvia al possesso di risorse politiche, relazionali ed economiche da gettare sulla bilancia del conflitto. E quando  non c’è questa forza,  bisogna fare un passo indietro. Altrimenti, per il gioco della azioni-reazioni si finisce male. Di qui, l'importanza di un centro di gravità permanente, dettato da valori e interessi duraturi.  Serietà e prudenza, non il  piglio buffonesco di Salvini e Di Maio.   
Ora, sul piano politico, l’Italia, con la scelta degli sgarbi quotidiani,   si è guadagnata la disistima di Francia e Germania, due avversari (oggi) che, vista l’impossibilità di batterli (ieri), sarebbe stato preferibile mantenere come  nostri amici e  alleati (per sempre, o quasi), viste le comuni tradizioni europee ed  europeistiche.   E noi invece che facciamo?  Raccogliamo allegramente  e tiriamo ortiche per le strade di Pechino…
Su  quello economico, con la rivendicazione   dei buchi di bilancio, si  è  messa in discussione, e pesantemente, la credibilità italiana,  oltre, che -  in modo ridicolo -  la scienza economica, perfino contabile.
Sul piano relazionale, infine, abbiamo fatto in modo e maniera di  ritrovarci  in compagnia di furbi contrabbandieri macedoni (o quasi), sempre pronti a tradirci,  come sembra sia andata, con quelli di Visegrad,  anche  in occasione di queste nomine. 
Sullo sfondo, attenzione,  di pericolose e scombinate amicizie cinesi, russe e trumpiane.  Insomma, in Europa recitiamo ufficialmente, per citare ancora  Battiato, la parte di   quelli  vestiti come bonzi per entrare a corte degli imperatori della dinastia Ming…
Siamo ormai  privi  di un centro di gravità permanente, che difficilmente ritroveremo. Vogliamo uscire dall’Europa, senza però sapere con chi  andare. Il rischio è quello di perdere   i vecchi alleati senza acquistarne di nuovi.   Non abbiamo forza né rigore politico.  Siamo nelle mani  di due pagliacci, come Salvini e Di Maio, che  sembrano amare  i cori russi e cinesi, ma anche la musica finto rock, la new wave italiana, il free jazz punk inglese e la nera africana (ma a casa loro…).
Intanto però,  una vecchia  bretone con un ombrello di  carta di riso  e canna di bambù… Pardon, parigina… In  compagnia di Gesuiti euclidei.  Pardon,  euclidei e tedeschi…
 

Carlo Gambescia