giovedì 1 agosto 2019

Il dilemma del realismo politico  
Meglio un uovo oggi o una gallina domani?


Ieri, grazie all’ interessante  articolo di Sofia Ventura sui liberali  immaginari  per Salvini, uscito su  “L’Espresso”, si è sviluppato  un confronto  tra  Corrado Ocone,  Alessandro Litta Modignani e chi scrive.  Parlo di confronto, perché, per ora, i diversi interlocutori si sono limitati  a esporre le  proprie posizioni (*).
Però, al di là della questione delle scelte politiche immediate, pur importante,  si sono delineate   due interessanti   forme di realismo politico.

Secondo  Corrado Ocone:

In verità, forse perché l’ho fatta da giovane per qualche mese, mi pongo di fronte alla politica in modo diverso. Non mi pongo il problema di quanto liberale sia la Lega, o Salvini, o il Pd, o chiunque altro. Parto dalla considerazione seria e realistica delle forze in campo. Bisogna lavorare col materiale esistente e cercare di far passare nelle situazioni reali le proprie idee. Penso che in Italia bisogna oggi prendere atto, per chi è di centrodestra, dell’egemonia conquistata sul campo da Salvini, lavorando affinché ci sia una gamba più liberale nella Lega o nel centrodestra inteso in senso generale.

Mentre per Alessandro Litta Modignani:

Devo dire a Corrado Ocone con amicizia, che assolutamente NON CONDIVIDO questo suo punto di vista. Quando si superano certe soglie, il dovere del liberale è di opporsi, quale che sia il prezzo da pagare. Dire "cerchiamo di rendere più liberale la Lega e Salvini" mi riesce intollerabile. Un modo facile per darsi buona coscienza a buon mercato e schierarsi dalla parte del vincitore. I veri liberali non stanno con Salvini e non ammirano Putin. Quelli semmai sono trasformisti, l'Italia ne è sempre stata piena. Come tipicamente Daniele Capezzone, infatti, abilissimo nell'essere liberale, radicale, pannelliano, gandhiano, berlusconiano, fittiano e ora pare meloniano. Eh no! No.

Per passare subito alle definizioni,  il realismo politico di  Ocone  è un realismo a  quo.   Il realismo politico di  Litta Modignani  è un realismo ad quem.  
La prima forma di realismo, a quo,  è immersa nel presente  e guarda alle conseguenze immediate;  la seconda, il realismo ad quem,  guarda al futuro e alle conseguenze di lunga durata. Il  realismo a quo  rinvia all’etica della responsabilità, quello ad quem all’etica dei principi, per dirla weberianamente. Il realismo  a quo guarda alle distribuzione quantitativa delle forze in campo,   il realismo ad quem alla distribuzione qualitativa.
Il che spiega quel  “bisogna lavorare col materiale esistente” evidenziato da  Ocone  (realismo a quo: quantitativo)   e per contro   quel  “dovere”  di non “superare” altrettanto realisticamente, “ certe soglie” sottolineato da Litta Modignani (realismo ad quem: qualitativo).

Per fare un esempio storico, e anche per tornare sul punto, i liberali, al netto delle successive resipiscenze,  davanti al fascismo si divisero:  alcuni ritennero che  non si poteva ignorare  il “materiale (fascista)  esistente”,  altri che  non si doveva  superare la “soglia” dello stato di diritto  (liberale).
Prevalse la tesi del realismo  a quo e Mussolini agguantò il potere.
Ovviamente Salvini (per ora) non è Mussolini, però il realismo di Ocone ricorda quello dei liberali a quo. Mentre quello di Litta Modignani le tesi dei liberali ad quem.                                                 
Va riconosciuto onestamente che il liberali realisti a quo, a differenza degli storici del fascismo, non sapevano assolutamente come sarebbe finita: dal momento che nell'atto cognitivo c'è sempre una componente predittiva, il  liberali a quo  "profetizzavano" alla breve.
Del resto, e per la stessa ragione,  il liberali realisti  ad quem, "profetizzavano" alla lunga, non immaginando, al momento,  che la storia avrebbe dato loro ragione.  Per dirla, parafrasando Machiavelli, rispetto all'incalzare degli eventi,  il realismo a quo è armato della logica di un  presente, che appare come vincente,  quello ad quem disarmato perché  dalla parte  dei  perdenti, di coloro che non assecondano la "naturale"  forza  delle cose.       
Ciò però significa che  esiste un  fattore che finisce per incidere, e pesantemente, su   ogni realismo a quo o ad quem.  Quale? Quello degli effetti inintenzionali delle azioni sociali e politiche. Effetti che possono essere positivi o negativi, indipendentemente dagli scopi prefissati dai singoli attori.  Si vuole il bene si ottiene il male, si vuole il male si ottiene il bene.  E non è neppure detto che sia così: perché talvolta   il bene consegue  il bene, talaltra  il male il male.  Il vero punto  della questione  è che domina l’imprevedibilità.
Che cosa voglio dire? L’imprevedibilità degli esiti delle  azioni umane  imporrebbe  di riflettere sulla natura del realismo politico. Quale può essere l'atteggiamento (e di conseguenza la prasseologia) del realista tout court,  dinanzi all’impossibilità  - semplificando -  di sapere come andrà a finire? Quali scelte operare?  Quelle  di un realismo a breve termine?  O a lungo termine?
Chiedendo scusa ai lettori per la pesante caduta di stile: meglio un uovo oggi o una gallina domani? Corrado Ocone è per l’uovo, Alessandro Litta Modignani per la gallina.  E Carlo Gambescia?  Per la gallina. 

Carlo Gambescia