mercoledì 17 luglio 2019

Ursula von der Leyen confermata 
Presidente della Commissione Europea
 La strategia della lumaca




Carneade chi era costui? La stessa cosa  si può dire di  Ursula von der Leyen,  confermata  Presidente della Commissione dal Parlamento europeo.  Una donna  che,  a differenza di  Christine Lagarde, l'altra new entry, risulta  ai più  una  perfetta sconosciuta. 

In realtà,  l’Unione europea,   proprio per contrastare i tempi difficili,  avrebbe dovuto scegliere  un Presidente di Commissione dalla precisa e ricca  connotazione internazionale. E quindi  in grado, prima per fama poi per capacità riconosciute, di competere, piacciano o meno,  con personaggi del calibro di Trump, Putin, Xi Jinping.  E invece si è optato per  il solito grigio funzionario  politico.  Del resto,  si passino pure  in  rassegna i precedenti  Presidenti di Commissione:  a parte Jenkins e Delors, due socialisti tra l’altro,  i nomi non brillano, almeno a nostro avviso,  per capacità personali e autorevolezza internazionale. Lo stesso si può dire  di Tinnermans, lo spitzenkandidaten  subito appassito.    
Per capirsi -   si tratta solo di un esempio -   la nomina di   un  politico della caratura di un Macron o di una Merkel  avrebbe  rappresentato un segnale forte per il mondo.   Ma, il punto è che, attualmente, di politici del genere la piazza non abbonda (per usare un eufemismo).  E probabilmente i routiniers Ue ne temono l'avvento. Quieta non movere et mota quietare...  Sicché, in nome della continuità  politico-amministrativa si è optato per un oscuro Ministro della difesa democristiano.
La strategia politica verso i populisti  dell’establishment  politico europeo  (socialista, cristiano e liberale di sinistra)  è  duplice:   per un verso  si punta  sul controllo del territorio politico  tentando di  accaparrarsi  il maggior numero possibile di incarichi;   per l’ altro si cerca sistematicamente di stancare l’avversario, alternando rimproveri ed elogi. Il voto decisivo di Cinque Stelle sarà sicuramente ricompensato. Oppure no. Dipenderà dai rapporti di forza che si determineranno  di qui alla fine dell’anno, soprattutto in Italia. Dove Zingaretti,  Franceschini e  Sassoli, fresco eletto a Presidente del Parlamento europeo,  progettano, una volta caduto Salvini,  di allearsi con i pentastellati.   Dalla padella salviniana alla brace catto-socialista…  Questo passa il convento italiano per ora.

Si potrebbe parlare di strategia politica della lumaca. Esemplare l’atteggiamento della Commissione verso lo sforamento di bilancio italiano: si fa la voce grossa, poi un passo indietro, concedendo altro tempo e spostando i tagli alla successiva sessione di bilancio. E intanto il tempo passa.
Si tratta di un atteggiamento che rinvia all’universo mentale parlamentarista,  fondato, e giustamente, su trattative e compromessi. Un modo di procedere  che però  nei tempi difficili, quando fuori il mondo corre,  alla lunga può risultare controproducente. Consentire che i barbari populisti, vestiti di pelli, armati di asce,  con al seguito  carriaggi, donne e bambini,  dai confini dell’impero si avvicinino sempre più a Roma,  si basa sulla scommessa che  Roma capta. La storia però insegna che alla fine fu proprio Roma a essere captata.
Nei  tempi in cui l’Ue dovrebbe mettersi l’elmetto, e non solo  in senso metaforico, che cosa ha  proposto di concreto Ursula von der Leyen nel suo discorso di ieri? Il potenziamento dei fondi destinati all’Erasmus.  
Il che, per carità,  non è sbagliato dal punto di vista dell’umanesimo europeista. Il gesto è nobilissimo.  Però,  se  Churchill, davanti alla minaccia hitleriana, si fosse limitato a potenziare i fondi per i boy scouts,  oggi non saremmo qui a parlare di Europa libera e democratica.

Carlo Gambescia