mercoledì 31 ottobre 2018

La responsabilità storica  del populismo comunista
Quando Michele Serra era su Marte...




Michele Serra nell’ “Amaca”  di oggi  se la prende  con la “signora fascista”,  in visita a Predappio,  che oltre a girare con una maglietta antisemita  sostiene che dopo Mussolini  per il popolo italiano  non si è  fatto niente… 
Concordiamo, con le critiche  di un  Serra basito:  altro che nulla,   l’Italia  grazie alla democrazia rappresentativa, allo stato di diritto e all’economia di mercato ha goduto di settant’anni di pace, sviluppo e benessere.  Però  il punto è un  altro.  
Che un fascista, che odia la democrazia, il liberalismo e il capitalismo,  sostenga queste cose è comprensibile (non giustificabile, ovviamente),  che invece le sostengano  gli italiani, mai satolli come ora, che però hanno votato Salvini e Di Maio, lo è di  meno.  E ancora di meno  che  un "post-comunista" (ora si chiamano così), come Serra, si dichiari basito,  asserendo di non capire il perché  di questa amnesia politica tutta italiana.  Evidentemente, durante la Prima Repubblica,   anche lui era su Marte, come i grotteschi  fascisti di Corrado Guzzanti.  
Perché - ecco il punto -   i comunisti italiani, la parte politica dalla quale proviene Serra  che quegli ideali ha condiviso (lui, ovviamente, se interpellato risponderà, che era critico, eccetera, eccetera), hanno  fatto del loro  meglio, dopo il 1945,  per presentare la democrazia italiana come nemica del popolo, indicando in ogni riforma una trappola e un passo indietro rispetto al radioso cammino verso la democrazia integrale socialista ovviamente, rappresentata prima dalla Russia stalinista, poi da una misteriosa Terza via italiana, tra lo stalinismo e la socialdemocrazia: idea sopraffina, quest’ultima, coltivata,  praticamente, fino alla fatidica Bolognina occhettiana. 
Dopo di che la sinistra si è divisa, continuando però a fare tifo per i giudici,  ritenuti  gli unici amici del popolo,  contro Berlusconi, of course,  liquidato  come erede di Mussolini. Fino a lanciare, e questi sono gli ultimi sviluppi (diciamo, post-comunisti),  un ponte verso Cinque Stelle ( prima Bersani  poi Zingaretti). I nonni, che di sociologia non sapevano nulla, dicevamo però, a ragione,  Dio li fa, poi li accoppia... 
Quanto può aver pesato questo atteggiamento ideologico  su un’ opinione pubblica di sinistra che tuttora rimpiange  una figura, politicamente arcaica come Enrico Berlinguer?  Che indicava come esempio di modello economico "austero"  il Vietnam riunificato? Tantissimo.
Certo, c'è anche l'altra versione: che Togliatti prima, Berlinguer dopo, avrebbero tenuto a bada gli estremisti. E sia.  Fermo restando però,  che il rapporto dei comunisti  con la democrazia liberale non si discostò mai, come del resto per i missini, da un rispetto puramente strumentale.  Non ci credevano, insomma.  E se ci credevano, credevano fino all'ora X  (per dirla con Guareschi, che qualche danno culturale  a destra, dispiace dirlo,  l'ha pur fatto, ma questa è un'altra storia...). 
Ora,   i frutti di  questo  virtuismo  populista  (in sintesi: "Signora mia è tutto un magna magna, però noi cambieremo tutto"),  sono stati raccolti dai Cinque Stelle, e di rimbalzo  da tutti gli altri partiti, post-Tangentopoli. 
Il mantra della Seconda Repubblica,  era che  la Prima  per l’Italia non aveva  fatto nulla, che il Paese era stato depredato, eccetera, eccetera. La signora con la maglietta nera  che sorride beata,  ironizzando sull’Olocausto e inneggiando al Duce,  non è che il lato destro di una vulgata  populista, condivisa  dal lato sinistro dello schieramento politico. Una "narrazione" che dopo Tangentopoli,  anche per demerito di Berlusconi,  si è trasformata nel leitmotiv  della  politica italiana, portando voti e acqua al mulino di Cinque Stelle e della Lega, come per combinato disposto.  
Inutile perciò piangere sul latte versato della memoria corta italiana, per  prendersela, anche se giusto, con la fascistona di turno. Qui invece sarebbe d’obbligo - finalmente -  il  mea culpa pubblico.  I comunisti italiani hanno tremende  responsabilità storiche. Dal momento che  hanno condiviso la stessa battaglia delegittimante verso la democrazia liberale dei nostalgici del fascismo,  alla quale opponevano,  a differenza  dei fascisti, legati all’età dell’oro mussoliniana,  un  mitologico  futuro socialista.  
E questi sono i risultati.    

                                                                                                       Carlo Gambescia