Milosevic secondo Carla del Ponte
Verità storia o verità giuridica?
L'improvvisa morte di Milosevic ha lasciato i giudici
dell'Aja di stucco. Ovviamente anche da morto, Milosevic non è sfuggito al
rituale di degradazione, cui era stato sottoposto da vivo. La stragrande
maggioranza dei giornali mondiali (in particolare americani ed europei) ha continuato
a usare verso "Slobo" lo stesso tono impietoso che di solito si
impiega per informare i lettori della morte in carcere di un pericoloso
pedofilo, stupratore, serial killer: un rifiuto dell'umanità.
Ora, qui, non si vuole assolutamente negare le responsabilità
politiche di Milosevic. Né ricostruirne la biografia o le vicende giudiziarie.
Per questi aspetti si veda l' articolo di Tommaso di
Francesco e Danilo Zolo, apparso sul "Manifesto" (domenica 12 marzo,
p. 7 ). Ma più
semplicemente soffermarsi su un punto particolare: la dichiarazione del
procuratore del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia Carla del
Ponte ("Corriere della Sera" lunedì 13 marzo, p. 15 ). Una dichiarazione, questa
sì, che veramente lascia di stucco, chiunque creda nel diritto e nella
giustizia,
Ecco quel che ha dichiarato la del Ponte: "No, non
credo che abbiamo sbagliato a riunire le imputazioni in un unico processo,
anche se molto più lungo e complicato di un procedimento diviso in tre tronconi
per Croazia, Bosnia, Kosovo. Volevamo ricostruire la verità storica di un unico
conflitto. No, tornassi indietro, non farei nulla di diverso".
Quel che suona in modo
particolarmente sinistro è il fatto che un giudice dichiari di voler
"ricostruire la verità storica". Una visione a dir poco aberrante,
che dal punto di vista della procedura e del diritto penale moderni non ha
alcun fondamento. Il giudice infatti deve applicare la legge esistente, e non
conformarla, di volta volta, alla verità storica del momento. Il diritto
concerne i principi, la storia i fatti . La verità da "ricostruire",
al massimo, può essere processuale, interna al giudizio e accertabile
giuridicamente, ma mai storica: la verità processuale concerne un
"diritto" offeso; la verità storica riguarda invece un "fatto":
la relazione politica (accertabile, e giustificabile, solo politicamente e non
giuridicamente), tra vinti (i giudicati) e i vincitori (i giudici). Il giudice
può temperare il suo giudizio, nel caso singolo, ricorrendo al principio di
equità, che tuttavia non può mai essere contrario ai moderni principi del
diritto e della procedura penale, i quali escludono l'accertamento di qualsiasi
forma di verità extragiuridica. Infine, la verità storica invocata dalla del
Ponte, rappresenta giuridicamente un passo indietro: il ritorno a una specie di
medievale "giudizio di Dio", che vede però la Storia sostituirsi a Dio.
Si potrà dire: anche il diritto penale moderno, ha
origine da precisi fatti (storici): le rivoluzioni borghesi. Certo, ma la
rivoluzione del 1789 (per citarne una) come portata storica (dal punto di vista
dello sviluppo giuridico moderno), può essere messa sullo stesso piano della
guerra tra la Stati Uniti
e Nato da una parte e la piccola Serbia dall'altra? Che invece ricorda da
vicino una guerra coloniale per eliminare un "ras"o un sultano
sgradito...
Milosevic, "il macellaio dei Balcani" è morto.
Ed è probabile che politicamente lo fosse sul serio. Ma come definire certi
giudici, se non macellai dei diritto?
Carlo Gambescia
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