Elezioni e partecipazione al voto
Nelle democrazie un buon barometro dello stato di salute
è costituito dal tasso di partecipazione elettorale. Ora, all'incirca negli
ultimi 15 anni, e il trend non riguarda solo l'Italia, la percentuale dei
votanti, nelle varie "tornate" elettorali (incluse quelle
referendarie) è costantemente diminuita. In Europa partecipa alle elezioni in
media il 60 % degli aventi diritto, in Italia il 70 %, Negli anni Settanta e
Ottanta, votava rispettivamente il 70 e l'80% . Si tratta di valori medi, che
non escludono, dunque, picchi occasionalmente più alti. Il dato importante è il
trend negativo: si partecipa, col proprio voto, alle elezioni sempre meno.
Sotto questo aspetto gli inviti generici delle forze
politiche a votare sono semplicemente ridicoli perché ignorano la naturale
strutturale del fenomeno.
La bassa affluenza indica tre pericoli.
Primo: la "salute elettorale" delle nostre
democrazie è pessima, dal momento che un sistema che perde elettori rischia di
perdere anche legittimità.
Secondo: la depoliticizzazione è ormai un fenomeno di
massa. Quasi 2 europei su 4 non votano. più. E 1 italiano su 4. E una
democrazia composta solo di individui dediti al "particulare" rischia
di trasformarsi in fiera degli egoismi sociali.
Terzo: per quasi la metà degli elettori l'esercizio della
libertà di voto è divenuto un peso. E purtroppo una democrazia in cui la
libertà politica è trascurata o disprezzata, rischia prima o poi di aprire le
porte al buon tiranno.
Cerchiamo di capire le ragioni strutturali di questo
grave fenomeno.
In primo luogo, le nostre sono democrazie
"consumistiche": l' elettore è interessato a difendere solo il suo
livello di consumi. Tutto quel che esula dal mantenimento di un certo tenore di
vita, come i grandi problemi ambientali, sociali, costituzionali, culturali non
è tenuto in alcuna considerazione né dall'elettore né dalle forze politiche ( a
parte rare eccezioni, meritorie sul piano dei programmi, ma che per ora quanto
a risultati concreti, non hanno minimamente influito sulla struttura generale
dei consumi privati).
In secondo luogo, dietro l'assenteismo elettorale c'è la
cultura del disimpegno politico, così massicciamente diffusa a scopo preventivo
dalla cultura mediatica del "divertentismo" capitalistico. E con
"buoni" risultati purtroppo. Ricerche mostrano che solo 1 giovane su
4 crede nella funzione democratica del voto. E che per contro 3 giovani su
quattro credono solamente (nel seguente ordine), nel lavoro, nell'amicizia e
nell'amore. Tutti valori nobili e importanti, ma "privatistici" per
eccellenza. Quanto agli adulti, è noto che 2 su quattro ritengono i partiti
politici poco affidabili.
Un trend dunque preoccupante. Che non sarà facile
invertire. Non si può infatti premere, per così dire, l'acceleratore sociale ed
economico sui valori consumistici e privatistici, e poi prentendere che un
elettore, ridotto a homo consumans, possa partecipare attivamente alla
vita pubblica, attraverso un voto, che in realtà, è dallo stesso elettore
avvertito come qualcosa di lontano se non di totalmente estraneo ai suoi
interessi di vita.
E' una gravissima contraddizione politica e sociale. Che
nessuno sembra comprendere. Perché?
Carlo Gambescia
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