Berlusconi visto da Nanni Moretti
C'è un scena nel film di Nanni Moretti, "Il
caimano", in cui si parla di Berlusconi, come di "uno che con le sue
televisioni ha cambiato la testa degli italiani". Si tratta di un film, e
quindi di cinema. Una forma d' arte, che a prescindere dai contenuti veicolati,
implica sempre l'uso di una immediatezza espressiva, capace, se un regista ci sa fare, di tenere lo
spettatore con gli occhi "incollati" allo schermo. E'
perciò giustificata e comprensibile la scelta di regista e sceneggiatori di veicolare
un messaggio forte e - inutile negarlo - propagandistico...
In realtà però, i processi socioculturali di trasmissione
dei valori funzionano così? Basta un imprenditore, più o meno capace, per
"cambiare la testa della gente"? C'è un' altra scena nel film, dove
Berlusconi, interpretato da Elio De Capitani, quasi rivolgendosi al pubblico in
sala, parla di un "bisogno" preesistente del suo nuovo modo di far
televisione. Le parole di Berlusconi, sembrano messe lì dagli sceneggiatori,
come un richiamo colto alle teorie dei francofortesi, che giustamente hanno
insegnato che il "bisogno" è sempre creato artificialmente dal
"capitale". A dimostrazione, e questa è la tesi del film, che il
"bisogno" è stato creato da Berlusconi stesso.
Ma nel caso dell'imprenditore milanese e delle sue
compagnie televisive - ecco il punto - il "bisogno" non è stato
creato dal nulla, ma semplicemente veicolato. I processi socioculturali di
trasmissione dei valori (in questo caso "consumistici", ecc.) hanno
un andamento a cerchi concentrici: un centro di irradiazione e un serie anelli,
che ne rappresentano le progressive e successive sfere di diffusione. A ogni
cerchio, corrisponde un nuovo veicolo sociale e un nuovo gruppo sociale da
acculturare ("conquistare" ai nuovi valori). Per farla breve:
Berlusconi ne è stato è il veicolo; gli spettatori italiani delle sue
televisioni il gruppo sociale da acculturare.
Ora considerarlo, non come puro veicolo ma come il centro
principale di irradiazione dei valori consumistici, è sbagliato sociologiamente
e politicamente.
Sociologicamente, perché il centro di irradiazione della
cultura consumistica è incarnato dagli Stati Uniti. Come fulcro di un processo
di mutamento dei valori socioculturali che viene da lontano, e che in pratica
ha attraversato tutto il Novecento. Raggiungendo negli anni Sessanta l'Italia,
molto prima dell'ascesa di Berlusconi, (e qui si rinvia alla letteratura di
critica del neocapitalismo dell'epoca, a cominciare da La vita agra di
Luciano Bianciardi, 1962). Berlusconi si è limitato a recepire e rilanciare,
fruendo delle innovazioni tecnologiche degli anni Novanta. Non va assolto ma
neanche demonizzato... Nel suo caso, per parafrasare la Arendt , si potrebbe parlare
di "banalità del male" televisivo-consumistico...
Anche perché la demonizzazione implica automaticamente un
errore di tipo politico. Infatti, far ricadere su Berlusconi tutta la
"colpa" della deriva consumistica e televisiva (il cosiddetto
"trash", ad esempio, è un prodotto televisivo tipicamente
americano...), comporta la credenza, totalmente impolitica, che una volta
sconfitto il Cavaliere, l' Italia di colpo tornerà a essere quella povera,
frugale e onesta di "Bella Ciao" e "BiancoFiore"... Ma un'
evoluzione di questo tipo ( o ulteriore involuzione, dipende dal punto di
vista..), considerata anche la potenza, non solo cultural-mediatica, ma
politica, economica e militare degli Stati Uniti, resta per il momento
piuttosto difficile.
Insomma, Berlusconi passa, l'americanismo resta.
Il vero problema, o comunque il principale, non è perciò
Berlusconi, il "caimano", ma come contrastare culturalmente, e poi
politicamente, il progressivo e schiacciante predominio, per ora apparentemente
inarrestabile, di una cultura consumistico-televisiva che giunge dagli Stati
Uniti.
Potrebbe essere argomento per il prossimo film. Anche se Moretti ha già dichiarato che girerà una commedia...
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento