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Robert Morrison MacIver
Robert Morrison MacIver (1882-1970) è un sociologo oggi
poco studiato, se non del tutto dimenticato. Ed è un peccato. Perché la sua
opera è di grande spessore teorico e soprattutto distinta da una studio attento
dei rapporti tra tecnica, cultura e società. Per MacIver la sociologia non è
una scienza iperspecialistica, frammentata nei più diversi saperi disciplinari
ed esclusivamente basata sulla ricerca empirica, come è considerata oggi in
ambito accademico.
A suo avviso la sociologia, pur avendo come base
l'individuo, non può ignorare, il sistema di relazioni culturali e materiali,
intorno al quale ruota l'agire umano. Per questa ragione lo studioso sociale
deve saper maneggiare, oltre agli strumenti empirici, quell'immaginazione
sociologica, per dirla con Wright Mills, che creativamente consente di intuire
come un tutto la relazione tra l 'uomo da un lato, e la tecnica, la cultura e
la società dall'altro.
MacIver nasce nelle Ebridi scozzesi nel 1882, da una
famiglia di agiati commercianti di tessuti, religiosamente molto devota, ma
apertissima ai bisogni culturali del figlio. Studia all'Università di Edimburgo
lettere classiche (1898). Poi passa a Oxford (1903) dove prende il suo B.A.
(1907) e allarga gli orizzonti culturali, aprendosi alle scienze sociali del
suo tempo (Simmel, Durkheim, Lévy-Bruhl). Consegue il Ph.D presso l'università
di Edimburgo (1905). Dopo di che la sua grande passione verso la filosofia
sociale e poltica gli fa accettare un incarico insegnamento di filosofia e
sociologia (disciplina all'epoca all'avanguardia) presso l'Università di Aberdeen
(1907-1915) Un dissidio intellettuale sul valore della filosofia politica
hegeliana (criticatissima da MacIver, che parte dall'individuo e non dallo
stato) con il suo superiore di facoltà, il professor J.B.Baille (il
traduttore inglese della Fenomenologia), lo spinge a trasferirsi in
Canada (1915). E qui insegnerà all'Università di Toronto finoa ad assumere la
direzione del Dipartimento di Scienza Politica. Dopo di che si trasferisce
negli Stati Uniti per insegnare alla Columbia University di New York (1927).
Fonda, con altri studiosi la
New School for Social Research (1935), che accoglierà molti
studiosi europei rifugiatisi in America, a causa delle persecuzioni
nazionalsocialista. Nel 1940 viene nominato presidente dell'American
Sociological Society. Nel 1950 lascia l'insegnamento di filosofia politica e
sociologia alla Columbia per dirigere una serie di importanti progetti di
ricerca sulla libertà accademica, la discriminazione sociale e la delinquenza
giovanile. Nel 1963-1964 è chiamato a dirigere la New School for Social
Research. Muore nel 1970, ultraottantenne.
Tra le sue opere principali: Community: A
Sociological Study (1915, che meriterebbe, ancora oggi, una traduzione
italiana), The Modern State (1926), Social Causation (1942,
trad. it a cura di Leonardo Allodi, Franco Angeli Milano 1998), The Web of
Government (1947, trad. it. il Mulino, Bologna 1962, intr. di G. Poggi,
ancora utilissima), Society: An Introductory Analysis (1949); As a
Tale That Is Thold. The Autobiography of R.M. MacIver (1968). Per
un'ottima introduzione al suo pensiero si veda Leonardo Allodi, Quello che
non è di Cesare. Comunità, società e Stato in R.M.MacIver (Franco Angeli,
Milano 2000 - www.francoangeli.it).
Insomma, un sociologo-filosofo di altissimo livello. Di
particolare importanza è la sua visione triarticolare del sociale. Che MacIver
suddivide in tre ordini: "l'ordine culturale", che comprende
religione, filosofia, arte, tradizioni, costumi, e che rappresenta lo schema di
riferimento in cui trovano espressione i processi di socializzazione e di
riconoscimento individuale; "l'ordine sociale", che concerne le
relazioni umane organizzate, in gruppi e istituzioni; "l'ordine
tecnologico", che consiste in un insieme di tecniche o "strumenti per
vivere", nel senso dell'idea di civilizzazione spengleriana, applicabili
dall'uomo alle condizioni biofisiche.
Dalla triarticolazione fra questi ordine nasce e si
consolida la società. Sul cui destino però l'ultima parola spetta sempre all'uomo.
Scrive MacIver, rimasto per tutta vita un fiero di avversario di Hegel:
"Gli strumenti che la civiltà forgia possono essere simboleggiati da una
nave pronta a salpare verso i porti più diversi. Il lido verso cui veleggiare
rappresenta invece l'esito di una scelta culturale. Senza la nave non potremmo
partire. Le sue caratterstiche potrebbero rendere il viaggio più o meno lungo.
Potremmo adattarci o meno alla vita di bordo, lasciando che la nostra
esperienza muti in funzione di essa. Ma la direzione verso cui potremmo andare
non è predestinata dal ' design' della nave" (Society: An Introductory
Analysis, Reinehart & Co., New York 1949, p. 51). Insomma, siamo
sempre a noi, uomini, a decidere individualmente e non lo stato, l'economia, o
qualsiasi altra incarnazione di uno spirito assoluto. E questa è la fondamentale lezione di Robert Morrison MacIver.
Da non
dimenticare mai.
Carlo Gambescia
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