Letta e Giovannini
Populismo statistico
«Abbiamo visto lo
scandalo di chi andava all’università in Ferrari», fatti che
«feriscono i tanti che hanno bisogno» dei servizi del welfare. Così il
premier Enrico Letta, a proposito del nuovo Isee varato dal
Governo. E questo sarebbe il linguaggio di un nemico del populismo? Anche
Giovannini Ministro del Lavoro non scherza: «Riformare l’Isee è un atto a forte valenza etica, in
un momento in cui l’emergenza sociale impone di orientare le risorse
disponibili a favore di chi è in uno stato di reale necessità» (http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2013/03/19/Colle-sapiente-rinnovamento-Carta-_9452089.html ).
Roba
da pazzi. Inutile perciò entrare nel merito del provvedimento, perché intendiamo
evidenziare la logica aberrante che è alla base delle diverse forme
di "riccometri": termine di solito preferito dalla stampa
compiacente. Perché quello di redditometro (per non parlare della nomenclatura
tecnica come nel caso dell'Isee) è di minore impatto mediatico.
Il ragionamento di Letta e Giovannini è il seguente : lo stato deve aiutare i poveri, ma sulla condizione di povero decide lo stato… Ecco la “formula”, neppure tanto magica, del populismo statistico, dal momento che, in linea di principio, basta un solo euro di differenza, per passare dalla povertà alla agiatezza. Et voilà , il miracolo è compiuto, grazie a un qualche riccometro, Già il nome è tutto programma... Cosa dire? Che si favorisce, e stupidamente, la lotta di classe in una società dove le classi in senso ottocentesco non esistono più. Non solo: si penalizza il ceto medio ritenuto presuntivamente ricco ed evasore, colpendo intere categorie di soggetti sociali, che magari solo per una differenza statistica di pochi euro vi rientrano. E per contro si idealizza il "povero", ossia chi, sempre per pochi euro, ne resta fuori. E, cosa più grave, si dimentica che il ceto medio rappresenta il sale della moderna democrazia rappresentativa e di un'economia aperta.
Il ragionamento di Letta e Giovannini è il seguente : lo stato deve aiutare i poveri, ma sulla condizione di povero decide lo stato… Ecco la “formula”, neppure tanto magica, del populismo statistico, dal momento che, in linea di principio, basta un solo euro di differenza, per passare dalla povertà alla agiatezza. Et voilà , il miracolo è compiuto, grazie a un qualche riccometro, Già il nome è tutto programma... Cosa dire? Che si favorisce, e stupidamente, la lotta di classe in una società dove le classi in senso ottocentesco non esistono più. Non solo: si penalizza il ceto medio ritenuto presuntivamente ricco ed evasore, colpendo intere categorie di soggetti sociali, che magari solo per una differenza statistica di pochi euro vi rientrano. E per contro si idealizza il "povero", ossia chi, sempre per pochi euro, ne resta fuori. E, cosa più grave, si dimentica che il ceto medio rappresenta il sale della moderna democrazia rappresentativa e di un'economia aperta.
Parole
forti? Cerchiamo allora di ragionare: se i diritti sociali sono
universali, come si afferma impugnando la Costituzione alla stregua di un martello, allora
devono fruirne tutti i cittadini, a prescindere dal reddito. Se invece i
diritti universali non sono così universali, allora non può
goderne nessuno.
E
invece no: perché l’universalismo costa, mentre, per così dire, il
privatismo fa perdere voti, almeno in Italia... Cosicché ci si inventa il
"riccometro", misura da presentare in
chiave populista come etica. A che scopo? Decidere
per legge chi sia povero o meno sulla base di valori statistici,
tra l'altro manipolabili (il solo euro, cui abbiamo
accennato). Il che, come scientificamente dimostrato dalla scuola
italiana di scienza della finanze più di un secolo fa, accresce il
numero di leggi (per salvaguardare le eccezioni introdotte da altre leggi,
dilata la burocrazia addetta ai controlli, umilia e impoverisce
i cittadini costringendoli a ricorrere alla cosiddetta
evasione di sopravvivenza.
I
due fenomeni (burocratismo ed evasione) finiscono per rinforzarsi a
vicenda, cosicché le casse dello stato restano vuote come le tasche dei
cittadini perseguitati dal fisco. E i servizi - si pensi alla
sanità italiana - gestiti in chiave di pubblico-privato continuano ad
essere di pessima qualità e terreno di corruzione e scandali.
Ciò, ripetiamo, spiega perfettamente il ricorso di Letta e Giovannini al populismoper non perdere voti e tenere buoni - mentre li si spenna - i cittadini, di volta in volta statisticamente trasformati in soggetti agiati o poveri, secondo i voleri di un un governo, ma anche di uno stato, nelle mani di burocrati (non per nulla Giovannini proviene dall'Istat...), che continua, a settant'anni dalla caduta del fascismo, ad autodefinirsi "etico".
Ciò, ripetiamo, spiega perfettamente il ricorso di Letta e Giovannini al populismoper non perdere voti e tenere buoni - mentre li si spenna - i cittadini, di volta in volta statisticamente trasformati in soggetti agiati o poveri, secondo i voleri di un un governo, ma anche di uno stato, nelle mani di burocrati (non per nulla Giovannini proviene dall'Istat...), che continua, a settant'anni dalla caduta del fascismo, ad autodefinirsi "etico".
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento