martedì 17 dicembre 2013

I rottami della destra  
post-missina e  post-aennina




Se abbiamo capito bene  il simbolo di An  è finito nelle mani di Fratelli d’Italia.  Il contrassegno politico, come si legge,  potrà essere usato alle prossime elezioni europee. 
Parliamo di un micropartito  aggrappato al due-tre per cento, che difende  posizioni  redistributive   salvo che sui diritti civili e sull’immigrazione.  Intorno a Fratelli d’Italia (e al  business della Fondazione An) gravitano, spesso impattando, i rottami della destra post-missina e post-aennina: un numero imprecisato di partitini, spesso singolarmente guidati da  ex colonnelli (in senso politico) o da   ex  militanti (in genere vecchi quadri),  tutti, grosso modo, su posizioni  stataliste.   
Attualmente, il minimo comune denominatore politico è rappresentato dalla  critica verso l’ “Europa dei banchieri”, ovviamente modulata  in base alla distanza dal potere: passata, presente, reale e potenziale. Ad esempio, l’antieuropeismo di Fratelli d’’Italia è più soft di quello della Destra di Storace e lontano anni luce dalle posizioni movimentiste di CasaPound.
Per tutte queste forze sparse e litigiose,  le prossime europee rappresenteranno un importante  banco di prova. E cavalcando, come stanno facendo,  l’onda montante dell’antieuropeismo   il  rischio di vederle entrare  nel Parlamento di Strasburgo non è remoto.
Non va infatti dimenticato che questi partiti incarnano  una cultura politica statocentrica, redistributrice e soprattutto viziata da nodi  ideologici mai sciolti.  Basta fare un giro in  Rete o leggere certi articoli e libri,  per scoprire come venti anni di “immersione” nelle acque del  centro-destra, non abbiano favorito alcun mutamento culturale:  i  riferimenti  al romanticismo fascista continuano a farla da padrone.  Il che già  spiega a sufficienza (per non infierire...) la sostanziale avversione nei riguardi della democrazia parlamentare e dell’ economia di mercato.
Si tratta di una vecchia contraddizione post 1945, legata allo storico passaggio dalla dittatura alla libertà, mai accettato: nel mondo culturale  missino, post-missino e post-aennino la democrazia rappresentativa e l’economia aperta sono sempre state viste  come  puri  mezzi e  mai  condivise  quale orizzonte di  valori e finalità.
Naturalmente i suoi dirigenti,   lungo una scala che va dall’apprezzamento al  rifiuto formale del fascismo, continuano tuttora a giocare su  due piani,  tentando di galleggiare tra i rottami ideologici  della  subcultura di appartenenza e al tempo stesso di non perdere politicamente rappresentatività parlamentare.  
In questo modo, però, si  fabbricano  illusioni  e  le si  svende sul mercato dell'opportunismo politico. Scontentando tutti, sostenitori interni e avversari esterni.   Perché, facendo così,  non si resta totalmente fascisti, né si diviene sinceramente democratici.  Sicché, parliamo, alla fin fine, di forze politiche assolutamente  inutili.  In poche parole,  rottami  ammucchiati su altri rottami rugginosi...  Tuttavia - ecco il rischio -  anche i rottami "impilati", quando si  sfaldano, perché ossidati e  marci  possono  provocare gravissimi  danni...  E nel caso specifico, per uscire dal linguaggio figurato,  non parliamo di danni  alle cose,  ma alla stabilità del sistema democratico.                
Carlo Gambescia  - 

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