venerdì 13 dicembre 2013


Destra italiana? 
La zattera della Medusa



Probabilmente i lettori ricordano alcuni post dedicati all'analisi della  ricomposizione della destra italiana. Bene, si tratta  di un   processo ormai  superato, anzi  che  appartiene al passato remoto:  la destra, in qualche misura riunificata da Berlusconi nel 1994,  è  più divisa che mai.   La situazione  in cui ora si trova sembra   ricordare quella dei  tremebondi e disperati  naufraghi  raffigurati ne "La zattera della Medusa", il famoso quadro di Géricault…
Inutile ricostruire l'accidentato percorso attraverso il quale le varie componenti  hanno ripreso strade diverse, mandando a fondo,  per restare in metafora,  la “fregata Destra”.  Semplificando al massimo, diciamo che è mancata la volontà di perseguire  un  minimo comune denominatore ideologico, cosicché  hanno avuto la meglio personalismi e stupidi egoismi (a cominciare da Berlusconi per finire con Fini e Alfano). Di qui, il fallimento ideologico, politico,  programmatico, nonché  l'inevitabile  scomposizione,  per ora,  in tre tronconi (escludendo la Lega, forza localistica,   trasversale, priva di un Dna di destra, i centristi neo-democristiani di Casini  e i tecnocrati di Monti): Forza Italia, Nuovo Centrodestra e  nebulosa post-Alleanza nazionale.
Una tripartizione politica che  sul  piano dei riferimenti culturali  rinvia a  una frantumazione ideologica di lunga data e a dir poco stupefacente:   si va da De Gasperi  e  Luigi Einaudi  a Ezra Pound e  Drieu la Rochelle, passando per Enrico Mattei e Luigi Sturzo.  Tutto e il  suo contrario: liberalismo e statalismo cattolico, capitalismo sociale di mercato e  romanticismo fascista.  E abbiamo lasciato fuori  le componenti minori: tradizionalisti di varie scuole, anarco-libertari, socializzatori post-salotini, nazisti impenitenti, conservatori foglianti, nazionapopolari evanescenti e così via. Concludendo, in Italia, politicamente e culturalmente, non esiste ancora una forza di  destra, il cui minimo comune denominatore,  sintetizzando, sia  legge e ordine, libertà e mercato. E forse mai esisterà.  O comunque non  in  tempi storici ragionevoli.
Probabilmente, per tornare alla destra della  "Seconda Repubblica",  le forti diversità culturali, sommate ai personalismi e alla necessità di non scontentare  alleati umbratili  (la  Lega)  o  infidi (Casini e i nostalgici della Dc),  ne hanno determinato la linea politica claudicante, economicamente  incerta e confusa sul piano delle scelte  legislative. E così,  errore dopo errore, la sua classe dirigente, per  non affogare,  si è ritrovata aggrappata  a  una zattera di fortuna sospinta dai venti mediatici e giudiziari, dagli sbalzi d'umore di Berlusconi, dalle liti  interne alla  ciurma  e dalle parole d'ordine più trite. Basterà una nuova  legge maggioritaria?  Mah... Forse per vincere,  ma di  certo non per governare.   
Va detta un’ultima cosa. Come provano numerose ricerche,  l’ elettorato  di destra (quel 20/25 per cento che si dichiara apertamente tale) non è migliore dei suoi politici e intellettuali: naviga a vista, tende alla protesta e al non voto, diffida dello stato ma non ama il mercato. Insomma,  si  vuole essere  liberi e assistiti dallo stato al tempo stesso. La quadratura del cerchio. 
Dispiace dirlo, ma gli italiani  hanno  la destra che  meritano.    
             


 Carlo Gambescia  

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