La zattera della
Medusa
Probabilmente i lettori ricordano alcuni
post dedicati all'analisi della ricomposizione della destra italiana. Bene, si tratta di
un processo ormai superato, anzi che appartiene
al passato remoto: la destra, in qualche misura riunificata da Berlusconi
nel 1994, è più
divisa che mai. La situazione in cui ora si trova sembra
ricordare quella dei tremebondi e disperati naufraghi
raffigurati ne "La zattera della
Medusa", il famoso quadro di Géricault…
Inutile ricostruire
l'accidentato percorso attraverso il quale le varie componenti hanno
ripreso strade diverse, mandando a fondo, per restare in metafora,
la “fregata Destra”. Semplificando al massimo, diciamo che è
mancata la volontà di perseguire un minimo comune denominatore
ideologico, cosicché hanno avuto la meglio personalismi e stupidi egoismi
(a cominciare da Berlusconi per finire con Fini e Alfano). Di qui, il
fallimento ideologico, politico, programmatico, nonché
l'inevitabile scomposizione, per ora, in tre tronconi
(escludendo la Lega , forza
localistica, trasversale, priva di un Dna di destra, i centristi
neo-democristiani di Casini e i tecnocrati di Monti): Forza Italia, Nuovo
Centrodestra e nebulosa post-Alleanza nazionale.
Una tripartizione
politica che sul piano dei riferimenti culturali rinvia a
una frantumazione ideologica di lunga data e a dir poco stupefacente:
si va da De Gasperi e Luigi Einaudi a Ezra Pound e
Drieu la Rochelle , passando per
Enrico Mattei e Luigi Sturzo. Tutto e il suo contrario: liberalismo
e statalismo cattolico, capitalismo sociale di mercato e romanticismo
fascista. E abbiamo lasciato fuori le componenti minori:
tradizionalisti di varie scuole, anarco-libertari, socializzatori
post-salotini, nazisti impenitenti, conservatori foglianti, nazionapopolari
evanescenti e così via. Concludendo, in Italia, politicamente e culturalmente,
non esiste ancora una forza di destra, il cui minimo comune denominatore,
sintetizzando, sia legge e ordine, libertà e mercato. E
forse mai esisterà. O comunque non in tempi storici
ragionevoli.
Probabilmente, per
tornare alla destra della "Seconda Repubblica", le forti
diversità culturali, sommate ai personalismi e alla necessità di non
scontentare alleati umbratili (la Lega) o infidi
(Casini e i nostalgici della Dc), ne hanno
determinato la linea politica claudicante, economicamente incerta e
confusa sul piano delle scelte legislative. E così, errore dopo
errore, la sua classe dirigente, per non affogare, si è ritrovata aggrappata
a una zattera di fortuna sospinta dai venti mediatici e giudiziari,
dagli sbalzi d'umore di Berlusconi, dalle liti interne alla ciurma
e dalle parole d'ordine più trite. Basterà una nuova legge
maggioritaria? Mah... Forse per vincere, ma di certo non per
governare.
Va detta un’ultima
cosa. Come provano numerose ricerche, l’ elettorato di destra
(quel 20/25 per cento che si dichiara apertamente tale) non è migliore dei suoi
politici e intellettuali: naviga a vista, tende alla protesta e al non voto,
diffida dello stato ma non ama il mercato. Insomma, si vuole
essere liberi e assistiti dallo stato al tempo stesso. La quadratura del
cerchio.
Dispiace dirlo, ma gli italiani hanno la destra che meritano.
Dispiace dirlo, ma gli italiani hanno la destra che meritano.
Carlo Gambescia
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