Di troppa legalità
si muore
di Teodoro Klitsche de la Grange
La sentenza della
Corte Costituzionale sul Porcellum è stata accolta da un coro di
commenti: alcuni preoccupati, altri (molti) orientati all’immediato del tipo:
(quale legge elettorale ci
porterà Babbo Natale? e la Befana , oltre alle feste si
porterà via anche Letta?); tutti quelli che ho potuto leggere, tra tecnicismi
legalitari, hanno sostenuto che la legge elettorale era un insulto alla
democrazia ( o almeno lo erano le norme annullate).
A mio avviso i
problemi che pone – e conferma - tale sentenza sono diversi: e ne espongo due.
Il primo: è sicuro
che questa legalità costituzionale, della Costituzione del dopoguerra, riesce a
“funzionare” solo al prezzo d’essere violata, e proprio la Corte Costituzionale
ce l’ha confermato: non tanto con la sentenza, quanto col comunicato che
ne ha accompagnato il dispositivo.
Infatti ad applicare
i principi generali del diritto – nel caso, il principio c.d. della nullità
derivata – il Parlamento eletto col Porcellum annullato è un organo illegale: ma
parimenti illegali sono il Presidente della Repubblica, eletto (la
seconda volta) proprio da quelle camere, e il Governo Letta, che dalle stesse
ha ottenuto la fiducia. Ma la
Corte non ha tenuto conto delle conseguenze giuridiche, e lo
scritto nel comunicato che “ resta fermo che il Parlamento può sempre approvare
nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei
principi costituzionali”.
Quindi un Parlamento
eletto con norme incostituzionali (pertanto, ad applicare coerentemente certe teorie, incostituzionale)
sarebbe abilitato a dettare le norme per la propria elezione.
A logica andiamo
male: e a diritto non meglio, almeno interpretando il diritto come legge o
meglio secondo il normativismo imperante. Ma bisogna capire la Corte : fatto il “buso”, a
chi tocca cucire il “tacon”? Alla Merkel (ipotesi realistica) all’Unione
Europea (surreale), al Governo Letta (irreale)?
E’ chiaro che il
“tacon” è indispensabile, altrimenti lo Stato italiano cessa peroverdose di legalità costituzionale. E’ quindi
meglio un organo costituzionalmente illegale che niente, perché la necessità
impone di rifare la legge elettorale, Il che conferma quanto sosteneva – tra
gli altri – Santi Romano – che “La necessità è fonte autonoma del
diritto, superiore alla legge. Essa può implicare la materiale e assoluta
impossibilità di applicare, in certe condizioni, le leggi vigenti e, in questo
senso, può dirsi che necessitas
non habet legem. Può anche
implicare l’imprescindibile esigenza di agire secondo nuove norme da essa
determinate e, in questo senso, come dice un altro comune aforisma, la necessità
fa legge. In ogni caso, salus
rei publicae suprema lex”, e quindi la legalità cede alla necessità (anche
ad una necessità caratterizzata dall’essere contra-legem).
La seconda è che
bisogna fare un altro sforzo per capire perché la Corte ha identificato
nel Parlamento costituzionalmente illegale l’organo destinato a “riempire” il
buco legislativo. Non serve sostenere che è l’organo che ha comunque legalmente la funzione di legiferare anche sulle
norme dichiarate illegittime dalla Corte: in questo caso, diversamente da
tutti gli altri, è venuta meno proprio la legalità dell’organo.
Evidentemente per
capire ciò la legalità è inutile.
Meglio rifarsi alla legittimità, ed è evidente che, per quanto eletto in modo
illegale, il Parlamento attuale anche se fosse un “insulto alla democrazia”, è,
tra i tanti che il popolo italiano subisce frequentemente, uno dei più lievi.
Nella competizione tra i poteri forti, interni ed esterni, che cercano di
conculcare la volontà popolare senza assumersene la responsabilità e soprattutto
senza sottoporsi alla verifica del consenso elettorale, è più titolato un
organo eletto malamente, che – a parte ipotesi fantapolitiche – organi, anche
statali, non elettivi.
E’ un inchino che la
legalità fa alla legittimità (democratica). E che conferma come, in specie
nelle situazioni eccezionali, nel Gouverment
de fait di Hauriou, nell’Ausnahmezustand di Schmitt, è la legittimità a farsi
carico del sostegno a un potere che ricostruisca organi e condizioni
costituzionali di esistenza ed azione politica.. Cioè l’essenza della
costituzione, irriducibile a normativismi e legalità zoppe. Come diceva Odilon
Barrot, La legalité nous tue;
non resta che sperare nella volontà e nella necessità dell’esistenza politica.
Teodoro Klitsche de la Grange
Teodoro Klitsche
de la Grange è avvocato, giurista, direttore del
trimestrale di cultura politica“Behemoth" (http://www.behemoth.it/ ). Tra
i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di
Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia
della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va
lo Stato? (2009), Funzionarismo (Liberilibri, in stampa)
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