giovedì 5 dicembre 2013


Il libro della settimana: Olivier Dard, Charles Maurras. Le maître  et l’action, Armand Colin 2013, pp. 352, Euro 25,00. 

http://www.armand-colin.com/livre/332198/charles-maurras.php


Charles Maurras (1868-1952), padre del  "nazionalismo integrale" neomonarchico, in Italia è poco conosciuto e studiato. A destra,  anche quella estrema con ramificazioni tradizionaliste,  non  è  che  un  nome  e gli studi a lui dedicati si contano sulla punta delle dita.  Anche a  sinistra è un oggetto misterioso, sul quale si usa  storcere  il naso,  ricordandone la  parabola, in picchiata politica, dalla battaglia perduta contro i dreyfusardi alla scelta pétainista pagata con l’epurazione e la prigione.  Quindi la bibliografia italiana  è  scarna. Tra i pochi lavori degni di nota va citato il  saggio del politologo Domenico Fisichella, La democrazia contro la realtà. Il pensiero politico di Charles Maurras ( 2006).
Invece in Francia, sua amatissima  patria,  la letteratura  critica  su Maurras  è  ampia, seppure in misura non esagerata. Anche in Francia, oltre alla memoria corta di certa destra litigiosa e divisa,  sembra essere  ben viva la scomunica politica, pendente su Maurras, degli antifascisti  di sinistra in "servizio permanente effettivo" alla stregua dei militari di carriera... Vanno comunque ricordati, da ultime,  le impegnative  biografie di Bruno Goyet, Charles  Maurras ( 2000) e di Stéphane Giocanti, Maurras. Le chaos ou l’ordre   (2006).  
Non è di queste due opere  che desideriamo occuparci, ma di quella che promette di essere la biografia critica più significativa  finora  scritta su Maurras. Il suo autore, Olivier Dard (nella foto), insegna storia contemporanea alla Sorbona.  Ha pubblicato libri  sulla sinarchia e il mito cospirativo, sull'Organisation de l'Armée Secrète (OAS), su  Bertrand de Jouvenel, sugli  intellettuali degli anni  Trenta, su Jean Coutrot, profetico tecnocrate.  Testi  che purtroppo ancora attendono  la   traduzione italiana.
Il titolo della sua ultima fatica  è  sintetico  e  tagliente  come i   contenuti:  Charles Maurras. Le maître  et l’action  (Armand Colin).  Undici asciutti capitoli, scritti in un francese nitido e sferzante, cui si aggiunge  un apparato critico di tutto rispetto (note, cronologia, fonti,  bibliografia):  85 pagine su 352 di testo. Un modello di lavoro accademico  che,  a differenza di  altri, non annoia mai.
Dicevamo del titolo azzeccato.  Si può tranquillamente  asserire che  l' interpretazione della figura di Maurras  ruota intorno, come si legge in copertina, al nodo teoria/azione politica: da un lato, il “Maestro”, Maurras,  scrittore brillantissimo, Accademico di Francia, teorico  capace di esercitare un'azione  formativa,   per più di mezzo secolo, su alcune generazioni di   giovani intellettuali,  captandole in nome della "politique d'abord"  nei  quadri dell’ Action Française; dall’altro,  tutti i  limiti  di un’azione politica  effettiva costretta a fare i conti proprio  con il dottrinarismo del “Maestro”, animale di  biblioteca  più che di piazza.
E proprio per tale motivo,  come ben mostra Dard,  le  creature di Maurras,  "l’Action Française" e l'omonimo e  battagliero quotidiano, entrano in crisi nella seconda metà degli anni Venti.  Ingobbendosi,  sotto i violenti colpi  propagandistici  delle varie  leghe  nate sull'onda dei successi del fascismo italiano:  povere sul piano della dottrina, ma ricche su quello dell’azione. La separazione tra  Maurras e Georges Valois, fondatore del pur caduco Faisceau,  esemplifica alla radice la distanza, sotto il profilo dell’ azione politica,  tra il fascismo movimentista, tutto sommato di ascendenza repubblicana, e il nazionalismo integrale di matrice monarchica, per dirla con Renzo De Felice, già  più istituzione che movimento. 
Ma torniamo sulla “politique d’abord”.  In che senso " la politica anzitutto"?  Maurras  non smetterà mai di insistere sulla necessità di attenersi a ciò che l’uomo fa e non a quello che dice di voler fare. Solo così il  mistero politico può essere  disvelato: guardando ai fatti.  Il che spiega  l’  accento  sull’ “empirismo organizzatore”, altro cavallo di battaglia  maurrasiano:  la capacità di sapere per prevedere (classica aspirazione di derivazione comtiana...) e quindi organizzare le attività degli uomini, puntando sulle costanti del comportamento umano, storicamente confermate.  E qui, ovviamente, affiora l’influsso del positivismo su Maurras, cultore dell' Intelligenza  (altro  topos maurrassiano) applicata scientificamente allo studio della realtà:  la  monarchia per  la  cui restaurazione egli si batteva, doveva vincere non perché di ispirazione divina,  ma perché più in sintonia della sentimentale e astratta democrazia con l'effettiva e concreta organizzazione sociale delle azioni umane, come evidenziato - ecco il punto cardine del ragionamento maurrassiano -  dallo studio scientifico della storia e della politica.  Un  duro realismo politico  positivista  che nel 1926  costò  a Maurras  e all’ Action Française la messa all’Indice. Nonostante ciò egli  non smise mai di rivolgersi con rispetto   - oggi si direbbe da  ateo devoto  -   alla Chiesa Cattolica,  vista come formidabile  strumento di controllo sociale.  Tanto che  nel 1939 lo riaccolse in seno.  Da questo punto di vista  l'evocata "politica anzitutto"  per un verso rimarrà un richiamo all’ importanza della politica come decisivo  movente  umano, per l'altro si trasformerà  nella   lugubre eco  del fallimento politico dell'Action Française che inevitabilmente, dall'alto dei suo dottrinarismo,  finiva  per dire  troppo o troppo poco, generando così contrasti e ricomposizioni,  facili adesioni ma anche abbandoni  e così via.     
Tornando sulla vexata quaestio del cattolicesimo di Maurras  risulta molto interessante l’uso di  Dard dell’epistolario,  durato più di un cinquantennio,  tra il padre dell' Action Française  e  l’ Abbé  Pénon,  già suo  insegnante e  in  qualche misura  confidente spirituale: è un’ottima  cartina  tornasole della religiosità maurrassiana  più sentita in  privato che  manifestata in  pubblico. Grazie al carteggio,  affiora   un altro nodo: quello  fra   il dottrinario politico e il cattolico, innamorato però  del mondo greco-romano, fino  al punto di cadere in deliquio, da giovane, dinanzi alle rovine della grecità pagana. Un nodo, mai sciolto fino in fondo. O forse solo  nel momento in cui a Maurras verrà impartita l'Estrema Unzione, anno di grazia 1952. Naturalmente, abbiamo evidenziato solo alcuni punti  di una biografia che quasi  a ogni pagina offre elementi di riflessione anche curiosi. Dard, domina veramente la materia.  
In particolare  nell’ 11 capitolo (“Survivre après sa morte”), in cui si indaga la fortuna, anche all’estero,  di Maurras,  si scopre  che nel 1970  uscì  in Francia, a cura  di un giovane monarchico Patrice Sicard,     addirittura un Mao ou Maurras:  libro intervista  a un maoista dell’epoca, Philippe Hamel,  dove si cerca di recuperare, ripescando il  Maurras di prima del 1914, il dialogo con il sindacalismo rivoluzionario teorizzato da Sorel,  riveduto e aggiornato alla luce delle democrazia di base teorizzata da Mao. Chissà di lassù, cosa avrà pensato l'antiegualitario Maurras...
Il che ci porta a un' ultima questione: quella  dell’inseparabilità, giustamente sostenuta da Dard,  di Maurras dal  maurrassismo e quindi anche dai maurrassiani.  Lo storico parla di “  aventure collective”. Siamo d’accordo. Diciamo però che fino alla morte, pur fra i contrasti,   è il "Maestro"  a  prevalere  sugli allievi e sull’unità dottrinaria. Mentre, dopo la sua scomparsa, sono gli allievi che si prendono la rivincita, dividendosi, sulla base come accennavamo del  troppo e del troppo poco... Si tratta  del  male  insito in  ogni dottrinarismo: un pensiero chiuso ma non (con)-chiuso,  nel significato di "chiuso insieme",   e per giunta  senza un "Maestro"  non può non generare sempre  nuovi interpreti, sette e scismi, anche bizzarri come a proposito del citato  maoismo in salsa  monarchica.  Anche le divisioni sono fenomeni collettivi, che tuttavia, sociologicamente,  si manifestano con maggiore virulenza nella  fase  disgregativa di un sistema dottrinario chiuso ma non (con-)chiuso.  Sappiamo benissimo che dal punto di vista storico il parallelo è assai ardito,  ma la diaspora dei maurrassiani ricorda quel che avvenne nel marxismo, altra dottrina non (con-)chiusa e vissuta forse più come "progetto"  che come “avventura collettiva”,  la cui disgregazione però, secondo l' esegesi marxista, incomincia proprio con la scomparsa di Marx, anch’egli in qualche  misura “Maestro” e  teorico dell’organizzazione sociale. Del resto nell'autorevolissima sintesi di Jean-Jacques Chevalier Le grandi opere del pensiero politico, si riserva un capitolo sia al Manifesto del Partito Comunista che all'Inchiesta sulla Monarchia, il  capolavoro politico di Charles Maurras.  Ergo...                         

Carlo Gambescia  - 

Nessun commento:

Posta un commento