Il libro della settimana: Olivier Dard, Charles Maurras. Le maître et
l’action, Armand Colin 2013,
pp. 352, Euro 25,00.
http://www.armand-colin.com/livre/332198/charles-maurras.php |
Charles Maurras
(1868-1952), padre del "nazionalismo integrale" neomonarchico,
in Italia è poco conosciuto e studiato. A destra, anche quella estrema
con ramificazioni tradizionaliste, non è che un
nome e gli studi a lui dedicati si contano sulla punta delle dita.
Anche a sinistra è un oggetto misterioso, sul quale si usa
storcere il naso, ricordandone la parabola, in
picchiata politica, dalla battaglia perduta contro i dreyfusardi alla scelta
pétainista pagata con l’epurazione e la prigione. Quindi la bibliografia
italiana è scarna. Tra i pochi lavori degni di nota va citato il
saggio del politologo Domenico Fisichella, La democrazia contro la realtà. Il
pensiero politico di Charles Maurras (
2006).
Invece in Francia, sua amatissima patria, la letteratura critica su Maurras è ampia, seppure in misura non esagerata. Anche in Francia, oltre alla memoria corta di certa destra litigiosa e divisa, sembra essere ben viva la scomunica politica, pendente su Maurras, degli antifascisti di sinistra in "servizio permanente effettivo" alla stregua dei militari di carriera... Vanno comunque ricordati, da ultime, le impegnative biografie di Bruno Goyet, Charles Maurras ( 2000) e di Stéphane Giocanti, Maurras. Le chaos ou l’ordre (2006).
Invece in Francia, sua amatissima patria, la letteratura critica su Maurras è ampia, seppure in misura non esagerata. Anche in Francia, oltre alla memoria corta di certa destra litigiosa e divisa, sembra essere ben viva la scomunica politica, pendente su Maurras, degli antifascisti di sinistra in "servizio permanente effettivo" alla stregua dei militari di carriera... Vanno comunque ricordati, da ultime, le impegnative biografie di Bruno Goyet, Charles Maurras ( 2000) e di Stéphane Giocanti, Maurras. Le chaos ou l’ordre (2006).
Non è di queste due
opere che desideriamo occuparci, ma di quella che promette di essere la
biografia critica più significativa finora scritta su Maurras. Il
suo autore, Olivier Dard (nella foto), insegna storia contemporanea alla
Sorbona. Ha pubblicato libri sulla sinarchia e il mito cospirativo,
sull'Organisation de l'Armée Secrète (OAS), su Bertrand de Jouvenel,
sugli intellettuali degli anni Trenta, su Jean Coutrot, profetico
tecnocrate. Testi che purtroppo ancora attendono la
traduzione italiana.
Il titolo della sua
ultima fatica è sintetico e tagliente come i
contenuti: Charles Maurras. Le maître et l’action
(Armand Colin). Undici asciutti capitoli, scritti in un francese nitido e
sferzante, cui si aggiunge un apparato critico di tutto rispetto (note,
cronologia, fonti, bibliografia): 85 pagine su 352 di testo. Un
modello di lavoro accademico che, a differenza di altri, non
annoia mai.
Dicevamo del titolo
azzeccato. Si può tranquillamente asserire che l'
interpretazione della figura di Maurras ruota intorno, come si legge in
copertina, al nodo teoria/azione politica: da un lato, il “Maestro”,
Maurras, scrittore brillantissimo, Accademico di Francia, teorico
capace di esercitare un'azione
formativa, per più di mezzo secolo, su alcune generazioni
di giovani intellettuali, captandole in nome della
"politique d'abord" nei quadri dell’ Action Française;
dall’altro, tutti i limiti di un’azione politica effettiva costretta a fare i conti proprio
con il dottrinarismo del “Maestro”, animale di biblioteca più
che di piazza.
E proprio per tale
motivo, come ben mostra Dard, le creature di Maurras,
"l’Action Française" e l'omonimo e battagliero
quotidiano, entrano in crisi nella seconda metà degli anni Venti.
Ingobbendosi, sotto i violenti colpi propagandistici
delle varie leghe nate sull'onda dei successi del fascismo
italiano: povere sul piano della dottrina, ma ricche su quello
dell’azione. La separazione tra Maurras e Georges Valois, fondatore del
pur caduco Faisceau, esemplifica alla radice la distanza, sotto il
profilo dell’ azione politica, tra il fascismo movimentista, tutto
sommato di ascendenza repubblicana, e il nazionalismo integrale di matrice
monarchica, per dirla con Renzo De Felice, già più istituzione che
movimento.
Ma torniamo
sulla “politique d’abord”. In che senso " la politica
anzitutto"? Maurras non smetterà mai di insistere sulla
necessità di attenersi a ciò che l’uomo fa e non a quello che dice di voler
fare. Solo così il mistero politico può essere disvelato: guardando
ai fatti. Il che spiega l’ accento sull’ “empirismo
organizzatore”, altro cavallo di battaglia maurrasiano: la capacità
di sapere per prevedere (classica aspirazione di derivazione comtiana...) e
quindi organizzare le attività degli uomini, puntando sulle costanti del
comportamento umano, storicamente confermate. E qui, ovviamente, affiora
l’influsso del positivismo su Maurras, cultore dell' Intelligenza (altro
topos maurrassiano)
applicata scientificamente allo studio della realtà: la monarchia
per la cui restaurazione egli si batteva, doveva vincere non perché
di ispirazione divina, ma perché più in sintonia della sentimentale e
astratta democrazia con l'effettiva e concreta organizzazione sociale delle
azioni umane, come evidenziato - ecco il punto cardine del ragionamento
maurrassiano - dallo studio scientifico della storia e della politica.
Un duro realismo politico positivista che nel
1926 costò a Maurras e all’ Action Française la messa
all’Indice. Nonostante ciò egli non smise mai di rivolgersi con
rispetto - oggi si direbbe da ateo devoto -
alla Chiesa Cattolica, vista come formidabile strumento di
controllo sociale. Tanto che nel 1939 lo riaccolse in seno.
Da questo punto di vista l'evocata "politica anzitutto"
per un verso rimarrà un richiamo all’ importanza della politica come
decisivo movente umano, per l'altro si trasformerà nella
lugubre eco del fallimento politico dell'Action Française che
inevitabilmente, dall'alto dei suo dottrinarismo, finiva per dire
troppo o troppo poco, generando così contrasti e ricomposizioni,
facili adesioni ma anche abbandoni e così via.
Tornando sulla vexata quaestio del cattolicesimo di Maurras
risulta molto interessante l’uso di Dard dell’epistolario,
durato più di un cinquantennio, tra il padre dell' Action Française
e l’ Abbé Pénon, già suo insegnante e
in qualche misura confidente spirituale: è un’ottima
cartina tornasole della religiosità maurrassiana più sentita
in privato che manifestata in pubblico. Grazie al
carteggio, affiora un altro nodo: quello fra
il dottrinario politico e il cattolico, innamorato però del
mondo greco-romano, fino al punto di cadere in deliquio, da giovane,
dinanzi alle rovine della grecità pagana. Un nodo, mai sciolto fino in fondo. O
forse solo nel momento in cui a Maurras verrà impartita l'Estrema
Unzione, anno di grazia 1952. Naturalmente, abbiamo evidenziato solo alcuni
punti di una biografia che quasi a ogni pagina offre elementi di
riflessione anche curiosi. Dard, domina veramente la materia.
In particolare
nell’ 11 capitolo (“Survivre après sa morte”), in cui si indaga la fortuna,
anche all’estero, di Maurras, si scopre che nel 1970
uscì in Francia, a cura di un giovane monarchico Patrice
Sicard, addirittura un Mao ou Maurras: libro
intervista a un maoista dell’epoca, Philippe Hamel, dove si cerca
di recuperare, ripescando il Maurras di prima del 1914, il dialogo con il
sindacalismo rivoluzionario teorizzato da Sorel, riveduto e aggiornato
alla luce delle democrazia di base teorizzata da Mao. Chissà di lassù, cosa
avrà pensato l'antiegualitario Maurras...
Il che ci porta a
un' ultima questione: quella dell’inseparabilità, giustamente sostenuta
da Dard, di Maurras dal maurrassismo e quindi anche dai
maurrassiani. Lo storico parla di “ aventure collective”. Siamo
d’accordo. Diciamo però che fino alla morte, pur fra i contrasti, è il
"Maestro" a prevalere sugli allievi e sull’unità
dottrinaria. Mentre, dopo la sua scomparsa, sono gli allievi che si prendono la
rivincita, dividendosi, sulla base come accennavamo del troppo e del
troppo poco... Si tratta del male insito in ogni
dottrinarismo: un pensiero chiuso ma non (con)-chiuso, nel significato di
"chiuso insieme", e per giunta senza un
"Maestro" non può non generare sempre nuovi interpreti,
sette e scismi, anche bizzarri come a proposito del citato maoismo in
salsa monarchica. Anche le divisioni sono fenomeni collettivi, che
tuttavia, sociologicamente, si manifestano con maggiore virulenza nella
fase disgregativa di un sistema dottrinario chiuso ma non
(con-)chiuso. Sappiamo benissimo che dal punto di vista storico il
parallelo è assai ardito, ma la diaspora dei maurrassiani ricorda quel
che avvenne nel marxismo, altra dottrina non (con-)chiusa e vissuta forse più
come "progetto" che come “avventura collettiva”, la cui
disgregazione però, secondo l' esegesi marxista, incomincia proprio con la
scomparsa di Marx, anch’egli in qualche misura “Maestro” e teorico
dell’organizzazione sociale. Del resto nell'autorevolissima sintesi di
Jean-Jacques Chevalier Le grandi opere del pensiero politico, si
riserva un capitolo sia al Manifesto
del Partito Comunista che all'Inchiesta sulla Monarchia, il
capolavoro politico di Charles Maurras. Ergo...
Carlo Gambescia -
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