tra positivismo
fiscale e democrazia socialista
Il Direttore delle Entrate, ha
dichiarato che
c'è bisogno di dire una parola forte e
certa, di affermare che l'elusione e l'evasione fiscale non sono compatibili
con la nostra economia e con nessun sistema veramente democratico.
Non contento ha aggiunto che in questo
periodo, :
l'effetto redistributivo derivante
dall'azione dello Stato è sempre più importante.
E che, di conseguenza, la diseguaglianza
reddituale,
vera patologia della nostra epoca, minaccia
il funzionamento della democrazia e il senso della coesione sociale
(.http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2013/12/10/Saccomanni-fisco-ostacoli-crescita_9754593.html)
(.http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2013/12/10/Saccomanni-fisco-ostacoli-crescita_9754593.html)
Ora, senza entrare troppo nel
merito, per quel che riguarda l’ Italia e i fenomeni
"epocali", all’inizio del Novecento i redditi erano
molti più “diseguali”. Da allora, sono stati fatti passi giganteschi.
Perché non guardare indietro verso il lungo cammino fatto? Invece
di fomentare, malgrado si asserisca di perseguire il contrario,
malcontento e odio sociale ?
Quanto al fatto che
in cima alla scala siano sempre in pochi è
una pura e semplice costante sociale. Non è questione di regime
politico. Si tratta di un problema - se proprio così lo si vuole chiamare
- legato alle "diseguaglianze" nell’intelligenza, nella volontà
e nella capacità degli uomini. Questioni “basiche” che dipendono
dalla natura umana. Irrisolvibili. A meno che non si sia, per
farla breve, socialisti e ottimisti (in genere le due cose
vanno insieme).
E, infatti, il
punto è proprio questo: la visione veicolata da Attilio Befera - quella,
per capirsi, dello “stato redistributore” come strumento di “democrazia”
- è una visione socialista. Probabilmente, il Direttore delle
Entrate, va scusato, perché, come il famoso Jourdain di
Molière, parla in prosa senza saperlo... Insomma, per quanto
tecnicamente preparatissimo, rimane uomo di burocrazia: non è un
politico e neppure un teorico della socialdemocrazia.
Il suo è puro e semplice positivismo fiscale: applica le leggi vigenti
e, se intervistato, improvvisa sulle basi della dominante
prosa socialista. Tuttavia, a proposito del ruolo dei
"tecnici" qualcuno nel Novecento parlò di banalità del
male. Ora, senza voler proporre raffronti poco appropriati, in
effetti, per il burocrate, come si dice , "nell'esercizio delle sue
funzioni", il rischio di banalizzare il male sussiste sempre, anche a
prescindere dal contesto storico: si pensi ai non pochi
suicidi di imprenditori italiani oppressi da tasse, acconti, superacconti,
multe, sanzioni varie; tutte misure fiscali imposte per legge
e reclamate da solerti burocrati in nome del dura
lex sed lex.
In realtà, rappresenta solo una parte della storia (e della verità) asserire che lo stato, anteponendosi al cittadino, debba per forza trasformarsi in costosa macchina burocratica, con tanto di occhiuta polizia fiscale, per redistribuire ricchezza, fornire servizi sociali e punire gli evasori. Ad esempio, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna non la si pensa così. Semplificando: l’individuo, con le sue proprietà intoccabili (in quanto diritto naturale) viene prima dello stato. Di qui, la grande importanza assegnata in quei paesi al libero mercato meccanismo allocativo e alle forme di previdenza sociale, squisitamente private. Nonché, in assenza dello stato redistributore, un basso livello di imposizione fiscale e una altrettanto bassa elusione-evasione fiscale. Il che significa burocrazia e persecuzione fiscale, ridotte all'osso. Ora, questa seconda visione sta alla democrazia liberale come la prima sta alla democrazia socialista. Perciò la socialista non è l’unica forma di democrazia esistente…E di riflesso, l'evasione stigmatizzata da Befera riguarda il grado di fedeltà del cittadino alla democrazia socialista e al progetto redistributivo che essa incarna e persegue. Certo, a livello teorico, si può discutere se l'approccio veicolato di rimbalzo dal Direttore dell'Entrate sia compatibile o meno con la democrazia tout court (ma esiste la democrazia tout court?). Di sicuro non lo è con la democrazia liberale.
In realtà, rappresenta solo una parte della storia (e della verità) asserire che lo stato, anteponendosi al cittadino, debba per forza trasformarsi in costosa macchina burocratica, con tanto di occhiuta polizia fiscale, per redistribuire ricchezza, fornire servizi sociali e punire gli evasori. Ad esempio, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna non la si pensa così. Semplificando: l’individuo, con le sue proprietà intoccabili (in quanto diritto naturale) viene prima dello stato. Di qui, la grande importanza assegnata in quei paesi al libero mercato meccanismo allocativo e alle forme di previdenza sociale, squisitamente private. Nonché, in assenza dello stato redistributore, un basso livello di imposizione fiscale e una altrettanto bassa elusione-evasione fiscale. Il che significa burocrazia e persecuzione fiscale, ridotte all'osso. Ora, questa seconda visione sta alla democrazia liberale come la prima sta alla democrazia socialista. Perciò la socialista non è l’unica forma di democrazia esistente…E di riflesso, l'evasione stigmatizzata da Befera riguarda il grado di fedeltà del cittadino alla democrazia socialista e al progetto redistributivo che essa incarna e persegue. Certo, a livello teorico, si può discutere se l'approccio veicolato di rimbalzo dal Direttore dell'Entrate sia compatibile o meno con la democrazia tout court (ma esiste la democrazia tout court?). Di sicuro non lo è con la democrazia liberale.
Però, come detto,
non desideriamo entrare nel merito dei pregi e difetti dei due
sistemi sociali e di pensiero. Vorremmo solo che a livello
politico, non burocratico, si dicesse agli italiani -
lasciandoli poi liberi di decidere con il voto -
la verità: che vivono in una democrazia socialista.
Tutto qui.
Carlo Gambescia
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