Il libro della settimana: Raymond
Aron, realista politico. Del Maquiavelismo a la crítica de la las religiones
seculares, Sequitur 2013, pp. 88, Euro, 12,00.
Jerónimo
Molina rischia di viziare i suoi abituali lettori: due
libri a breve distanza l’uno dall’ altro ed entrambi di notevole qualità.
Del primo, Nada en las
manos, (Los Papeles del Sitio) abbiamo già riferito(http://carlogambesciametapolitics.blogspot.it/2013/10/il-libro-delle-settimana-molina-nada.html),
del secondo, Raymond Aron, realista politico. Del Maquiavelismo a la
crítica de las religiones seculares (Sequitur) ci occuperemo
oggi.
Non è facile dire
qualcosa di nuovo su Raymond Aron (1905-1983), scienziato sociale in grado di
ben figurare accanto a nomi storici della cultura politica e
sociologica francese come Montesquieu, Comte, Tocqueville,
Durkheim. Di conseguenza, la bibliografia su di lui, seppure
diseguale, è sterminata. Tuttavia Molina, professore associato di Politica
sociale presso l’Università di Murcia, in cinque snelli capitoli consegue
due fondamentali obiettivi: il primo, di offrire una vivace panoramica del pensiero
aroniano; il secondo, di individuare nel realismo politico il punto di
raccordo dei diversi filoni della sua vasta e ricca opera: dalla
filosofia della storia alla sociologia della modernità e degli
intellettuali, dalla sistematica dei regimi politici alla geopolitica della
guerra. Un sano realismo, quello di Aron, lontano dal cinismo come
dall'idealismo, attento sia agli insegnamenti della scienza, sia
alla lezione della storia, senza però mai cadere nelle trappole dello scientismo
e dello storicismo assoluto. La cifra di Aron è rappresentata
dall'originalità stessa della sua opera, finora, tutto sommato, difficile
da classificare secondo i rigidi canoni dell'Accademia. Da ciò
consegue l'importanza della chiave di lettura fornita da Molina.
Forse può tornare
utile come traccia citare ( e seguire) per esteso l’Indice del
libro: 1.Primado de lo Politico; 2.Ideología; 3.Maquiavelismo;
4.Realismo politico; 5.Religiones secolares.
In Aron, il Primato del politico,
rinvia alle costanti del politico: ciò che storicamente si ripete nel
comportamento politico degli uomini; l’Ideologia, invece rimanda al
momento della legittimazione, o se si preferisce della giustificazione
dell’azione politica, altro fenomeno che si ripete regolarmente nella storia; il Machiavellismo,oltre
che al Machiavelli teorico, rinvia al momento dell’autonomia del politico da
qualsiasi schiavitù ideologica.
Questi tre
fattori - come spiega Molina - vanno a fortificare l’ossatura del Realismo politico aroniano,
ossia di un approccio alla politica come si manifesta (la verità
effettuale) e non come deve o dovrebbe manifestarsi (la verità ideale).
In quest’ultimo caso, quando si cede all' idealismo, si rischia
sempre di precipitare nei vorticosi abissi dell' utopia, come prova la
parabola delle Religioni secolari, incarnatesi nei
totalitarismi novecenteschi, fenomeni politici fondati sul transfert (politico e
collettivo) della salvezza dall'al di là nell'al di qua.
Di qui, due
problemi molto sentiti da Aron: da un lato, quello della necessaria
indipendenza di ogni studioso dalla politica, dall'altro, quello non sempre
eludibile del rapporto con il potere. Problemi che si intersecano, perché
il condizionamento della riflessione politica resta al tempo stesso
fattore analitico e fattore condizionante: nodo
solubile, forse solo storicamente, dal momento che ogni verità è
figlia del suo tempo...
Si dirà, ben magra
consolazione. Tuttavia, fra l'accettazione e il rifiuto di quella
che Ortega chiama la "circostanza", resta aperta la strada
dello studio e dell'analisi storica e sociologica del tempo in cui si
vive, accettando di passare tra due file di spade sguainate, taglienti
e talvolta con la punta intinta nel veleno. E di ciò, come
mostra Molina, Aron era perfettamente consapevole. Di qui, la
tristezza che sembra avvolgere ogni pensatore politico realista da
Kautilya in poi. E che, come rilevato, è possibile ritrovare
nell’opera di Raymond Aron. Una condizione, anche esistenziale, che
Jerónimo Molina tratteggia con eleganza, finezza psicologia
e vasta conoscenza della materia.
Nonostante, la
piccola mole, nel libro sono affrontati numerosi aspetti del
pensiero aroniano. Ne ricordiamo solo due: il suo liberalismo politico (non
economicista); l’apprezzamento della storia come laboratorio
politico ex post e,
quindi, non quale teatro di utopici esperimenti politici ex ante. Notevoli,
infine, le pagine dedicate al confronto fra Maritain e Aron
sul ruolo del momento machiavellico in politica: contrastato dal primo
per regioni religiose e dottrinarie, accettato dal secondo in nome
dell'avalutatività scientifica, del sapere storico e, ovviamente, del realismo
politico: senza però mai esagerare.
In questo senso andrebbe approfondita la pietas politica aroniana - probabilmente di matrice pre-cristiana - per la natura umana come realmente è e non come viene artificiosamente concepita da riformatori e utopisti post-cristiani. E per due ragioni: la prima, per stratificare meglio la fisionomia intellettuale di Aron; la seconda, per allargare lo spettro cognitivo del realismo, di cui la pietas , come antica accettazione del ciclo politico, sembra essere un elemento concettuale e umano non secondario.
Concludendo, siamo dinanzi a un altro eccellente volume. Che rappresenta un nuovo tassello verso la costruzione di quel libro sul realismo politico che il professor Molina non potrà non scrivere. Non può sottrarsi. Anzi, non deve. E crediamo di parlare anche a nome dei lettori.
In questo senso andrebbe approfondita la pietas politica aroniana - probabilmente di matrice pre-cristiana - per la natura umana come realmente è e non come viene artificiosamente concepita da riformatori e utopisti post-cristiani. E per due ragioni: la prima, per stratificare meglio la fisionomia intellettuale di Aron; la seconda, per allargare lo spettro cognitivo del realismo, di cui la pietas , come antica accettazione del ciclo politico, sembra essere un elemento concettuale e umano non secondario.
Concludendo, siamo dinanzi a un altro eccellente volume. Che rappresenta un nuovo tassello verso la costruzione di quel libro sul realismo politico che il professor Molina non potrà non scrivere. Non può sottrarsi. Anzi, non deve. E crediamo di parlare anche a nome dei lettori.
Carlo Gambescia
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