Uscire dall’euro?
Una follia
Fortunatamente, a parte qualche solitario anarco-capitalista
e i soliti gruppetti radicali di destra e sinistra, in Italia sono ancora
pochi i fautori dell’uscita dall’euro.
Non siamo economisti, ma non ci vuole molto a capire che,
una volta fuori dalla moneta unica, il cambio schizzerebbe a due euro.
Tradotto: un euro = quattromila lire… E per una semplice ragione: il
rating-contesto, diciamo così, resterebbe invariato.
Il risultato potrebbe essere o una deflazione durissima,
provocata da politiche di bilancio ancora più rigide per determinare la
progressiva rivalutazione della lira nei riguardi dell’euro. Oppure
un’inflazione weimariana, alimentata da una sconsiderata emissione di
cartamoneta nel tentativo di annullare, si fa per dire, i distruttivi
effetti interni della svalutazione esterna della lira. In entrambi i casi
con conseguenze inenarrabili per tutte le principali variabili
economiche. Certo, con una valuta debole, l’Italia potrebbe esportare
di più (ma come metterla, ad esempio, con l'alto costo del
lavoro italiano, così poco competitivo?). Oppure guardarsi
intorno per puntare sull’ancoraggio ad altre monete, ma alla
fin fine - considerate le ridotte dimensioni e le rigidità della nostra
economia - sempre nelle vesti di parente povero. E i mercati, si sa, non hanno
alcuna pietà per le economie deboli o poco affidabili. Altro che vittoria
della sovranità nazionale... Inoltre, a quest'ultimo proposito,
siamo sicuri che un leader americano, russo, cinese, ci
tratterebbe meglio della Merkel?
L’altra possibilità sarebbe l’autarchia. Ma, ammesso che si
riesca a imporla, per andare dove? Per impoverirci ancora di
più e alimentare le rendite di burocrazie parassitarie e monopoli,
tipici sottoprodotti di qualsiasi forma di
protezionismo economico? E, ripetiamo, per andare dove? Soprattutto in un
mondo diviso in giganteschi blocchi geopolitici…
Perciò è preferibile tenersi l'euro. Uscirne sarebbe
una follia.
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