Abbiamo ricevuto il post di Carlo Pompei prima che i Grillini conquistassero Parma. Pompei, seguendo il suo "metodo", pone alcuni problemi generali di politica applicata: "seziona", da più punti di vista, questioni concrete fornendo prospettive originali, come ad esempio sull’editoria finanziata con denari pubblici, avversata da Grillo. Ovviamente, Federico Pizzarotti (nella foto con Grillo), nuovo sindaco di Parma targato Movimento Cinque Stelle, dovrà occuparsi di questioni locali. Sarà però interessante scoprire come se la caverà . Sarà capace di andare oltre gli slogan “antipartitici”, come li definisce Pompei? Difficile dire. Buona lettura. (C.G.)
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Prove tecniche di grillismo
di Carlo Pompei
La volata involontaria tirata a Grillo e al suo “Cinque
stelle” dai partiti oramai “stagionati” ci fa riflettere su che cosa possa
significare oggi politica e antipolitica. Innanzitutto bisognerebbe parlare di
insorgenza (quasi insurrezione) antipartitica più che di antipolitica, sempre
che politica significhi ancora ricevere mandato dal Popolo per amministrare e
curare gli interessi di tutti. Stabilito ciò, soffermiamoci per un attimo sul
funzionamento di un sistema politico e dei soldi che girano al suo interno.
Rimborsi o finanziamenti? Il punto nodale della discussione
va dipanato - o almeno dovrebbe - da qui.
Rimborso: un candidato (o il partito) spende soldi per farsi
pubblicità in campagna elettorale e per esporre il proprio programma. In
funzione degli eletti e degli elettori dovrà percepire un rimborso (reale e non
gonfiato) di quanto speso, non per farne quel che vuole, ma per fare gli
interessi di chi lo ha preferito ad un altro candidato e/o partito. La politica
non è un mestiere: è una missione, è bene ricordarlo.
Finanziamento: è una regola che nasce da un vizio sia
formale che sostanziale, il partito percepisce fondi pubblici per evitare che
lobbies di potere economico possano influenzarne l’operato all’interno del
Parlamento, cioè favorire alcuni al posto di altri con leggi ad personam. Ci
chiediamo se, con queste premesse, sia il caso di continuare a cercare di far
funzionare un sistema marcio in partenza che presuppone una disonestà
intellettuale (e non solo) di coloro i quali dovrebbero essere d’esempio per
tutti. Come possiamo pensare che un singolo onesto cittadino possa sentirsi
rappresentato da un parlamentare mercenario? Ricordate alcuni degli ex DC e PSI
della Prima repubblica durante le udienze di Tangentopoli? Dichiarazioni agli
atti: “Rubavano tutti, pensavo fosse lecito”. Bah… Dichiarazioni che somigliano
molto a quelle relative a fantomatiche entità che pagano mutui per interposta
persona.
In tutto questo vi è anche il finanziamento all’editoria di
partito, che è - in parte - l’escamotage per far confluire altri soldi nelle
casse dei partiti veri o presunti e per consentire la pubblicazione di una gran
quantità di giornali (a volte inesistenti o quasi). Per contro va detto che i
giornali veri creano posti di lavoro (giornalisti, poligrafici, impiegati,
addetti alle pulizie, etc.) e generano movimenti di denaro dei quali
beneficiano i gestori dei servizi centrali o periferici (tipografia,
distribuzione, agenzie di stampa, fotografiche, infografiche, service
editoriali, fornitori di servizi, etc.) e non ultimi i gestori di attività nei
dintorni della redazione (edicole, negozi, bar, ristoranti, etc.). Non tenere
conto dell’indotto di una attività, seppur finanziata, significa non
comprenderne l’importanza sul territorio, oppure si è in malafede. Brunetta ha
recluso i ministeriali obbligandoli a portarsi il pranzo da casa ed eliminando
le pause caffè (come se il problema fosse la pausa e non il resto della
giornata). Risultato? Paradossale, ma economicamente rilevante: bar e
ristoranti hanno dimezzato il fatturato. Contro-risultato? Controlli
dell’Agenzia delle Entrate (bel nome, veramente) per presunta evasione fiscale
derivata dagli studi di settore sulle attività (informazioni raccolte sul
campo). Bisogna smetterla di ragionare da ragionieri (scusate il gioco di
parole) calcolatrice alla mano.
Al proposito, Beppe Grillo, ancora lui, si scaglia con
veemenza contro l’editoria finanziata, salvo poi farsi pagare per i suoi
spettacoli. Dirà: “Ma io non percepisco soldi pubblici e comunque sia ho le
maestranze da remunerare”. D’accordo, ma un giornale, qualunque sia la fonte di
finanziamento, non deve comunque pagare le maestranze? In proporzione
l’editoria finanziata in Italia costa 2 euro pro-capite l’anno, non è una somma
spaventosa confrontata con altri sprechi in altri campi: si pensi alla Sanità
per la quale vengono pagate tasse su tasse, ma quando abbiamo bisogno di
assistenza che non sia di pronto soccorso ci troviamo di fronte al solito
bivio: pagare extra o attendere mesi per una prestazione di livello spesso
insufficiente o inutile se il paziente nel frattempo è morto.
Bisogna controllare i flussi di denaro, non chiuderli:
l’esercente populista che chiede la testa di un giornale si trova a perdere migliaia
di euro in un anno a fronte di un “investimento” di soli due. Una sorta di
superenalotto garantito. Direte: ma non tutti ne beneficiano. Vero, ma nella
summa totale il bilancio non è affatto passivo: la moneta che circola e i
giornali seri (il Quarto potere, dopo quello Legislativo, Giudiziario ed
Esecutivo dello Stato) sono una ricchezza per tutti. Inoltre, una nazione senza
informazione libera e plurale è predisposta alle dittature.
A questo punto si potrebbe obiettare che un giornale che
percepisce contributi statali possa essere manipolato e, quindi, di non godere
di libertà di espressione. In parte ora è vero, ma se il controllo sarà
democratico, sarà il Popolo a decretarne le sorti, non i politicanti. La legge
sui finanziamenti all’editoria potrebbe essere facilmente modificata non
obbligando i giornali a presentare bilanci raddoppiati per ottenere la metà dei
soldi spesi: trasparenza e controllo, ancora una volta, rappresentano la
soluzione. Successivamente, la verifica delle vendite potrebbe decretare la
sospensione o la riduzione del finanziamento. In Italia abbiamo il paradosso
rappresentato dal fatto che chi vende (e guadagna) di più percepisce più soldi.
È un fenomeno che è agganciato al rimborso (di nuovo) per la carta utilizzata:
pensate a quanta ne occorre per stampare un milione di copie di un giornale
grande formato da 32 pagine in confronto a diecimila copie di uno da 8 pagine
in formato “tabloid”. Il problema, qui, si sposta sulla pubblicità: molte
pagine sono già strapagate dagli inserzionisti, non dovrebbero essere
rimborsate, giusto? Discorso a parte meritano i “free-press”, ma lo
affronteremo in seguito. Sempre che, nel frattempo, Internet non abbia
completato la propria missione digitalizzante.
Abbiamo esposto tutto ciò per chiarire alcuni concetti,
vista e ascoltata la cattiva informazione al riguardo, e per trarre la
conclusione che, spesso, dietro un presunto patriota alla Grillo si nasconde un
pericoloso populista campanilista attento soltanto ai propri interessi di
bottega.
Speriamo di sbagliarci, altrimenti finiamo - come da
proverbio – dalla padella nella brace.
Carlo Pompei
Post scriptum. Per Beppe Grillo: si dice “I
partiti si stanno liquefacendo”, non “liquefando”…
Post scriptum. Per Piero Fassino: si dice “forza antagonista”, non
“antagonistica”...
Carlo Pompei, classe 1966, “Romano de Roma”. Appena nato, non sapendo
ancora né leggere, né scrivere, cominciò improvvisamente a disegnare. Oggi, si
divide tra grafica, impaginazione, scrittura, illustrazione, informatica,
insegnamento ed… ebanisteria “entry level”.
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