Il
libro della settimana: Cosimo Magazzino,
La politica economica di Margaret Thatcher, pref. di Francesco Forte,
postfazione di Gian Cesare Romagnoli, Franco Angeli, pp. 192, euro
25,50 -
www.francoangeli.it |
Un
fantasma ideologico si aggira per
l’Europa, quello di Margaret Thatcher… Sappiamo
di non essere molto originali, ma la pur
logora immagine coniata da Engels
e Marx rende bene l’idea di quanto la politica
economica neo-liberista della “Farfalla di ferro” (termine coniato da Radio
Varsavia, prima del diluvio Gorbaciov)
tuttora divida e influisca sulle
scelte politiche ed economiche.
Ad
esempio, il nostro Monti, la Merkel e lo sconfitto
Sarkozy possono essere definiti thatcheriani come alcuni osservatori ritengono? No. Diciamo che una fondamentale distinzione da fare è proprio quella fra la Thatcher e i
thacheriani. Tra una donna, dalla grande personalità politica, capace di
influenzare persino Reagan, e i suoi figli, nipoti e nipotini ideologici, sparsi
qui e là per il mondo, spesso pure copie sbiadite della foto originale, come i
tre politici appena ricordati, legati a
un liberalismo tecnocratico (Monti), avvocatesco e dei “buoni affari”
(Sarkozy), “listiano”, da Friedrich List ( Merkel). Insomma, magari ancora
ce ne fossero di politici della
levatura della Thatcher, anche a
prescindere dai contenuti delle sue politiche.
Ed
è quest’ultima la giusta chiave (che chiameremo “napoleonica”) per accostarsi
al “ciclone Margaret”. Come del resto mostra il notevole libro di Cosimo Magazzino, La politica economica di Margaret Thatcher (Franco Angeli). Un bel
saggio che si muove, nonostante il titolo
“economicista” (del resto l’autore è professore di Politica
Economica), nell’alveo di un duplice registro: quello poetico-napoleonico,
nel senso della straordinarietà, in chiave manzoniana, della Thatcher («La procellosa e trepida/
gioia d'un gran disegno,/
l'ansia d'un cor che indocile/
serve, pensando al regno»). E quello più prosaico, fatto di cifre e calcoli, e tabelle riguardanti le politiche economiche neo-liberiste praticate nei suoi tre governi consecutivi (1979-1990). Parliamo di un libro ben organizzato, diviso in tre densi capitoli, prima, durante e dopola Thatcher (più corposo il
secondo, quello del durante), corredato da una appendice dedicata alle elezioni
generali inglesi dal 1970 al 2005) e da un ricca bibliografia, aperta anche ai contributi, non strettamente economici: un bel
lavoro, a un tempo, scientifico come un
trattato, e avvincente come un buon
libro di storia.
gioia d'un gran disegno,/
l'ansia d'un cor che indocile/
serve, pensando al regno»). E quello più prosaico, fatto di cifre e calcoli, e tabelle riguardanti le politiche economiche neo-liberiste praticate nei suoi tre governi consecutivi (1979-1990). Parliamo di un libro ben organizzato, diviso in tre densi capitoli, prima, durante e dopo
Ovviamente,
come sottolineano impietosamente prefatore e postfatore, il cuore di
Magazzino batte per la
Thatcher. Ma come dice, nessuno è perfetto. E quindi nell’interpretazione di Magazzino, come nel Cinque Maggio manzoniano,
poesia e prosa, epica e vita, si saldano insieme. Ma il risultato, come abbiamo accennato, non
è niente male, anzi… Ma lasciamo la parola all’autore: « Giunta
alla guida del paese nel 1979 (…), il
compito per Margaret Thatcher si presentava improbo. Una disoccupazione in
continuo aumento e un’inflazione che sembrava inarrestabile facevano da cornice
a un generale sentimento di frustrazione e di diffuso pessimismo. I governi che
l’avevano preceduta - tanto di marca laburista quanto conservatrice - avevano
in maniera più o meno convinta, applicato ricette keynesiane nei decenni
precedenti. Alla fine degli anni Settanta (…) il Regno unito era
soprannominato “il Grande malato
d’Europa” (…). A colpi di neo-liberismo
(basato su una certa definizione del
monetarismo e dell’offertismo) e di neo-conservatorismo (incentrato sui valori
tradizionali racchiusi nel motto “Dio, Patria e Famiglia”) la Thatcher rivoluzionò il
Regno Unito e, attraverso la sua influenza sulla reaganomics, anche egli equilibri mondiali (…). La visione del
mondo che ispirò la Signora Thatcher sembra più
vicina a quella di un “conservatorismo liberale” che cerchi di far convivere il liberismo e i valori
della tradizione. Fece inoltre, nascere la City londinese;
ridimensionò i potenti sindacati dei lavoratori (le Unions); e d’altro canto fece fallire imprese inefficienti,
togliendo loro una volta per tutte sussidi statali; privatizzo un ragguardevole
numero di imprese pubbliche ; infine, fece in modo che il Paese diventasse una
“democrazia di proprietari”, permettendo agli inquilini di acquistare le
abitazioni di proprietà dei comuni, a prezzo agevolati. Con la guerra delle
Isola Falklands sferzò i suoi concittadini risvegliando l’antico orgoglio
imperiale» (pp. 25-26).
E
i dati economici, sul prima e il dopo (almeno fino alla crisi del 2008-2009),
confortano le tesi di Magazzino. Parliamo degli effetti positivi su tutte le
variabili macroeconomiche di una politica thatcheriana, ripresa poi pedissequamente, come capita agli
imitatori, anche da Blair… Evidentemente, la Gran Bretagna , dopo anni di
torpore laburista-conservatore aveva
bisogno di una scossa. E la Thatcher fu la donna,
politicamente giusta, capace di agguantare il potere nel momento giusto. Un
Napoleone in gonnella, neo-liberista che, tuttavia, grazie ai moschetti delle armate del libero
mercato, spinse avanti anche i valori di
un liberalismo, non libertino, volti a
rivendicare nell’individuo il nesso libertà e responsabilità. Che poi figli e nipoti abbiamo travisato, non è colpa della Thatcher.
Dal
momento che la “Farfalla di ferro”,
che non toccò il sistema sanitario
nazionale e solo in parte quello pensionistico,
propugnava l’esatto contrario di quel neo-liberismo
finanziario, speculativo ed egoista che ha condotto alla crisi attuale. Probabilmente, la Thatcher , da brava fondamentalista del nesso
libertà-responsabilità, mai avrebbe
rifinanziato banche colpevoli di essersi imbottite di titoli spazzatura. Di
sicuro le avrebbe trattate alla stregua dei generali argentini: fuoco alzo zero.
Concludendo,
per dirla ancora con il grande
Manzoni, «Fu vera gloria?» Secondo
Magazzino sì. Del resto, come
onestamente si riconosce nel libro, «se
furono luci, non soltanto di luci si trattò. Non amata da un buon numero
di suoi contemporanei, oggi la figura di
questa premier dura e inflessibile (tanto da ricordare . se non fosse per
l’antipodica visione del mondo -
Maximilien-M.-I. Robespierre, soprannominato l’incorruttibile) tende tuttavia
ad essere rivalutata. Sono sempre di più gli studiosi e gli analisti che citano
le idee ed i valori propri del thatcherismo. L’Italia, forse anche per
l’antipatia personale aperta, dichiarata nelle rispettive memorie tra la stessa
Thatcher e Giulio Andreotti, non ha mai tenuto in considerazione la “figlia del
droghiere” » (p. 27).
Sottoscriviamo,
ma con una chiosa, non proprio di secondaria importanza: il problema resta - crediamo -
non tanto quello del thatcherismo, che può essere reinventato nei modi diversi e controversi, quanto
quello di scovare una nuova Thatcher, Cioè della possibilità, che dalle classi
politiche attuali, possa prima o pi venir fuori un politico,
uomo o donna, all’altezza della “Farfalla di Ferro”. O se si preferisce, per scomodare di
nuovo Manzoni, dell’ «uom fatale», pardon,
della donna fatale… Il che, da
umili lettori di libri storici, ci sembra, soprattutto di questi tempi, molto difficile, se non del tutto
impossibile. O no? Comunque sia, ai lettori «l’ardua sentenza»…
Carlo Gambescia
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