Il volantino della Fai
Il "tipo rivoluzionario"
Il volantino di quattro pagine della Fai (Federazione Anarchica Informale) nucleo “Olga”, dove si rivendica l’attentato al dirigente dell’Ansaldo, Roberto Adinolfi, merita alcune riflessioni. Chiunque desideri leggerlo, per verificare nei dettagli quanto ora diremo in generale, può cliccare qui: http://media2.corriere.it/corriere/pdf/2012/olga_110512.pdf . Attenzione però. La nostra è una interpretazione “diversa”. Non sposiamo il punto di vista complottista, come fa certa sinistra, o quello della pura tenuta dell' ordine pubblico, come predilige la destra. A nostro avviso il volantino è una preziosa testimonianza sociologica della spaventosa chiusura mentale dell' “tipo rivoluzionario” ( nel senso di "modello" intepretativo) : figura ricorrente, come vedremo, all’interno di una modernità fisiologicamente segnata, proprio perché dinamica e creativa, da periodici conflitti sociali dsitributivi connessi alle fasi, talvolta ascendenti, talaltra discendenti, del ciclo economico.
Inutile perciò insistere
sul millenarismo (o gnosticismo, o entrambe le
cose), che anima l’approccio alla
realtà del “rivoluzionario-tipo”, anche perché si tratta di
questioni già assodate in letteratura. Siamo davanti, nonostante le
dure repliche della storia, a una regolarità della
politica: quella dettata dalla ricorrenza storica e sociologica del
“tipo rivoluzionario”. Figura, indubbiamente legata all’evoluzione
stessa di una modernità, ricca di contrasti e conflitti sociali ed
economici. Contrasti e conflitti, di cui il "tipo rivoluzionario"
non sembra intuire il
valore dinamico-creativo. Probabilmente
perché portato, sul piano cognitivo, a
"estremizzare" o esasperare i diversi fattori sociali,
prima argomentativamente, poi sociologicamente e politicamente passando all'atto,
e così via lungo un tristemente noto movimento
a spirale. Il "tipo rivoluzionario"
rifiuta di comprendere la complessità della realtà umana: se i fatti
divergono dalle sue idee, tanto peggio per i fatti, come, per l'appunto,
sostenne Lenin. In questo senso, terrorismo e
rivoluzionarismo marciano insieme: non esistono stadi evolutivi
differenti o malattie infantili. Terrorismo e
rivoluzionarismo, checché ne pensasse Lenin, sono consustanziali:
hanno una sola medesima natura e sostanza. Di
conseguenza, il "tipo rivoluzionario", proprio
perché succube di un meccanismo teologico-politico teso alla
edificazione di un pacificato "Paradiso in Terra", mai
capirà che i contrasti e i
conflitti rappresentano, se istituzionalizzati e metabolizzati, un
naturale veicolo di progresso e libertà. E che quindi pretendere di
eliminarli per sempre, e per giunta in modo violento,
significa gettare via e calpestare il sale della
terra.
Che poi il “rivoluzionario-tipo” - "il filosofo che
deve trasformare il mondo non interpretarlo diversamente", per dirla con
Marx - sia marxista o anarchico poco cambia. Soprattutto, se si volge
lo sguardo sulla scia di sangue che, regolarmente, ha
lasciato dietro di sé.
Carlo Gambescia
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