lunedì 6 giugno 2011

 Le disavventure  di Antonio Fazio 
Triste, solitario y final


La settimana scorsa alcuni commentatori si sono stupiti della condanna di Antonio Fazio. Perché? La sua condanna era da tempo nell’aria. Cerchiamo invece di capirne le ragioni, sine ira et studio. Soprattutto ora che i media sembrano interessarsi di altro.


Una prima chiave di analisi, si può ricavare dalla lettura dei giornali: Fazio come Governatore non neutrale, legato a un gruppo di pressione, da lui favorito, e perciò nemico della Trasparenza e del Libero mercato e delle leggi a tutela (sì, con le iniziali maiuscole...). Di qui, prima le dimissioni, poi, a distanza di sei anni, la condanna a quattro anni per aggiotaggio.
Una seconda chiave esplicativa, meno superficiale, è di natura politica: Fazio come ultimo garante dell’indipendenza creditizia nazionale; come oppositore di un processo di riorganizzazione del credito su basi europee, affidato a grandi gruppi spagnoli, francesi, olandesi (come nel caso di Antonveneta). E per questo “scaricato” dai poteri forti italiani. Gente, che pur di rimanere in sella, anche nominalmente, preferisce il competitor straniero a quello interno.
Una terza spiegazione, in parte complottistica, è quella che scorge in Fazio, noto per la fede cattolica e i legami vaticani, un avversario dei settori non cattolici della finanza internazionale. Detto altrimenti: un uomo pericoloso, da eliminare.
Diciamo che la prima spiegazione è la più accreditata, dal momento che ha permesso ai censori di collocarsi dalla parte della ragione: in tempi come questi dove i buoni sono tutti dalla parte del Libero Mercato e della Trasparenza, non c’è accusa peggiore che quella di non aver rispettato le Regole di sua Maestà la Concorrenza. Non per niente il Pm Luigi Orsi ha parlato, in tono quasi schifato, di «una visione medievale della vigilanza». Probabilmente però, la seconda e terza spiegazione colgono meglio le cause della defenestrazione e condanna di Fazio. Riassumendo: a) l’essersi opposto a un processo di ristrutturazione creditizia su basi europee, dietro il quale c’era sicuramente lo zampino Usa; b) il non essere nelle grazie della finanza laica.
Purtroppo Fazio, commettendo un errore, si è fidato di alcuni soggetti, in primis Fiorani, non propriamente all’altezza di un progetto che doveva far nascere un grande banca del Nord, capace, finalmente, di favorire il rilancio dell’ industria italiana. Un progetto, tra l’altro politicamente trasversale, perché basato sull’accordo tra finanza cattolica (Gianpiero Fiorani, Bpi) e finanza di sinistra ( Giovanni Consorte, Ds, Unipol, Coop ).
E invece è andata male, molto male. Gli olandesi dell’ Abn Amro si sono impossessati di Antonveneta, per poi cederla, dopo due anni, al Gruppo Montepaschi, all’epoca tagliato fuori dall’operazione Fiorani-Consorte; Mediobanca, Fiat e dintorni sono rimasti in sella, più prepotenti che mai; Draghi, dopo il passaggio in Banca d’Italia, andrà a sedersi sulla poltrona di Presidente della Bce; Fazio invece rischia la prigione. E infine, quando si dice il caso, Francesco Frasca, all’epoca a capo della Vigilanza di via Nazionale, quindi eventualmente colpevole quando Fazio, ne esce assolto…

Carlo Gambescia

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