martedì 21 giugno 2011

Dove è finito il buonsenso  (storico e) politico?
Grecia e dintorni





L’Impero romano chiuse i battenti per fallimento economico? Secondo alcuni storici sì. Per altri studiosi invece accadde l’esatto contrario, non fu l’economia ma la coesione morale a mancare…
Anche i signori feudali non scherzavano: nei limiti di un’economia dell’autoconsumo, spendevano e spandevano per se stessi, salvo poi dichiarare guerra al vicino: scopo ripianare il bilancio. E che dire dei tempi moderni? La Monarchia francese prima del 1789 era da un pezzo sull’orlo del fallimento. Così gli Zar e la Repubblica di Weimar, che nei primi anni Venti rischiò di essere totalmente travolta dalle riparazioni di guerra e dall’inflazione.
Quindi gli Stati possono fallire. Però, di regola, dietro il fallimento c’è sempre una guerra perduta o una rivoluzione. Per buttarla sul politologico: una crisi istituzionale. Detto altrimenti: prima della caduta, già nessuno si filava più l' imperatori romani, il Re di Francia, lo Zar, e così via.
E qui veniamo al caso Grecia, intorno al quale, un giorno sì, l’altro pure si evoca il fallimento. È evidente come il caso greco, in prima battuta, non sia paragonabile alle gigantesche crisi storiche di cui sopra. Tuttavia, per dirla tutta, siamo davanti a una situazione che in qualche modo ricorda la Repubblica di Weimar, ridotta sul lastrico dalla durezza delle condizioni imposte dai vincitori, in particolare francesi. E come ne uscì Weimar (si fa per dire, perché poi finì nelle braccia di Hitler)? Con una politica mirata di aiuti internazionali (in particolare Usa). E soprattutto grazie alla consapevolezza internazionale che una Germania economicamente sana, avrebbe impedito la marcia in Europa del Bolscevismo. E la Germania, nella seconda metà degli anni Venti, si riprese. Poi però arrivò la grande crisi, eccetera.
Cosa resta importante di quell’esperienza? Il principio di buona volontà. Principio di cui l’Occidente fece tesoro. E così, all’indomani del Secondo Conflitto Mondiale, riuscì a impedire, con massicci aiuti economici che una Germania distrutta e divisa in due, finisse nelle mani di qualche avventuriero.
Possibile che oggi, proprio la Germania, non capisca l’importanza di aiutare la Grecia? Impedendo che la crisi economica possa trasformarsi in crisi politica, e così costituire un pessimo esempio per un’Europa, già in difficoltà? Ma come? Rifinanziando il debito greco. Anche a costo di imporre l’operazione-fiducia a un riottoso sistema bancario. I sacrifici vanno divisi tra tutti, diremmo progressivamente divisi in base ai profitti realizzati, a cominciare proprio dalle banche.
Purtroppo, la Francia nei primi anni Venti fu inflessibile con la Germania sconfitta. E sembra che Sarkozy non abbia tuttora imparato la lezione. In un’economia di mercato, per giunta globalizzata, tutto si tiene: i debiti come i crediti. Ciò significa che il fallimento della Grecia può estendersi ad altri stati, rischiando di provocare il fallimento di tutti, con in prima linea le banche tedesche e francesi.
Ora, è scontato che questo aspetto non sia compreso da economisti e banchieri, attenti solo a bilanci e patti di stabilità. Ma i politici? 

Carlo Gambescia

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