Riflessioni
Liberalismo e società di massa
.
Ieri sera rileggevamo un passo del bel libro di John Lukacs Democrazia e populismo (Longanesi),
dove si pone un problema fondamentale:
.
“In
questo libro ho sostenuto che le vecchie categorie del ‘conservatorismo’ e del
‘liberalismo’ sono divenute quasi del tutto obsolete. Ma una tendenza è chiara.
Quasi ovunque, la ‘sinistra’ ha perso forza d’attrazione. E’ possibile che in
futuro la vera divisione sarà non tra destra e sinistra, ma tra due specie di
destra: tra coloro la cui bussola è il disprezzo (…), che odiano i liberali più
di quanto amino la libertà e coloro che amano la libertà più di quanto temano i
liberali; tra nazionalisti e patrioti; (…); tra quanti si affidano alla
tecnologia e alle macchine e quanti si affidano alle tradizioni e alle vecchie
regole delle decenza umana; tra coloro che sono favorevoli allo sviluppo e
coloro che desiderano proteggere e conservare la terra: tirando le somme, tra
chi non mette in questione il Progresso e chi invece lo fa”(p. 199).
.
L’analisi di Lukacs ha vigore argomentativo. Il progresso non può essere
assolutizzato a beneficio di masse narcotizzate da consumi crescenti ed
eccessivi, e disposte a subire e il fascino indotto dell’invidia e della forza
bruta. Perché, prima o poi, si rischia di fare i conti, con una crescente
anomia ambientale, sociale e morale. Resta però un dubbio: se le istituzioni
liberali, elitarie per eccellenza (perché nate da e per pochi notabili), siano
effettivamente in grado di governare la democrazia di massa. Anche perché il
Novecento ha mostrato, e dolorosamente, che spesso lo stesso liberalismo
(antidemocratico, o a-democratico), in alcuni occasioni, è venuto a patti se
non con il totalitarismo, almeno con l’autoritarismo, senza per questo riuscire
a fermare la massificazione della società.
Sotto questo aspetto, e malgrado tutto l’acume storico di Lukacs, il “problema
Tocqueville”, quello di coniugare liberalismo e democrazia, resta ancora oggi
privo soluzione. E qui probabilmente può venirci in aiuto Benedetto Croce, per
il quale "la libertà non ha potuto mai fondare un edificio politico
durevole, ma la corona quando il tempo lo ha consolidato" (Storia d'Europa nel secolo decimonono).
Ecco, occorre tempo. In questo senso, può tornare utile il suggerimento della
Arendt sul tempo come fattore creativo in politica (Vita Activa). Tuttavia, se come sostiene Adorno,
"quando il tempo è denaro", come appunto accade nella società
attuale, "sembra morale risparmiare il tempo, specialmente il
proprio" (Minima moralia),
chi vorrà o potrà dedicarsi, altruisticamente, al crociano consolidamento - nel
tempo - dell' "edificio politico"?
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento