Il libro della settimana: Alain de
Benoist, Cartouches: Les éditoriaux d’ Éléments” (1973-2010), Association des
Amis d’Alain de Benoist, Paris 2010, pp. 346, euro 24.
http://www.alaindebenoist.com/index.php |
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E’ un evento. Non è possibile usare altro termine a proposito
dell’ultimo libro di Alain de Benoist, appena uscito in Francia. Si tratta
della raccolta degli editoriali pubblicati su “Éléments” con lo pseudonimo di
Robert de Herte ( un omaggio al ramo familiare della bisnonna,
Louise-Marie-Apolline de Herte): “Éléments”: Cartouches:
Les éditoriaux d’ Éléments” (1973-2010),
Association des Amis d’Alain de Benoist, Paris 2010, pp. 346 euro 24.
Nel 1994 i primi 65 editoriali ( a partire dal 1973) furono raccolti nel volume
Le grain de sable. Jalons pour une fin de
siècle. Ora vengono ripubblicati in Cartouches unitamente agli editoriali successivi, per un
totale di 125 articoli. Si tratta di tutto il pubblicato fino al settembre
dell’anno in corso (Éléments , n. 136). Con una chicca: in appendice è
riprodotta, da quest’ultimo fascicolo, l’interessante intervista curata da
François Bousquet, (La Nouvelle Droite est-elle de gauche? Un bilan d’étape)
), ad Alain de Benoist e Michel Marmin, altro pilastro della rivista.
Proprio l’ampiezza della raccolta permette di capire quel che è vivo e quel che
è morto in un pensatore vulcanico e in un movimento di idee che giustamente, e
non da oggi, vengono confusi insieme. A tale proposito, secondo de Benoist si
può parlare
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“del passaggio da una fase più confusa,
quella del primo periodo, dal 1973 al 1981, a una fase più matura, sotto il profilo
dell’analisi, a partire dagli anni Novanta” ( p. 18).
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Ma lasciamo sia lui stesso a chiarirci le
idee in argomento:
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“All’inizio degli anni Settanta, ad esempio,
ho scritto alcuni testi sull’ecologia, sul lavoro, sulla teoria della
conoscenza, che oggi giudico assolutamente erronei. Tra l’altro, ho commesso
l’errore di usare il termine ‘nominalismo’ in un senso che è stato compreso
male. Anche l’importanza conferita dalla ND a una tematica come il quoziente di
intelligenza era sicuramente eccessiva. Come diceva Spengler nelle vicende
umane, la storia batte le scienze naturali! (..). Sarei tentato di sostenere
che nel corso degli anni la ND
è semplicemente cresciuta, divenendo adulta, superando e respingendo sia certo
atteggiamento adolescenziale, tipico della destra (l’universo-eroico- paterno
degli dei e degli eroi), sia certo infantilismo della sinistra (l’universo
fusionale-materno dell’indistinto sociale), due forme, che non riflettono
soltanto l’universo pre-edipico del comportamento, ma anche due concezioni
della vita sostanzialmente impolitiche. In Francia la ND è una scuola di pensiero
priva, almeno nell'ultimo mezzo secolo, di equivalenti. Perciò non si può dire
si può dire che già non sia entrata nella storia delle idee" (pp.
336-337).
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Interessante anche quel che asserisce de
Benoist a proposito del termine “Nuova Destra:
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“Senza averlo formalmente abbandonato, cerco
di utilizzarlo il meno possibile. Ho anche spiegato in innumerevoli occasioni,
come l’ espressione, che non nasce per libera scelta, ma solo nel 1979 quale
invenzione mediatica per designare una corrente di pensiero che già esisteva da
undici anni, resti, almeno a mio avviso, insoddisfacente, proprio perché si
presta a possibili equivoci. Il vero problema è che non si è mai trovata un’
altra espressione in grado di sostituirla. Va anche detto che è molto difficile
liberarsi di un’etichetta quando, come nel caso, incontra durevole fortuna. Il
termine Nuova Cultura, utilizzato per qualche tempo, era troppo vago. Del resto
l’espressione Nuove Sintesi, usata da Marco Tarchi, resta anch’essa imprecisa
(…). In effetti, l’ appellativo, [Nuova Destra n.d.r.] non può che essere fonte
di malintesi. E il solo modo per evitarli è interessarsi al contenuto piuttosto
che al contenitore” (p. 333).
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E questo è solo l’ antipasto del libro… Tra
l’altro, perfetto anche nel titolo: Cartouches,
“cartucce” di carta. Al lettore, infatti, non resta che leggere per “caricare”.
Quanto alla “mira”, visto che servono lettori intelligenti, si tratta di un
dono di natura. E purtroppo i buoni “tiratori”, probabilmente, saranno sempre
pochi.
Carlo Gambescia
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