Socialdemocrazia, introvabile...
Ieri
ammiravano l’ Unione Sovietica dal carro armato facile, oggi l’America Latina
di Chavez e compagnia sciabolante. Di chi parliamo? Della Federazione della
Sinistra (FdS). Totale voti alle regionali del 2010: intorno al tre per cento…
Che ha celebrato lo scorso fine settimana il primo congresso all’ Ergife di
Roma, davanti a suoi tre subcomandanti: Ferrero, Diliberto e Salvi…
Nel documento congressuale si legge che “Rifondazione comunista, Pdci,
Socialismo 2000 e Lavoro-solidarietà daranno vita, “in nome di quello che i
popoli latinoamericani chiamano il socialismo del XXI secolo, a un nuovo
soggetto politico” rivolto a “invertire la tendenza alla divisione e alla
frammentazione, che tanto danno hanno arrecato alla sinistra”. La Federazione , si
prosegue, “non è un partito unico e nemmeno un cartello elettorale o la
sommatoria di due partiti comunisti, ma un progetto ambizioso e originale che
punta a valorizzare e a trasformare in iniziativa politica il conflitto sociale
e la prassi quotidiana patrimonio comune alle differenti soggettività che
costituiscono la Federazione”.
E sempre in nome della “soggettività” si sottolinea la distanza sia dal Pd e
dalle forze moderate del centrosinistra. Ma non piace neppure Vendola, dal
momento che si fa notare come “la diversità tra la nostra piattaforma e il
nostro progetto politico” rispetto a quello di Sinistra ecologia libertà “non
vada negata e nemmeno sottovalutata”…
Quando però si va a spulciare nel programma della Federazione della Sinistra,
si scopre che potremmo essere davanti a un micropartito socialdemocratico,
magari più spostato a sinistra come certe vecchie frange della sinistra del
Labour Party o del Sozialdemokratische Partei. Infatti, a parte l’ oggi rituale
antiberlusconismo, che si propone in concreto? “ Politiche fiscali che
“spostino i carichi dal lavoro ai guadagni di capitale e alle rendite”, una “legislazione
del lavoro che contrasti la precarietà”, il riconoscimento del “matrimonio tra
persone dello stesso sesso”, l’ uscita “dalla Nato, il ritiro unilaterale
dall’Afghanistan e la chiusura delle basi militari straniere in Italia”.
A parte, il delicato tocco di post-modernità gay e la critica alla Nato, da
sempre diffusa anche nella sinistra dei partiti laburisti inglesi e tedeschi,
saremmo quasi in pieno clima socialdemocratico… Ma, allora, Ferrero, Diliberto
e Salvi hanno cambiato bandiera? Si professano socialisti del XXI secolo mentre
in realtà sono socialdemocratici del XX? No. Perché continuano, in stile
vecchio Pci, a non essere carne né pesce, Ci spieghiamo meglio.
L’Italia non ha mai avuto un vero partito socialdemocratico, perché,
soprattutto nel secondo dopoguerra, la cosiddetta sinistra maggioritaria
(comunisti e socialisti), ha sempre guardato al socialismo come obiettivo
finale. A differenza della socialdemocrazia tedesca, che a Bad Godesberg (1958)
sposò la causa del riformismo, in Italia, all’inizio degli anni Sessanta,
comunisti e socialisti ancora si baloccavano con la “democrazia progressiva”
(comunisti) e le “riforme di struttura” (socialisti): due eufemismi per dire
che loro mica erano socialdemocratici: democrazia e riforme, non potevano
restare tali, ma dovevano favorire - come si leggeva nei documenti ufficiali -
la “transizione” dal capitalismo al socialismo. Ancora negli Ottanta, persino
Craxi, malgrado l’ enfasi sul “riformismo”, ogni volta che alzava il gomito
tirava fuori dalla tasca Proudhon e l’autogestione socialista…
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica e il terremoto di Tangentopoli, comunisti
e socialisti, senza mai essere stati socialdemocratici, sono diventati di colpo
liberisti… E gli ultimi comunisti irriducibili, come Ferrero, Diliberto e
Salvi, socialdemocratici. Ma solo a metà, perché continuano tuttora a rifiutare
il capitalismo in nome del “Sol dell’Avvenire”…
Morale della favola: in Italia, ancora oggi non esiste un vero partito
socialdemocratico… Che malinconia.
Carlo Gambescia
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