Ancora su Franco Cardini
Utile per la società
e utile della società
.
Un
lettore ieri chiedeva che cosa ci fosse di sbagliato nelle affermazioni di
Franco Cardini da noi riportate nel post a lui dedicato qualche giorno fa (http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.it/2010/11/cardini-il-chomsky-dei-poveri-conuna.html):
.
"Quanto
alle lobbies multinazionali, ai poteri finanziari e bancari che sostengono i
politici che hanno piazzato come loro “comitato d’affari”, agli spacciatori
mercenari di strapagate menzogne massmediali, ai massacratori d’innocenti in
Iraq e in Afghanistan e ai mercanti d’armi e di petrolio che li sostengono,
alle aziende farmaceutiche che condannano milioni di persone a morte per AIDS
pur di mantener alti i costi dei loro brevetti, a chiunque lucri su un sistema
mondiale così infame da permettere ad alcune decine di migliaia di persone al
mondo di nuotare ogni mattina in una piscina olimpionica mentre si cerca di far
pagare l’acqua a interi popoli assetati"
.
Cogliamo
l’occasione, non tanto per rispondere direttamente al lettore sulle singole
affermazioni dello storico, dal momento che alla "propaganda" si
rischia sempre di rispondere solo con altra "propaganda". E questo
tipo di confronto non ci interessa, come i lettori abituali ben sanno. Vorremmo
invece - ripetiamo - cogliere l'occasione per elevare il tono del dibattito,
tentando di chiarire alcune questioni "a monte", ossia di “metodo”.
Ora, esiste una distinzione classica, di derivazione paretiana, tra utile della società e utile per la società, che così sintetizziamo:
L’utile della società è
costituito da ciò che è utile, in senso oggettivo (della società), alla sua riproduzione.
L’utile per la società è
determinato da ciò che gli uomini designano, in chiave soggettiva ( ma come entità collettive
non individuali), come culturalmente "utile" per la sua riproduzione.
Utile della società e utile
per la società coincidono? Possono coincidere in una società di
cacciatori e raccoglitori, dove le pretese culturali sono minime o pari a zero,
ma non coincideranno mai in una società complessa, come quella moderna, dove le
pretese culturali sono massime e dove, di regola, sono in conflitto le più
diverse teorie su quello che deve essere l’utile
per la società (dal liberalismo al socialismo, al fascismo, al "decrescismo", eccetera).
L’ideale sarebbe quello di stabilire, una volta per tutte, l’utile della società, ma come abbiamo
visto, quanto più si complica culturalmente la società, tanto più diviene
difficile, se non impossibile, stabilirlo. Anche perché, in un quadro culturale
sempre più ricco e complesso, le diverse idee di utile per la società, confondendosi con l' utile della società, finiscono regolarmente per entrare in
conflitto. In questo senso l’equilibrio tra le diverse idee di utilità per la società sarà sempre di
tipo storico, generazionale, contingente e imperfetto, con vinti e vincitori:
la perfezione, insomma, non è di questo mondo. Non esistono ricette politiche
definitive e assolute.
Solo un sano relativismo
riformista può garantire periodi di equilibrio storico, comunque sempre a
rischio di rapida dissoluzione (rapida in termini di secolare “tempistica”
storica…). Ovviamente, anche questo è un giudizio di valore. E, a voler essere
coerenti, racchiude anch'esso un'idea di
utile (riformista) per la società. Lo ammettiamo, senza alcuna
remora, proprio perché siamo "imperfettisti".
Qual è la morale del nostro discorso? Che uno storico come Cardini dovrebbe
conoscere a memoria questi problemi. E perciò evitare il linguaggio perfettista
(come nel passo citato) di chi, illudendosi e illudendo gli altri, crede che la
propria idea di utile per la società
sia l’unica valida. Magari presentandola come utile della società . Il che potrebbe anche andar bene. Ma
in una società di cacciatori e raccoglitori.
Carlo Gambescia
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