Il libro della settimana: Joscelyn
Godwin, L’illuminismo dei teosofi. Le radici dell’esoterismo moderno, Edizioni Settimo
Sigillo, Roma 2009, pp. 544, euro 29,50 .
http://www.libreriaeuropa.it/scheda.asp?id=5362&ricpag=1 |
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Ecco un libro che andrebbe letto in compagnia di un piccolo classico filosofico
(magari aulicamente su un leggìo a due posti...) : Dialettica dell’illuminismo di Adorno e Horkheimer.
Parliamo naturalmente del bel volume di Joscelyn Godwin, L’illuminismo dei teosofi. Le radici
dell’esoterismo moderno ( Edizioni Settimo Sigillo, Roma 2009, pp.
544, euro 29,50), uscito nella eccellente collana “Giano – L’altra storia”, che
ormai ha superato la boa dei dieci volumi (e che volumi...), diretta dal dottissimo
Marcello De Martino.
Perché, dicevamo, Godwin, Adorno e Horkheimer andrebbero letti, come si
esprimevano i nonni, “di conserva”? Per una ragione fondamentale. Godwin - uno
storiografo dell’esoterismo prestato alla musicologia (ma questa è un’altra storia…)
- si inoltra con intensa partecipazione nello studio dei fitti legami tra
illuminismo inglese e teosofia, occupandosi in particolare dell'ambigua
circolarità tra scetticismo, spesso distruttivo, della ragione e fascino verso
sempre "ragionevoli" trasformazioni spirituali, Si tratta di un
complesso processo storico culminante nella “Società Teosofica”, fondata dalla
Blavatsky, e nel successivo pullulare dei vari correntismi spiritualistici,
tuttora imperversanti tra Oriente e Occidente. Processo, già ben delineato sul
piano filosofico e anti-tecnocratico, da Adorno e Horkheimer. Parliamo della
famigerata dialettica tra ragione (buona), aperta a spirito e natura da un
lato, e razionalità strumentale (cattiva) , dominatrice di uomini e cose
dall'altro: un'autentica costante dell’illuminismo moderno. Di qui il nostro
consiglio di leggere i due libri insieme. Anche perché, in fondo, il teosofismo
resta una specie di tecnocrazia dello spirito, certamente blanda, ma pur sempre
tecnocrazia...
Ovviamente, semplifichiamo, per linee guida, un testo, quello di Godwin,
ricchissimo di sfumature, perfino “umane troppo umane”, come rileva Dana L.
Thomas, il traduttore e prefatore italiano, e come provano undici pagine di
Indice dei nomi. Per non parlare delle diciassette di Bibliografia.
Acutissima questa riflessione finale, dove
Godwin si (e ci) concede il lusso di spingersi fino a sezionare sapientemente
l'attualità.
“ In
conclusione, sembra che, nei primi anni del Novecento, si stesse creando un
terreno comune tra occultismo, buddismo e la tradizione gnostica occidentale.
Oriente e Occidente si erano separati, ma solo su un certo livello. Gli
spiritisti londinesi non soppotavano la filosofia induista; e l’esoterismo
cristiano di C.G. Harrison non si conciliava con il buddismo di Allan Bennett,
di scuola Hinayana. Tuttavia, la Società Teosofica aveva sempre coltivato lo scopo
di abbattere le barriere tra religioni e popoli, di ‘formare il nucleo della
Fratellanza universale dell’umanità senza distinzione di razza, di religione,
di sesso, di casta o di colore’. La Blavatsky (…) credeva senz’altro che l’Occidente
avrebbe fatto meglio a guardare verso Oriente se voleva conoscere la vera
filosofia (…). Di conseguenza, la sua Società con i relativi membri e
affiliazioni, divenne il principale veicolo per la penetrazione nelle coscienze
occidentali delle filosofie induiste e buddiste, non solo dal punto di vista
dello studio accademico ma come qualcosa che valesse la pena abbracciare. In
questo modo, i teosofi aprirono la strada ai migliori, ed ai peggiori, tra i
guru orientali che si sono stabiliti in Occidente. Hanno introdotto nel
linguaggio di tutti i giorni concetti come karma e reincarnazione, meditazione
e cammino spirituale. Insieme con la tradizione dell’occultismo occidentale,
hanno origine, tra i teosofi, quasi tutti i presupposti del movimento ‘New
Age’, il loro aspetto essoterico in cui non esiste per niente una scissione tra
Occidente e Oriente” (…) . Nessuna civiltà precedente ha mai avuto l'
interesse, le risorse o la spinta interiore ad inglobare il mondo intero nel
proprio abbraccio intellettuale; a prendere il passo tremendo di rinunciare
alla propria tradizione religiosa e persino profanarla, nella ricerca di un
punto di vista più aperto e più razionale” (pp. 504-505)
.
Detto altrimenti: per l’"illuminismo teosofico", la stessa mano che
propinava il veleno (il razionalismo strumentale) doveva fornire l’antidoto (il
razionalismo spiritualistico).
Ovviamente, così non è stato.
E Godwin, Adorno e Horkheimer ci spiegano perché
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