Trasformismi
Il “Secolo d’Italia” tra Fini, Santoro, Vespa e Baudrillard
Sappiamo bene che è roba da addetti ai lavori. E poi qualche lettore penserà
“Che palle ‘sto Gambescia, ancora con Fini...”. L’osservazione è questa: oggi
che tutti i giornali aprono con il “terremoto Unicredit”, il “Secolo d’Italia”
che fa? Sbatte in prima Santoro, titolando: “Ed è subito emergenza ‘Anno zero”( http://www.secoloditalia.it/publisher/In%20Edicola/section/ ). Certo, perché “Michele
chi?” è il primo problema degli italiani: uno si alza all'alba con la
preoccupazione di non poter vedere Santoro alle ore ventuno...
Che vogliamo dire? Che Fini si è costruito un partitino su misura che vive
all’insegna del “cogito (televisivamente), ergo sum”. Anzi, dell' “Appaio
dunque sono”: proprio come le odiatissime veline berlusconiane. Detto
altrimenti: sotto il vestito niente. Senza ovviamente disdegnare la rissa. Si
pensi solo al botta e risposta estivo, quasi quotidiano - quando il “Secolo
d’Italia” era in vacanza con l’immaginario al sole - tra Feltri-Belpietro e le
truppe cammellate di “Fare Futuro” : roba, insulti compresi, da salottificio
televisivo. Dunque, non solo Santoro. Diciamo che i secolisti, brancolano
tuttora tra Vespa e Baudrillard.
Perciò il diuturno sforzo ( citazione demodè da Almirante…) di farsi riprendere
da “Repubblica” & Company, l’esserci (non heideggeriano, ma
rossiano-campiano) alle canoniche ore venti, non è un “genere letterario”,
coniato da qualche bizzarro avversario, ma la causa sui di un gruppetto
post-tutto di giornalisti con la foto incorniciata di Veltroni sulla scrivania.
Ma con trent’anni di ritardo. E per giunta solo per tirare la volata a un
burocrate di se stesso come Gianfranco Fini.
Concludendo, destra maggioritaria? No, immaginaria. E presto a spasso.
Carlo Gambescia
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