Discorso di Mirabello
Il cerino torna a Berlusconi
E
così il famigerato cerino è tornato in mano a Berlusconi, ma ora scotta. Come avevamo
previsto nel post di venerdì, l’intervento di Fini a Mirabello, al di là dei
toni, è stato sostanzialmente interlocutorio: “il PdL non esiste più”, ha
dichiarato, “ ma non ci sarà nessun ribaltone”. Fini (ri)propone un “patto di
legislatura tra Lega Pdl e FLI”. Tutto qui.
Pertanto la resa dei conti definitiva è di nuovo rinviata. Decisivo,
probabilmente, per il destino della legislatura, sarà il comportamento del FLI
in occasione del voto in Parlamento sui cinque punti programmatici. Ma ancora
più decisivo sarà l’atteggiamento definitivo verso i fliellini di un Berlusconi,
finora oscillante tra armistizio, campagna acquisti, guerra totale. Ma anche
quello di Fini, che insistiamo, non sembra intenzionato a rompere completamente
con il Cavaliere. E l’indecisione in politica, da qualunque fronte provenga,
non paga mai. O se viene pagata, è pagata da elettori e cittadini.
Tre osservazioni sul "comizio" del Presidente della Camera, perché di
"comizio", e per giunta in stile missino, si è trattato.
La prima, è che il discorso di Fini ha evidenziato il totale vuoto ideologico e
la confusione in cui versa la presunta “destra nuova”. Va notata soprattutto
l’assenza di qualsiasi puntualizzazione forte sulle questioni immigrati e
diritti civili, cavallo di battaglia di un pugno di farfuturisti, perché chi lo
ascoltava - un pubblico composto in larga parte di vecchi missini-aennini - non
avrebbe gradito. Altro che "destra nuova" senza la bava alla bocca,
come officia Campi ...
La seconda, è che proprio per la ragione di cui sopra (il pubblico, eccetera),
Fini ha tirato fuori dall’armadio la vecchia oratoria da comizio missino:
stessa retorica dei doveri e del vivere pericolosamente, stesso appello ai
pochi ma buoni, stesso disprezzo qualunquistico-fascista per la cosiddetta
partitocrazia, ora naturalmente incarnata da Berlusconi…
La terza, è che al di là dell’antiberlusconismo dietro il FLI non c’è
praticamente nulla, se non la pura e semplice fame di potere di Fini, dei suoi
nuovi colonnelli e degli ex quadri intermedi periferici di An, più o meno
giovani, rimasti fuori dalla ridistribuzione dei nuovi incarichi all' interno
del PdL…
Concludendo, la ricerca del potere in politica non guasta (anzi ne è
l'essenza), ma non quando rischia di ritorcersi, come in questo caso, contro
gli italiani che, piaccia o meno, hanno votato Berlusconi come Presidente del
Consiglio. Ma anche contro quelli che non lo hanno votato. Perché l'Italia in
questo momento ha bisogno di un governo stabile e non di campagne elettorali o
di un governo di terremotati della politica che magari vada da Rosy Bindi a
Gianfranco Fini.
Carlo Gambescia
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