L’anticapitalismo
e i suoi amici
In
Italia, media e politica ormai si occupano
di altre cose: tangenti, veline, cricche … E così quando in Francia nel febbraio 2009, dalle
ceneri della Lega comunista Rivoluzionaria, è nato il
Nouveau Parti Anticapitaliste ( Nuovo Partito Anticapitalista), nessuno se ne è accorto. Né ci
si è soffermati sul milione di voti
circa preso dal NPA all’europee dello
stesso anno. Si tratta di un partito popolato di ex comunisti, socialisti arrabbiati, femministe,
ecologisti e altri nemici giurati del riformismo, nonché votato
da elettori che credono nella favola, citiamo dalla carta fondativa, di ”un
socialisme du 21e siècle, démocratique, écologique et féministe” (http://www.npa2009.org/node/24 ).
Il buon Antonio Rosmini che non amava molto i partiti, perché - sosteneva - difendono solo la parte (il bene particolare) mai il tutto (il bene comune), se tornasse tra noi, non approverebbe sicuramente un partito orgoglioso, se non addirittura tronfio, di voler difendere “una parte” (gli anticapitalisti), contro il “tutto” (il capitalismo), che, piaccia o meno, pare essere gradito ai più.
Il buon Antonio Rosmini che non amava molto i partiti, perché - sosteneva - difendono solo la parte (il bene particolare) mai il tutto (il bene comune), se tornasse tra noi, non approverebbe sicuramente un partito orgoglioso, se non addirittura tronfio, di voler difendere “una parte” (gli anticapitalisti), contro il “tutto” (il capitalismo), che, piaccia o meno, pare essere gradito ai più.
Piccola
precisazione. Mai confondere il riformismo
con l’anticapitalismo. Dal momento che
il riformismo è un
tentativo “di reclamare dal governo
questa o quella legge necessaria agli operai”, per riportare le parole di
Lenin, a sua volta però nemico giurato di qualsiasi riforma sociale. Ciò vuol dire che il capitalismo
- e torniamo alla questione del “tutto”
- non può essere ricondotto solo alla famiglia
Agnelli, ma ai tanti, forse talvolta troppi, che sono giustamente convinti che un “socialisme du 21e siècle ”,
per parafrasare un fior di riformista
come Filippo Turati, sarebbe capace solo di moltiplicare per tre fame e miseria. Insomma, la stragrande maggioranza
delle persone (grosso modo, “il tutto”), vuole riforme non rivoluzioni: dà
torto a Lenin. Certo, per poi dividersi secondo le proprie preferenze
politiche, conservatrici o progressiste.
Detto in pillole: la famigerata “gggeeente”, ed è una specie di plebiscito quotidiano, accetta questo “sistema economico”, non è “anti”,
ma pro-capitalismo.
Del
resto come scriveva profeticamente Victor Hugo, ne I Miserabili,
“ a torto si è voluto fare della borghesia una classe. La borghesia è
semplicemente la parte soddisfatta del popolo. Il borghese è l’uomo seduto. Una
sedia non è una casta”. O detto altrimenti:
la società borghese-capitalistica, rispetto ad altre società
storiche, è mobile. Di qui la sua grandezza ( tutti
possono diventare borghesi), ma anche la
sua miseria ( tutti possono cessare di esserlo oppure non divenirlo mai).
Certo, una sfida. Ma unica nel suo
genere, e che perciò
va accettata.
Sulle
origini psicologiche dell’anticapitalismo circolano le tesi
più diverse: invidia sociale, risentimento, ambizioni frustrate. Resta
invece meno studiato l’anticapitalismo ideologico, tuttora vivace, come in Francia.
Va detto che esiste anche un anticapitalismo di origine terzomondista, si pensi al regime di Chávez che manda in brodo di giuggiole gli “anticapitalisti al caviale”. Non vogliamo qui però parlare di militari corpulenti, bensì delle varie forme in cui l’anticapitalismo ideologico si suddivide.
Va detto che esiste anche un anticapitalismo di origine terzomondista, si pensi al regime di Chávez che manda in brodo di giuggiole gli “anticapitalisti al caviale”. Non vogliamo qui però parlare di militari corpulenti, bensì delle varie forme in cui l’anticapitalismo ideologico si suddivide.
Innanzitutto,
va sottolineato che esistono due “grandi
famiglie” a destra come a sinistra.
L’anticapitalismo di destra, può essere reazionario e conservatore.
L’anticapitalismo di sinistra, marxista e anarchico. Vanno infine ricordate altre tre forme di anticapitalismo: cattolico, fascista e decrescista-ecologista. Riassumendo: due “famiglie”, sette tipologie.
Il comune denominatore è nel rifiuto della riduzione di ogni relazione umana a puro scambio economico: un economicismo a sfondo utilitaristico che viene imputato al capitalismo. Ovviamente, con alcune differenze di contenuti politici e sociali.
L’anticapitalismo di destra, può essere reazionario e conservatore.
L’anticapitalismo di sinistra, marxista e anarchico. Vanno infine ricordate altre tre forme di anticapitalismo: cattolico, fascista e decrescista-ecologista. Riassumendo: due “famiglie”, sette tipologie.
Il comune denominatore è nel rifiuto della riduzione di ogni relazione umana a puro scambio economico: un economicismo a sfondo utilitaristico che viene imputato al capitalismo. Ovviamente, con alcune differenze di contenuti politici e sociali.
L’anticapitalismo
reazionario oppone al capitalismo la società aristocratica ed eroica che
sacrifica agli dei della città; l’anticapitalismo conservatore celebra invece i
“sacri valori” del “Dio, Patria e Famiglia;
gli anticapitalismi marxista e anarchico, pur differendo nei mezzi
(organizzazione ferrea contro libero spontaneismo), condividono il fine: la società collettivista priva di
qualsiasi gerarchia; l’anticapitalismo cattolico punta sulla società organica
cristianamente ispirata; l’anticapitalismo fascista sulla società corporativa
imperniata sui bisogni dello stato-nazione o della comunità razziale (come nel
caso della variante interna nazionalsocialista); infine, l’anticapitalismo
decrescista-ecologista oppone al capitalismo la società della sobrietà e del
“piccolo e bello”.
Naturalmente, sul piano storico, fra i diversi anticapitalismi possono nascere alleanze più o meno temporanee. Ad esempio, l’ organicismo cattolico può condividere un tratto di strada con il corporativismo fascista, con il nazionalismo conservatore, con l’aristocraticismo reazionario. Come, a suo volta, l’anticapitalismo decrescista-ecologista, sulla base “del piccolo e bello”, può trovare punti di contatto con la visione libertaria di un anarchismo basato sullo sviluppo di micro-comunità solidali. Meno assimilabile per tutti gli schieramenti (dai reazionari agli anarchici) resta invece l’anticapitalismo marxista: la cui rigida teoria economica e sociale può essere manipolata solo da chi ne condivide, quasi come una fede, i presupposti “scientifici” e “dialettici”.
L’argomento forte del capitalismo è che il mercato crea e distribuisce ricchezza, mentre l’anticapitalismo finora ha prodotto e ridistribuito solo miseria.
In effetti, nonostante la meritata rinomanza negativa del neoliberismo e il fatto che la ricchezza capitalistica spesso sia distribuita in modo imperfetto (di qui però l’importanza del riformismo di cui sopra), rimane difficile, almeno per ora, provare il contrario. Del resto il pessimo funzionamento dell’ economia sovietica non depone certo a favore dei “nemici del capitale”
Naturalmente, sul piano storico, fra i diversi anticapitalismi possono nascere alleanze più o meno temporanee. Ad esempio, l’ organicismo cattolico può condividere un tratto di strada con il corporativismo fascista, con il nazionalismo conservatore, con l’aristocraticismo reazionario. Come, a suo volta, l’anticapitalismo decrescista-ecologista, sulla base “del piccolo e bello”, può trovare punti di contatto con la visione libertaria di un anarchismo basato sullo sviluppo di micro-comunità solidali. Meno assimilabile per tutti gli schieramenti (dai reazionari agli anarchici) resta invece l’anticapitalismo marxista: la cui rigida teoria economica e sociale può essere manipolata solo da chi ne condivide, quasi come una fede, i presupposti “scientifici” e “dialettici”.
L’argomento forte del capitalismo è che il mercato crea e distribuisce ricchezza, mentre l’anticapitalismo finora ha prodotto e ridistribuito solo miseria.
In effetti, nonostante la meritata rinomanza negativa del neoliberismo e il fatto che la ricchezza capitalistica spesso sia distribuita in modo imperfetto (di qui però l’importanza del riformismo di cui sopra), rimane difficile, almeno per ora, provare il contrario. Del resto il pessimo funzionamento dell’ economia sovietica non depone certo a favore dei “nemici del capitale”
E
così, nella minoranze anticapitaliste, l’
“impossibilità della prova” si è tramutata in odio inestinguibile. E di conseguenza,
in un’ incapacità di “produrre” pensiero
se non nei termini di pietose
recriminazioni, odiose scomuniche,
esplosioni di violenza frutto di pericolose illusioni. Magari, solo per aver creduto di scorgere, per l’ennesima volta, nel più lieve segnale economico, scambiando
così la nuvoletta per il temporale,
l’arrivo della “crisi finale”.
Siamo
perciò davanti a un atteggiamento privo di sano realismo politico, che spesso rischia di sconfinare nel ridicolo.
Facciamo
un esempio: come conciliare decrescita e pacifismo? Si sospende anche la
crescita dell’industria militare? E poi come ci si può difendere dai “non
decrescisti” armati fino ai denti?
Massì, di colpo tutti diventeranno mansueti come agnelli...
Battute a parte, se le cose stanno così, perché “aizzare le folle” contro “il sistema”, senza avere alcuna seria ricetta di ricambio.
Il che prova, purtroppo, che dove prolifera l’odio latita l’ immaginazione.
Certo, i “Tartari” un giorno arriveranno. Nessun sistema socio-economico può vivere in eterno. Ma per ora il contributo delle lunatic fringes anticapitaliste all’ edificazione di una futura società post-capitalista è nullo. Infatti, passato il tempo dei “distintivi” (comunisti e fascisti) che cosa resta? Solo le “chiacchiere” dei decrescisti. Poveri noi.
Massì, di colpo tutti diventeranno mansueti come agnelli...
Battute a parte, se le cose stanno così, perché “aizzare le folle” contro “il sistema”, senza avere alcuna seria ricetta di ricambio.
Il che prova, purtroppo, che dove prolifera l’odio latita l’ immaginazione.
Certo, i “Tartari” un giorno arriveranno. Nessun sistema socio-economico può vivere in eterno. Ma per ora il contributo delle lunatic fringes anticapitaliste all’ edificazione di una futura società post-capitalista è nullo. Infatti, passato il tempo dei “distintivi” (comunisti e fascisti) che cosa resta? Solo le “chiacchiere” dei decrescisti. Poveri noi.
Carlo Gambescia
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