di Teodoro Klitsche
de la Grange
Gli amici lettori sicuramente
ricorderanno il nostro intervento, piuttosto recente, sul rapporto tra
costituzione sostanziale e formale ( http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.it/2010/08/precisazioni-costituzione-formale.html): quasi un'invasione
di campo... Alla quale poniamo rimedio con la pubblicazione dell'ottimo e -
crediamo - dirimente contributo dell'amico Teodoro Klitsche de la Grange , avvocato, giurista,
direttore del trimestrale di cultura politica “Behemoth" (http://www.behemoth.it/ ).
Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della
cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009).
Buona lettura.
.
Carlo Gambescia
***
Caro Carlo,
non Ti devi meravigliare se da quando Berlusconi – o meglio i suo accoliti – contrappongono la “costituzione materiale” o la “costituzione sostanziale” a quella formale vigente, gli intellos di centrosinistra, dall’università agli asili – e anche altrove – si mettono a esorcizzare, sostenendo che questo è un artifizio o un raggiro del “Gran Ciarlatano”: una cosa inesistente o inventata da Berlusconi di sana pianta. Fanno sempre così.
Piuttosto e limitandomi alla costituzione materiale:
a) se li sentisse la buonanima di Costantino Mortati (costituzionalista e costituente) si rivolterebbe nella tomba: convinto (e giustamente) che il termine – non il concetto – l’aveva espresso, egli per primo, nel suo libro del 1940 La costituzione materiale.
In effetti Mortati, uomo di vasta cultura, sapeva bene che, nell’epoca moderna, ad avere formulato per primo il concetto (non il termine) di “costituzione materiale”, contrapponendolo a quella formale, era stato… non Berlusconi (di la da venire) né Gianni Letta, ma Ferdinand Lassalle nella nota conferenza “Über Verfassungswesen”, ove riconduceva la costituzione agli “effettivi rapporti di potere che sussistono in una data società” alla forza attiva “che determina le leggi e le istituzioni giuridiche”[1].
D’altra parte e a ben vedere concetti di costituzione del tutto irriducibili a quello di “costituzione formale” erano stati già formulati da Hegel, de Maistre, de Bonald, poi ripresi nel secolo scorso da Romano, Schmitt, Hauriou e molti altri che per economia di spazio non ricordo. Ma non è questo – che il “brevetto” non spetta a Berlusconi - la cosa più importante, in particolare nel momento attuale.
b) Come scriveva Mortati, riprendendolo da Lassalle, la costituzione materiale consiste essenzialmente nelle forze politiche e sociali che hanno voluto e sostengono l’assetto fondamentale di poteri delineato da quella formale in norme collocate “al sommo della gerarchia delle fonti”. E qua occorre una riflessione che dalle parti del centrosinistra non si fa.
La nostra costituzione fu votata da quasi il novanta per cento dei deputati alla Costituente.
Le successive elezioni politiche del 18/04/1948 diedero al complesso dei partiti ciellenisti (e che approvaronola Costituzione formale)
oltre il novanta per centro dei suffragi popolari. Con ciò la costituzione – e
quello che sarebbe stato poi l’arco costituzionale – otteneva un consenso
“bulgaro”. Si può dire quel che si vuole, che la costituzione delineasse un
governo debole, tendenzialmente consociativo e così via, ma non che non fosse
stata se non voluta, almeno così accettata dalla stragrande maggioranza degli
italiani.
La situazione costituzionale resta tale fino agli anni ’80, in cui si percepirono vistose crepe, per poi essere superata – come tutte le conseguenze di Yalta – dal crollo del comunismo e dell’Unione Sovietica (1991) seguito a brevissima distanza da quello dell’arco costituzionale, per mano (apparente) delle Procure. E così il sostrato reale che sosteneva la costituzione formale, cioè l’arco costituzionale, veniva meno. Divenivano extraparlamentari tutti i partiti laici, dai socialisti ai liberali, del già CLN; la democrazia cristiana, allo sbando, si spezzava in due tronconi, di modesta consistenza numerica; i comunisti – scissi anche loro – erano costretti a continui cambiamenti di nome, ormai impresentabile.
Diventavano forze maggioritarie – nel paese prima che in parlamento – soggetti politici o totalmente nuovi (Lega e Forza Italia), o dichiaratamente fuori dall’arco costituzionale ciellenista (MSI poi AN).
Sta di fatto che, indipendentemente dai meccanismi elettorali, dal1994 in poi i partiti che
si dichiararono eredi (di parte) dell’arco costituzionale, e cioè dell’insieme
di forze politiche che sostengono la costituzione formale, ottengono i suffragi
di una minoranza degli italiani, la maggioranza dei quali vota per altri
partiti, a quella costituzione (formale) estranei, e che dicono di voler
cambiare.
non Ti devi meravigliare se da quando Berlusconi – o meglio i suo accoliti – contrappongono la “costituzione materiale” o la “costituzione sostanziale” a quella formale vigente, gli intellos di centrosinistra, dall’università agli asili – e anche altrove – si mettono a esorcizzare, sostenendo che questo è un artifizio o un raggiro del “Gran Ciarlatano”: una cosa inesistente o inventata da Berlusconi di sana pianta. Fanno sempre così.
Piuttosto e limitandomi alla costituzione materiale:
a) se li sentisse la buonanima di Costantino Mortati (costituzionalista e costituente) si rivolterebbe nella tomba: convinto (e giustamente) che il termine – non il concetto – l’aveva espresso, egli per primo, nel suo libro del 1940 La costituzione materiale.
In effetti Mortati, uomo di vasta cultura, sapeva bene che, nell’epoca moderna, ad avere formulato per primo il concetto (non il termine) di “costituzione materiale”, contrapponendolo a quella formale, era stato… non Berlusconi (di la da venire) né Gianni Letta, ma Ferdinand Lassalle nella nota conferenza “Über Verfassungswesen”, ove riconduceva la costituzione agli “effettivi rapporti di potere che sussistono in una data società” alla forza attiva “che determina le leggi e le istituzioni giuridiche”[1].
D’altra parte e a ben vedere concetti di costituzione del tutto irriducibili a quello di “costituzione formale” erano stati già formulati da Hegel, de Maistre, de Bonald, poi ripresi nel secolo scorso da Romano, Schmitt, Hauriou e molti altri che per economia di spazio non ricordo. Ma non è questo – che il “brevetto” non spetta a Berlusconi - la cosa più importante, in particolare nel momento attuale.
b) Come scriveva Mortati, riprendendolo da Lassalle, la costituzione materiale consiste essenzialmente nelle forze politiche e sociali che hanno voluto e sostengono l’assetto fondamentale di poteri delineato da quella formale in norme collocate “al sommo della gerarchia delle fonti”. E qua occorre una riflessione che dalle parti del centrosinistra non si fa.
La nostra costituzione fu votata da quasi il novanta per cento dei deputati alla Costituente.
Le successive elezioni politiche del 18/04/1948 diedero al complesso dei partiti ciellenisti (e che approvarono
La situazione costituzionale resta tale fino agli anni ’80, in cui si percepirono vistose crepe, per poi essere superata – come tutte le conseguenze di Yalta – dal crollo del comunismo e dell’Unione Sovietica (1991) seguito a brevissima distanza da quello dell’arco costituzionale, per mano (apparente) delle Procure. E così il sostrato reale che sosteneva la costituzione formale, cioè l’arco costituzionale, veniva meno. Divenivano extraparlamentari tutti i partiti laici, dai socialisti ai liberali, del già CLN; la democrazia cristiana, allo sbando, si spezzava in due tronconi, di modesta consistenza numerica; i comunisti – scissi anche loro – erano costretti a continui cambiamenti di nome, ormai impresentabile.
Diventavano forze maggioritarie – nel paese prima che in parlamento – soggetti politici o totalmente nuovi (Lega e Forza Italia), o dichiaratamente fuori dall’arco costituzionale ciellenista (MSI poi AN).
Sta di fatto che, indipendentemente dai meccanismi elettorali, dal
Conclusione prima: da oltre 15 anni la costituzione
formale non ha il consenso della maggioranza degli italiani. La “costituzione
materiale” in atto è diversa da quella formale. Emerge in specie nelle leggi
elettorali, costituzionali per materia ma non per forma, approfittando che, per
modificarle, non occorre il procedimento di revisione costituzionale.
Conclusione seconda: abbiamo due costituzioni
e quel che ne risulta è una situazione di dualismo di potere che si protrae da
oltre quindici anni, con una maggioranza che si richiama alla realtà, alla
sostanza, ed una minoranza alla forma. Resta da capire quanto possa durare a
“vigere” una costituzione formale che non ha più una costituzione materiale
coerente e le “forze collettive” maggioritarie di supporto, e se in genere sia
giuridicamente e scientificamente corretto trascurare completamente il dato
reale – forza e consenso di un regime politico – rispetto a quello formale.
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Teodoro Klitsche de la
Grange
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[1] Ovviamente sintetizzo ai minimi termini la
tesi di Lassalle; per chi la voglia leggere per intero veda "Behemoth" n.
20, pp. 5-14, traduzione di Clemente Forte.
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Si pubblica qui di seguito, visto
l'interesse della questione, il commento di Cinghios e la replica di Teodoro
Klitsche de la Grange.
(C.G)
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Ciao a tutti,
il ragionamento fila via liscio e potrei
essere sostanzialmente d'accordo: la sinistra non si può attaccare ad un pezzo
di carta, la costituzione va fatta vivere. Però sulle conclusioni ho qualche
obiezione:perchè se da oltre 15 anni la Costituzione formale non ha il consenso della
maggioranza degli italiani, in oltre 15 non sono riusciti ad
"adeguare" anche il pezzo di carta? Ci hanno provato con la
bicamerale... e niente. Quando ci hanno provato con il referendum, la
(contro)riforma costituzionale è stata bocciata, non in maniera bulgara, ma
comunque con un chiaro 62% di NO. Certo sono stati proprio
"sfortunati"... in tutto il quindicennio il periodo di minimo storico
del centrodestra. Un saluto.
Cinghios
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Il lettore Cinghios ha notato l’unico dato
(apparentemente) in controtendenza alla tesi esposta nel mio articolo.
Tuttavia a ben vedere non è così rilevante. E per due ragioni: La prima che il quesito del referendum del 2006 era di approvare o meno la novella costituzionale del centrodestra. Ovvero: non era stato chiesto agli elettori se si “approvava” o menola
Costituzione del ’47, ma le modifiche alla stessa, per cui
quel NO era un dissenso rispetto alle modifiche (non entusiasmanti) e non
appare – se non per la probabile intenzione di gran parte dei votanti NO – come
un SI' “a prescindere” alla Costituzione del ’47.
Ancor più il dato “reale”. Se è vero che al referendum i suffragi per il NO sono stati 15.791.293, dato l’altissimo numero degli astenuti (dovuti in gran parte, probabilmente, allo scarso entusiasmo per una revisione relativamente importante, ma non certo decisiva) il NO ha riportato il 61,3% dei voti espressi che erano complessivamente pari al 52,30% degli elettori. Cioè a interpretare tutti i NO alle modifiche come un Sì alla Costituzione formale, l’esito anche di questo referendum conferma la mia tesi: il consenso alla Costituzione formale è affetto da anemia cronica da più di tre lustri: è stabile a circa un terzo dell’elettorato.
Tanto per fare un paragone col dato reale del 18/04/1948: i partiti ciellenisti conseguirono complessivamente oltre 24 milioni di voti su 26.264.452 votanti validi e su 29.117.270 elettori: cioè ottennero il consenso dell’80% del corpo elettorale e di oltre il 90% dei voti validi.
L’abissale divario tra questi risultati schiaccianti e perciò legittimanti e quelli anoressici delle elezioni (e del referendum) degli ultimi decenni confermano che la costituzione formale non gode del consenso degli italiani.
Quanto alla… sfortuna, per ragioni di spazio ci ritornerò un’altra volta.
Anticipo che: a) come dice don Abbondio, se uno il coraggio non ce l’ha non se lo può dare; b) come insegna Montesquieu il potere consiste di due facoltà: quella di deliberare (statuer) e quella di impedire (empécher). Spesso si riesce in una e non nell’altra.
Ringrazio il lettore Cinghios per l’attenzione e per avermi consentito di ritornare sul tema.
Tuttavia a ben vedere non è così rilevante. E per due ragioni: La prima che il quesito del referendum del 2006 era di approvare o meno la novella costituzionale del centrodestra. Ovvero: non era stato chiesto agli elettori se si “approvava” o meno
Ancor più il dato “reale”. Se è vero che al referendum i suffragi per il NO sono stati 15.791.293, dato l’altissimo numero degli astenuti (dovuti in gran parte, probabilmente, allo scarso entusiasmo per una revisione relativamente importante, ma non certo decisiva) il NO ha riportato il 61,3% dei voti espressi che erano complessivamente pari al 52,30% degli elettori. Cioè a interpretare tutti i NO alle modifiche come un Sì alla Costituzione formale, l’esito anche di questo referendum conferma la mia tesi: il consenso alla Costituzione formale è affetto da anemia cronica da più di tre lustri: è stabile a circa un terzo dell’elettorato.
Tanto per fare un paragone col dato reale del 18/04/1948: i partiti ciellenisti conseguirono complessivamente oltre 24 milioni di voti su 26.264.452 votanti validi e su 29.117.270 elettori: cioè ottennero il consenso dell’80% del corpo elettorale e di oltre il 90% dei voti validi.
L’abissale divario tra questi risultati schiaccianti e perciò legittimanti e quelli anoressici delle elezioni (e del referendum) degli ultimi decenni confermano che la costituzione formale non gode del consenso degli italiani.
Quanto alla… sfortuna, per ragioni di spazio ci ritornerò un’altra volta.
Anticipo che: a) come dice don Abbondio, se uno il coraggio non ce l’ha non se lo può dare; b) come insegna Montesquieu il potere consiste di due facoltà: quella di deliberare (statuer) e quella di impedire (empécher). Spesso si riesce in una e non nell’altra.
Ringrazio il lettore Cinghios per l’attenzione e per avermi consentito di ritornare sul tema.
Teodoro Klitsche de la Grange
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