mercoledì 8 settembre 2010

Disdetta Federmeccanica  
Democrazia in fabbrica? 
Sì, ma anche per la Fiom


Può entrare la democrazia in fabbrica? Un’impresa economica, a partire dalla discussione del contratto di lavoro con il sindacato, può essere gestita in modo democratico? Queste sono le domande che scaturiscono - sempre che si voglia alzare il tiro - dalla questione del "recesso" di Federmeccanica dal contratto nazionale. Ma che cosa è successo?

Secondo il consiglio direttivo di Federmeccanica resta “urgente una regolamentazione condivisa del sistema di rappresentanza, sulla cui necessità esiste generale consenso e disponibilità dichiarata dalle parti”. Per il presidente Pierluigi Ceccardi, tale regolamentazione è prevista dall’accordo interconfederale del 15 aprile 2009, non sottoscritto dalla Cgil”. A suo parere "vanno assolutamente cambiate le relazioni sindacali perché le aziende non sono più governabili: se cinque persone che scioperano fanno chiudere uno stabilimento di 500, questa non è democrazia, è prevaricazione”. Ovviamente la stoccata è per la Fiom. E non per gli altri sindacati confederali disposti al cambiamento.
In linea di principio il sindacato è l’unico strumento capace di garantire, allo stato attuale, i diritti dei lavoratori. Il che significa che la contrattazione tra imprese e sindacato è uno strumento di democrazia. Ma anche quando il sindacato è profondamente diviso, come in questo caso? Ad esempio, il segretario generale della Fiom, a proposito del recesso, parla di “una decisione grave e irresponsabile”. E’ uno strappo - osserva - alle regole democratiche del nostro Paese, in quanto si pensa di concordare con sindacati minoritari la cancellazione del contratto nazionale impedendo ai lavoratori metalmeccanici di poter decidere sul loro contratto”. Mentre per gli altri sindacati che hanno firmato un nuovo accordo con Fermeccanica il 15 ottobre 2009 (non sottoscritto dalla Fiom), invece non cambia nulla. “Abbiamo il nostro contratto rinnovato un anno fa”, ha dichiarato Rocco Palombella, segretario generale della Uilm. Aggiungendo che “la decisione è ininfluente, non modifica nessun tipo di orientamento e di percorso per quanto riguarda la mia organizzazione”. Secondo Giuseppe Farina, segretario generale della Fim Cisl, “il contratto del 2008 era già decaduto dal punto di vista formale e sostanziale e quindi non si tratta di alcuna novità”. Infine, Roberto di Maulo, segretario generale della Fismic, ritiene che “ Federmeccanica abbia fatto solo il passaggio obbligato, anche in rispetto degli accordi interconfederali”.
Difficile dire chi abbia ragione nel merito, ma se la situazione è questa perché non fare - attenzione parliamo di metodo non di contenuti (degli accordi) - un referendum generale per scoprire quanti lavoratori siano eventualmente d’accordo con la Fiom sullo “scippo” del contratto?
Qui però si apre un’altra questione. Quanto tempo porterebbe via una consultazione intersindacale del genere? I tempi della produzione, per giunta globalizzata, corrispondono ai tempi della democrazia? I conflitti intersindacali, come in questo caso, favoriscono la crescita della produttività, dalla quale dipende il futuro economico di imprenditori e maestranze? Democrazia sindacale deve essere sempre sinonimo di democrazia totalitaria (nel senso di un sindacato monolitico che voti ogni volta in modo compatto)?
Ecco, finalmente, alcuni interrogativi importanti sui quali confrontarsi. E con onestà.

Carlo  Gambescia

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