Disdetta Federmeccanica
Democrazia in fabbrica?
Sì, ma anche per la Fiom
Può entrare la democrazia in fabbrica?
Un’impresa economica, a partire dalla discussione del contratto di lavoro con
il sindacato, può essere gestita in modo democratico? Queste sono le domande
che scaturiscono - sempre che si voglia alzare il tiro - dalla questione del
"recesso" di Federmeccanica dal contratto nazionale. Ma che cosa è
successo?
Secondo il consiglio direttivo
di Federmeccanica resta “urgente una regolamentazione condivisa del sistema di
rappresentanza, sulla cui necessità esiste generale consenso e disponibilità
dichiarata dalle parti”. Per il presidente Pierluigi Ceccardi, tale
regolamentazione è prevista dall’accordo interconfederale del 15 aprile 2009,
non sottoscritto dalla Cgil”. A suo parere "vanno assolutamente cambiate
le relazioni sindacali perché le aziende non sono più governabili: se cinque
persone che scioperano fanno chiudere uno stabilimento di 500, questa non è
democrazia, è prevaricazione”. Ovviamente la stoccata è per la Fiom. E non per gli altri
sindacati confederali disposti al cambiamento.
In linea di principio il sindacato è l’unico strumento capace di garantire,
allo stato attuale, i diritti dei lavoratori. Il che significa che la
contrattazione tra imprese e sindacato è uno strumento di democrazia. Ma anche
quando il sindacato è profondamente diviso, come in questo caso? Ad esempio, il
segretario generale della Fiom, a proposito del recesso, parla di “una
decisione grave e irresponsabile”. E’ uno strappo - osserva - alle regole democratiche
del nostro Paese, in quanto si pensa di concordare con sindacati minoritari la
cancellazione del contratto nazionale impedendo ai lavoratori metalmeccanici di
poter decidere sul loro contratto”. Mentre per gli altri sindacati che hanno
firmato un nuovo accordo con Fermeccanica il 15 ottobre 2009 (non sottoscritto
dalla Fiom), invece non cambia nulla. “Abbiamo il nostro contratto rinnovato un
anno fa”, ha dichiarato Rocco Palombella, segretario generale della Uilm.
Aggiungendo che “la decisione è ininfluente, non modifica nessun tipo di
orientamento e di percorso per quanto riguarda la mia organizzazione”. Secondo
Giuseppe Farina, segretario generale della Fim Cisl, “il contratto del 2008 era
già decaduto dal punto di vista formale e sostanziale e quindi non si tratta di
alcuna novità”. Infine, Roberto di Maulo, segretario generale della Fismic,
ritiene che “ Federmeccanica abbia fatto solo il passaggio obbligato, anche in
rispetto degli accordi interconfederali”.
Difficile dire chi abbia ragione nel merito, ma se la situazione è questa
perché non fare - attenzione parliamo di metodo non di contenuti (degli
accordi) - un referendum generale per scoprire quanti lavoratori siano
eventualmente d’accordo con la
Fiom sullo “scippo” del contratto?
Qui però si apre un’altra questione. Quanto tempo porterebbe via una
consultazione intersindacale del genere? I tempi della produzione, per giunta
globalizzata, corrispondono ai tempi della democrazia? I conflitti
intersindacali, come in questo caso, favoriscono la crescita della
produttività, dalla quale dipende il futuro economico di imprenditori e
maestranze? Democrazia sindacale deve essere sempre sinonimo di democrazia
totalitaria (nel senso di un sindacato monolitico che voti ogni volta in modo
compatto)?
Ecco, finalmente, alcuni interrogativi importanti sui quali confrontarsi. E con
onestà.
Carlo Gambescia
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