Il libro della settimana: Carl Schmitt, Cattolicesimo romano e forma politica , il Mulino, Bologna 2010, pp. 96, euro 10,00 .
https://www.mulino.it/isbn/9788815134080 |
Diciamo la verità, è sempre malinconico
scorgere la figuretta del nano appollaiato sulla spalla del gigante. Perché il
gigante, neppure se ne accorge del sovrappeso, mentre il nanetto si gode, anche
troppo, il suo minuto di “alta visibilità”… Ed è quello che abbiamo pensato
leggendo la postfazione di Carlo Galli, alla comunque opportuna ripubblicazione
di Cattolicesimo romano e forma politica
, scritto dal “gigante” Carl Schmitt nel 1923 (il Mulino, Bologna 2010, pp. 96,
euro 10,00).
Non condividiamo nulla dell’interpretazione veicolata dal professore bolognese:
un Carl Schmitt, nazista non per caso; antisemita mai pentito; opportunista
sempre; profeta, ma fuori tempo, di un mondo svanito. Un pensiero, insomma, al
massimo buono per elucubrazioni filosofiche ad alto tasso decostruttivo, in
stile nichilistico-narcisistico, come appunto quelle di Galli.
Pertanto consigliamo ai lettori di ignorare la postfazione e concentrarsi
invece sul testo. Cattolicesimo romano e
forma politica - sorvolando su suoi aspetti biografici e critici (
ormai ghiotto boccone, per dirla con Sciascia, solo per i “professionisti di
Schmitt…) - è di un’attualità sconcertante. E può essere utilissimo per capire
la intrigante longevità “sociologica” della Chiesa. Ma anche per comprendere la
sua infinita capacità di reazione a sfide che va affrontando da duemila anni. E
il più delle volte in modo vincente grazie, appunto, al suo essere complexio oppositorum .
Schmitt, infatti, chiarisce in modo esemplare l’essenza “metapolitica” della
Chiesa:
.
“Considerata dal punto di vista dell’idea
politica del cattolicesimo, l’essenza di questa complexio oppositorum romano-cattolica consiste in una
specifica superiorità formale nei confronti della materia della vita umana,
quale finora nessun impero ha conosciuto. In questo caso ad una formazione
sostanziale della realtà storica e sociale è riuscito - nonostante il suo
carattere formale - di rimanere dentro l’esistenza concreta, di essere piena di
vita e tuttavia razionale nel grado più alto. Questa peculiarità formale del
cattolicesimo romano si basa sulla rigorosa attuazione del principio di
rappresentazione”.
.
Ma di quale “rappresentazione si parla?
.
“La Chiesa è la concreta rappresentazione personale
di una personalità concreta. Tutti quelli che l’hanno conosciuta hanno sempre
ammesso che è la depositaria, in grande stile, dello spirito giuridico, e la
vera erede della giurisprudenza romana. Nella sua capacità di forma giuridica
sta uno dei suoi segreti sociologici. Ma la forza di attuare questa forma, come
ogni altra, la Chiesa
la possiede solo in quanto ha la forza della rappresentazione. La Chiesa rappresenta la civitas humana, rappresenta in ogni
attimo il rapporto storico con l’incarnazione e con il sacrificio in croce di
Cristo, rappresenta Cristo stesso in forma personale, il Dio che si è fatto
uomo nella realtà storica. Nel rappresentare, sta la sua superiorità su di un’epoca
di pensiero economico” .
.
Ora, come lascia intuire
Schmitt, che i suoi avversari la combattano come portatrice di superate
superstizioni, non è importante, mentre resta fondamentale il fatto che la Chiesa , nonostante tutto,
mostri di essere capace - oggi qualcuno potrebbe dire per Dna… - di incarnare
“strutturalmente”, forma (idea) e rappresentazione (esistenza). Il che, se ci
si passa l’espressione, le conferisce una “marcia in più” rispetto alle altre
istituzioni sociali e politiche, spiegandone pure la longevità.
E’, ovvio, che a chiunque ami passeggiare troppo fra le rovine, come Carlo
Galli, qualsiasi attribuzione di sovranità sociologica e politologica (in una
parola metapolitica) alla Chiesa Cattolica, possa non piacere. Ma l’ elemento
di forza del libro di Schmitt - e di riflesso del cattolicesimo romano - è
proprio nel mostrare tutta la misteriosa e sovrana potenza sociale racchiusa
nel collegamento strutturale tra forma e realtà. Che il teologo, non può non
rinviare a un piano ultraterreno, molto lontano. Sul quale però Schmitt non si
pronuncia.
Il che però impone di non meravigliarsi quando il Vicario di Cristo, come è
capitato, chiede scusa per i passati errori della Chiesa. Quando si viene da
lontano e soprattutto quando si è assolutamente consapevoli di venire da
lontano: forma (Croce) ed esistenza (Perdono) non possono non coincidere
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