A proposito del fascismo
di Ezra
Pound
.
Se vi
fosse sfuggita, ecco un’occasione per leggerla tutta d’un fiato. Di cosa
parliamo? Ma dell’intervista al “Corriere della Sera” di Mary de Rachewiltz,
figlia di Ezra Pound, “l’Omero americano del Novecento”. Lei stessa raffinata
traduttrice, studiosa di letteratura e poesia, oltre che appassionata legataria
del pensiero e dell’opera paterne. http://www.corriere.it/cultura/10_aprile_01/ezra-pound-breda_6e7fa504-3d54-11df-9bd9-00144f02aabe.shtml ().
All'
Ezra Pound ammiratore di Mussolini, come è noto, si richiama apertamente la
destra neofascista. Ma secondo la figlia ( stando almeno a quel che riporta
l’intervistatore Marzio Breda):
«Questo
è un altro modo di mettere Pound in una gabbia, com'era quella del Disciplinary
training center di Pisa dove fu segregato, la Guantanamo del 1945. Un
danno enorme, perché nasce da una distorsione del significato del suo lavoro e
rischia di comprometterne ancora un pieno riconoscimento critico. Un abuso,
perché così lo si relega in una dimensione ambigua che va oltre il reazionario,
verso una cifra regressiva. E perché lo si indica, a ragazzi dalle menti
confuse, come un profeta tanto più affascinante in quanto pericoloso e
proibito». Per l'erede del poeta, insomma, «non si può restare sul
diplomatico», nel giudicare coloro che pretendono d'essere i «nipotini di
Pound». L'hanno elevato a oggetto di un culto a sfondo quasi mistico-esoterico.
E l'hanno inserito tra gli antenati ideali rievocando a mo' di slogan alcune
sue frasi «più o meno fiammeggianti pescate qua e là senza logica» dalla stagione
in cui sostenne Mussolini. Che «per mio padre fu un momento di frattura molto
complesso (…). A lui interessava l'etica più che la politica, e di Mussolini
diceva che avrebbe voluto educarlo e che era stato distrutto per non aver
seguito i dettami di Confucio» (…). Essendo parte in causa, per lei dovrebbero
essere gli anglisti che hanno a cuore la memoria di Pound a «battersi contro
certe indebite appropriazioni».
Non
parleremmo però di “indebite appropriazioni", Pound fu fascista, certo in
modo originale, ma lo fu. Inutile negarlo. E un dettaglio, magari folcloristico
ma non privo di importanza, resta quello del suo saluto romano all’arrivo in
Italia, di ritorno dalla prigionia americana.
Ma Pound fu soprattutto un grande poeta. Probabilmente il massimo del
Novecento. Difficile da leggere, ricco di chiavi e cifre che una volta scoperte
lasciano il segno, toccando vette metastoriche, in una parola universali.
Mutano infatti le generazioni, ma si continua a leggere la sua poesia. E di
regola, prescindendo dal suo credo politico.
Il fascismo entre-deux-guerres
- sia detto con il massimo rispetto - è un fatto storicamente transeunte, la
poesia, soprattutto quella grande, no. Perché evoca l’ eterno insito nell’
uomo. E Pound, ripetiamo, resta un grande poeta che continuerà a parlare al
mondo nei secoli futuri. Come Omero e Dante.
Probabilmente perciò ha ragione Mary de Rachewiltz: se Ezra Pound fu fascista -
fascista soprattutto mussoliniano - lo fu per caso, incidentalmente. Certo, con
la coerenza che gli era caratteriale. Ma la coerenza è la forma assoluta che
trascende contenuti, sempre epocalmente "relativizzabili". Figurarsi
per un poeta, ripetiamo, capace più di altri di parlare all'eterno racchiuso
nell'uomo.
Però, dal momento che la grande poesia parla
a tutti, non può non parlare anche ai fascisti. Perché scandalizzarsi?
L'importante è non accettare che la lettura neofascista di Pound - o comunque
una lettura politicamente militante - sia l'unica degna di questa nome. O
addirittura quella autentica. Tutto qui.
Carlo Gambescia
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