Destra
e sinistra, piano con i necrologi...
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Ma la “dicotomia” destra/sinistra che fine
ha fatto? E’ scomparsa o vive e lotta insieme a noi? In realtà, dopo due secoli
di “coccodrilli” chiusi nei cassetti di storici, ideologi e giornalisti
(evitando di tirare in ballo i fissati che tuttora collocano gli Indoeuropei a
destra e tutti gli altri sinistra…), sembra invece godere discreta salute,
nonostante qualche piccolo acciacco.
Ma quel che dà più fastidio è la superficialità di giudizio. Ci spieghiamo
subito.
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Sogni e realtà
Capita spesso di leggere che le categorie di
destra e sinistra “vanno” superate. Oppure che “sono” in fase di superamento.
Al tempo, delle due l’una. Perché le due tesi (“vanno” e “sono”) indicano
approcci completamente diversi. Intanto, asserire che le categorie di destra e
sinistra “vanno” superate significa esprimere una posizione morale: come una
certa realtà deve essere. Semplificando: significa attribuire a un desiderio
morale (che destra e sinistra spariscano…) un valore di verità in cui tutti
“devono” credere… Mentre sostenere che la dicotomia “è” in fase di superamento,
vuol dire che i fatti confermano fotograficamente: come una certa realtà è .
Per farla breve: significa assegnare alla
realtà ( che destra e sinistra stanno sparendo…) un valore di prova del
desiderio di cui sopra. Il punto è che non tutti sono d’accordo sul valore di
quella prova, o meglio di quella fotografia: per alcuni è un fotomontaggio, per
altri è stata scattata dalla distanza sbagliata, eccetera…
Di più: spesso i due approcci - che per comodità definiamo, “moralistico” (come
la realtà deve essere) e “fotografico” (come la realtà è, o meglio come si
presuppone che sia) - vengono mescolati insieme, generando così altra
confusione. Ma allora come stanno le cose?
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La "fotografia totalitaria"
Storicamente, la tesi “moralista” del superamento
della dicotomia destra/sinistra resta il cavallo di battaglia delle correnti
anti-democratiche ma anche di quelle democratiche, soprattutto se critiche
della democrazia rappresentativa e favorevoli alla democrazia diretta. Nel
Novecento però hanno avuto la meglio i “fotografi” del manganello: ossia i
fascismi, che sulla base della soppressione di fatto di ogni distinzione tra
destra e sinistra, hanno imposto una “fotografia” di ordine totalitario. Il che
significa che finora la tesi del superamento destra/sinistra è sfociata
nell’anti-democrazia.
Ovviamente, oggi, quella “fotografia totalitaria” viene utilizzata dai
sostenitori della democrazia rappresentativa, come argomento difensivo contro
chiunque provi a rilanciare il “né destra né sinistra”. E in particolare contro
i movimenti neo-populisti che spesso inveiscono contro tutto e tutti. Ma i
fatti sociali confermano che sia comunque in corso un qualche superamento della
dicotomia destra/sinistra?E’ molto difficile rispondere.
In genere, e da posizioni tipo "né
destra né sinistra", si cerca di comprovare la tesi del superamento in
atto, puntando sull’avvenuto passaggio degli elettori di estrazione operaia da
sinistra a destra... Il che poteva essere valido fino agli anni Ottanta del
Novecento ( si pensi ai famigerati operai comunisti francesi che votarono nel
1984-1988 per Le Pen…). Ma oggi? A tanti anni dalla caduta del Muro? Si può
parlare ancora di passaggio dalla sinistra comunista alla destra neo-fascista?
O viceversa? Dove sono gli schieramenti contrapposti e ideologizzati? In Europa
neo-comunisti e neo-fascisti hanno una rappresentanza elettorale così ridotta
da rendere improbabile una prospettiva sociologica del genere.
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I veri desideri della gente
Temiamo invece che il sempre annunciato
superamento destra/sinistra abbia preso un’altra direzione. Quale? Quella della
conferma dell’ordine esistente. Infatti, i programmi politici, dei partiti
conservatori e progressisti sono praticamente identici. Si tratta perciò di un
processo di “omogeneizzazione” che rendendo la politica più light , consolida l’attuale sistema
socio-economico. Del resto l’ “elettore medio” - che in genere appartiene al
già numeroso e “pacioccone” ceto medio - chiede non voli pindarici ma sicurezza
e consumi. E i partiti tradizionali, pur di rimanere al potere, si adeguano.
Certo, restano sempre le questioni del crescente astensionismo e del
neo-populismo. Ma possono essere viste come prova di una seria e diffusa
volontà sociale di andare oltre la destra e la sinistra? No.
L’astensionismo indica un fenomeno a metà
strada tra l’indifferenza e la protesta. Quindi si tratta di un atteggiamento
difficilmente valutabile. Al quale però non ne corrisponde uno analogo anche
nel campo dei consumi. Cosa vogliamo dire? Che chi non vota esprime il suo
consenso in altro modo. E come? Vota sì al sistema ogni volta che entra in un
ipermercato. Altro che fare le barricate…
Quanto al neo-populismo, che in alcune frange politiche rivela una volontà di
andare oltre gli schieramenti esistenti, va detto che resta un fenomeno
piuttosto ridotto in termini quantitativi. Inoltre non va dimenticato che il
termine neo-populismo è stato creato ad arte dagli avversari di sinistra per
screditare questi movimenti. I quali, di riflesso, tendono a “perbenizzarsi” alleandosi
con i partiti di centrodestra. E qui si pensi alla sorte della Lega, rifluita
nell’alveo della normale dialettica politica destra/sinistra.
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Tra il dire e il fare...
Pertanto la tesi del superamento in corso
non sembra comprovata. Anche perché certo linguaggio neo-populista che spesso
viene indicato come prova di abbandono della dicotomia, non è altro che un
atteggiamento di tipo romantico ad uso più dei militanti che degli elettori.
Perciò come fenomeno politico di massa il superamento “rivoluzionario” della
dicotomia destra/sinistra non si è ancora materializzato. E qui basti ricordare
come invece fascismo e nazionalsocialismo, che intendevano davvero andare
“oltre” , non si limitarono a giocare solo con le parole.
Altra cosa invece è discutere, sul piano
“morale”, della auspicabilità o meno del superamento della dicotomia
destra/sinistra. Si tratta di un atteggiamento perfettamente lecito. Ma che
implica non l’uso di slogan ma il serio confronto su alcuni problemi. Ad
esempio, come organizzare democraticamente la rappresentanza delle opinioni e
delle scelte politiche in un quadro istituzionale privo dei partiti
tradizionali? E l’economia? Come gestirla, visto il nesso esistente tra libero
mercato e democrazia rappresentativa? E la libertà di pensiero e parola? Che
fare, su questo piano, di quelle posizioni esistenziali, morali e filosofiche
che rinviano al tradizionalismo e al modernismo?
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Conclusioni
In realtà, benché alcuni ritengano
“moralmente” sorpassata la dicotomia destra/sinistra nei termini di quel “deve”
cui accennavamo all’inizio, resta un fatto importante. Quale? Che all’interno
di qualsiasi gruppo sociale tendono sempre a riproporsi “psicologicamente” le
divisioni tra coloro che difendono lo status
quo e quelli che vogliono cambiarlo. E infine tra questi ultimi e
quelli che aspirano al ritorno allo status
quo ante… Nell’ ordine: conservatori, progressisti e reazionari.
Quindi discutiamo pure di fine della dicotomia, ma "con juicio"…
Invece quel che va evitato è proiettare i nostri desideri su una realtà sociale
non ancora pronta. O addirittura su posizioni quietiste o “centriste”:
composta di gente che vuole il cambiamento senza però perdere i vantaggi e le
opportunità offerte dal sistema; persone, come notò Leo Longanesi, che vogliono
fare la rivoluzione col permesso dei carabinieri.
E quante ce ne sono ancora in giro.
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Carlo Gambescia
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