mercoledì 14 aprile 2010


Destra e sinistra, piano con i necrologi...

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Ma la “dicotomia” destra/sinistra che fine ha fatto? E’ scomparsa o vive e lotta insieme a noi? In realtà, dopo due secoli di “coccodrilli” chiusi nei cassetti di storici, ideologi e giornalisti (evitando di tirare in ballo i fissati che tuttora collocano gli Indoeuropei a destra e tutti gli altri sinistra…), sembra invece godere discreta salute, nonostante qualche piccolo acciacco.
Ma quel che dà più fastidio è la superficialità di giudizio. Ci spieghiamo subito.

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Sogni e realtà
Capita spesso di leggere che le categorie di destra e sinistra “vanno” superate. Oppure che “sono” in fase di superamento.
Al tempo, delle due l’una. Perché le due tesi (“vanno” e “sono”) indicano approcci completamente diversi. Intanto, asserire che le categorie di destra e sinistra “vanno” superate significa esprimere una posizione morale: come una certa realtà deve essere. Semplificando: significa attribuire a un desiderio morale (che destra e sinistra spariscano…) un valore di verità in cui tutti “devono” credere… Mentre sostenere che la dicotomia “è” in fase di superamento, vuol dire che i fatti confermano fotograficamente: come una certa realtà è .

Per farla breve: significa assegnare alla realtà ( che destra e sinistra stanno sparendo…) un valore di prova del desiderio di cui sopra. Il punto è che non tutti sono d’accordo sul valore di quella prova, o meglio di quella fotografia: per alcuni è un fotomontaggio, per altri è stata scattata dalla distanza sbagliata, eccetera…
Di più: spesso i due approcci - che per comodità definiamo, “moralistico” (come la realtà deve essere) e “fotografico” (come la realtà è, o meglio come si presuppone che sia) - vengono mescolati insieme, generando così altra confusione. Ma allora come stanno le cose?

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La "fotografia totalitaria"
Storicamente, la tesi “moralista” del superamento della dicotomia destra/sinistra resta il cavallo di battaglia delle correnti anti-democratiche ma anche di quelle democratiche, soprattutto se critiche della democrazia rappresentativa e favorevoli alla democrazia diretta. Nel Novecento però hanno avuto la meglio i “fotografi” del manganello: ossia i fascismi, che sulla base della soppressione di fatto di ogni distinzione tra destra e sinistra, hanno imposto una “fotografia” di ordine totalitario. Il che significa che finora la tesi del superamento destra/sinistra è sfociata nell’anti-democrazia.
Ovviamente, oggi, quella “fotografia totalitaria” viene utilizzata dai sostenitori della democrazia rappresentativa, come argomento difensivo contro chiunque provi a rilanciare il “né destra né sinistra”. E in particolare contro i movimenti neo-populisti che spesso inveiscono contro tutto e tutti. Ma i fatti sociali confermano che sia comunque in corso un qualche superamento della dicotomia destra/sinistra?E’ molto difficile rispondere.

In genere, e da posizioni tipo "né destra né sinistra", si cerca di comprovare la tesi del superamento in atto, puntando sull’avvenuto passaggio degli elettori di estrazione operaia da sinistra a destra... Il che poteva essere valido fino agli anni Ottanta del Novecento ( si pensi ai famigerati operai comunisti francesi che votarono nel 1984-1988 per Le Pen…). Ma oggi? A tanti anni dalla caduta del Muro? Si può parlare ancora di passaggio dalla sinistra comunista alla destra neo-fascista? O viceversa? Dove sono gli schieramenti contrapposti e ideologizzati? In Europa neo-comunisti e neo-fascisti hanno una rappresentanza elettorale così ridotta da rendere improbabile una prospettiva sociologica del genere.
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I veri desideri della gente
Temiamo invece che il sempre annunciato superamento destra/sinistra abbia preso un’altra direzione. Quale? Quella della conferma dell’ordine esistente. Infatti, i programmi politici, dei partiti conservatori e progressisti sono praticamente identici. Si tratta perciò di un processo di “omogeneizzazione” che rendendo la politica più light , consolida l’attuale sistema socio-economico. Del resto l’ “elettore medio” - che in genere appartiene al già numeroso e “pacioccone” ceto medio - chiede non voli pindarici ma sicurezza e consumi. E i partiti tradizionali, pur di rimanere al potere, si adeguano. Certo, restano sempre le questioni del crescente astensionismo e del neo-populismo. Ma possono essere viste come prova di una seria e diffusa volontà sociale di andare oltre la destra e la sinistra? No.
L’astensionismo indica un fenomeno a metà strada tra l’indifferenza e la protesta. Quindi si tratta di un atteggiamento difficilmente valutabile. Al quale però non ne corrisponde uno analogo anche nel campo dei consumi. Cosa vogliamo dire? Che chi non vota esprime il suo consenso in altro modo. E come? Vota sì al sistema ogni volta che entra in un ipermercato. Altro che fare le barricate…
Quanto al neo-populismo, che in alcune frange politiche rivela una volontà di andare oltre gli schieramenti esistenti, va detto che resta un fenomeno piuttosto ridotto in termini quantitativi. Inoltre non va dimenticato che il termine neo-populismo è stato creato ad arte dagli avversari di sinistra per screditare questi movimenti. I quali, di riflesso, tendono a “perbenizzarsi” alleandosi con i partiti di centrodestra. E qui si pensi alla sorte della Lega, rifluita nell’alveo della normale dialettica politica destra/sinistra.

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Tra il dire e il fare...
Pertanto la tesi del superamento in corso non sembra comprovata. Anche perché certo linguaggio neo-populista che spesso viene indicato come prova di abbandono della dicotomia, non è altro che un atteggiamento di tipo romantico ad uso più dei militanti che degli elettori. Perciò come fenomeno politico di massa il superamento “rivoluzionario” della dicotomia destra/sinistra non si è ancora materializzato. E qui basti ricordare come invece fascismo e nazionalsocialismo, che intendevano davvero andare “oltre” , non si limitarono a giocare solo con le parole.
Altra cosa invece è discutere, sul piano “morale”, della auspicabilità o meno del superamento della dicotomia destra/sinistra. Si tratta di un atteggiamento perfettamente lecito. Ma che implica non l’uso di slogan ma il serio confronto su alcuni problemi. Ad esempio, come organizzare democraticamente la rappresentanza delle opinioni e delle scelte politiche in un quadro istituzionale privo dei partiti tradizionali? E l’economia? Come gestirla, visto il nesso esistente tra libero mercato e democrazia rappresentativa? E la libertà di pensiero e parola? Che fare, su questo piano, di quelle posizioni esistenziali, morali e filosofiche che rinviano al tradizionalismo e al modernismo?
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Conclusioni
In realtà, benché alcuni ritengano “moralmente” sorpassata la dicotomia destra/sinistra nei termini di quel “deve” cui accennavamo all’inizio, resta un fatto importante. Quale? Che all’interno di qualsiasi gruppo sociale tendono sempre a riproporsi “psicologicamente” le divisioni tra coloro che difendono lo status quo e quelli che vogliono cambiarlo. E infine tra questi ultimi e quelli che aspirano al ritorno allo status quo ante… Nell’ ordine: conservatori, progressisti e reazionari. Quindi discutiamo pure di fine della dicotomia, ma "con juicio"…
Invece quel che va evitato è proiettare i nostri desideri su una realtà sociale non ancora pronta.  O addirittura  su posizioni quietiste o “centriste”: composta di gente che vuole il cambiamento senza però perdere i vantaggi e le opportunità offerte dal sistema; persone, come notò Leo Longanesi, che vogliono fare la rivoluzione col permesso dei carabinieri.
E quante ce ne sono ancora in giro.

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Carlo Gambescia

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