Profili/27
Pitirim A. Sorokin
La biografia di Pitirim Aleksandrovič Sorokin (1889-1968) sociologo russo-americano,
meriterebbe una fiction televisiva. Infatti, oltre a rappresentare uno
straordinario caso di mobilità professionale, Sorokin ha per tutta la sua vita
suscitato intorno a sé un groviglio leggendario di polemiche e passioni
politiche, teoriche, metodologiche... Probabilmente perché la sua opera
costituiva, e costiuisce ancora oggi, il primo e insuperato tentativo di
costruire una sociologia "totale", capace di coniugare approcci
differenti se non opposti - filosofia della storia , teoria della cultura,
metodi statistici - e al tempo stesso attirare le critiche dei cosiddetti
specialisti.
Sorokin nasce nella Russia Settentrionale (1889), nella
regione Komi del Vologda. Orfano di madre, figlio di un doratore itinerante di
icone, subito si distingue per la sua intelligenza. Compie i primi studi presso
un istituto religioso ( 1903), che abbandona per dedicarsi alla politica come
militante socialrivoluzionario (1905-1906). Ma viene arrestato. Uscito di
prigione, si reca a Pietroburgo per riprendere gli studi (1907). Nel frattempo
svolge i mestieri più diversi. Si iscrive alla Facoltà di Legge (1910), ma non
abbandona la sua attività politica, e viene di nuovo arrestato altre due volte.
Rimesso in libertà, si laurea (1914). La rivoluzione lo trova schierato sempre
dalla parte socialrivoluzionari. Viene imprigionato più volte dai comunisti,
rischia la fucilazione, per le sue "attività sovversive", all'interno
dell'Università di Pietroburgo, dove insegna e ricopre l'incarico di preside
dell'istituendo dipartimento di sociologia. Nel 1922 viene espulso e nel 1923 approda
negli Sati Uniti. Insegna sociologia all'Università del Minnesota (1924-1930),
per poi passare all'Università di Harvard (1930), dove gli viene affidato
l'incarico di organizzare il Dipartimento di Sociologia. E dove resterà sino
alla fine della carriera accademica (1959). Nel 1949 fonda l'Harvard Research
Center in Creative Altruism. Nel 1963 viene nominato, e con grande ritardo,
presidente dell'Associazione Americana di Sociologia (ASA). Muore di cancro nel
1968.
La fama di Sorokin, autore di una trentina di libri in
russo e americano, è soprattutto legata a Social and Cultural Dynamics
(1937-1941, 4 volumi, circa tremilacinquecento pagine, trad. it. dell'edizione
ridotta, Utet, Torino 1975 - www.utet.it). Un
libro che rappresenta la più sistematica critica all'idea di progresso, mai
tentata, nell' intera storia della sociologia. Sorokin ricostruisce la storia
della cultura occidentale, sulla base di alcune personalissime tipologie di
mentalità socioculturale, come periodico alternarsi di ideazionalismo (il
pensiero religioso), sensismo (il pensiero materialistico) e idealismo (una
sintesi delle forme precedenti). In buona sostanza, per Sorokin, il pensiero
umano fluttua tra la celebrazione dello spirito e il culto della materia. Nella
storia, malgrado le apparenze, non è dato progresso, ma solo fluttuazione di
forme di pensiero (e dunque di società storiche, che ne riverberano
"istituzionalmente" le idee) caratterizzate dalla
"propensione" verso i beni ultraterreni o terreni. Come nel caso del
XX secolo, epoca sensista per eccellenza, e soprattutto, secondo Sorokin,
sull'orlo del precipizio storico.
Le sue tesi corroborate da una massa spaventosa di dati
statistici, gli provocarono attacchi da tutte le parti, da sinistra come da
destra. Il suoi studi sull'altruismo, da lui visto come forza sociologica
positiva, e dunque in grado di aiutare il trapasso - per Sorokin più che certo
- dalla società sensistica del XX secolo a quella altruistica e idealistica dei
secoli successivi, furono ridicolizzati... E negli anni Cinquanta il suo
ostentato pacifismo, attirò l'interesse della Polizia Federale (FBI).
Dopo essere stato perseguitato in Russia, Sorokin,
rischiò perciò di essere perseguitato in America. Le indagini federali tuttavia
non ebbero seguito, perché, tra l'altro, Sorokin era anche inviso ai pochi
comunisti americani. Ma negli anni Quaranta e Cinquanta fu comunque emarginato
dalla comunità sociologica americana, che aveva scelto Parsons come proprio
mentore.
Troppo lungo sarebbe qui ricordare tutte le sue
pubblicazioni. Si consiglia perciò la lettura di Pitirim A. Sorokin, La
crisi del nostro tempo (1941), Arianna Editrice, Casalecchio (BO) 2000,
pp. 288 - arianed@tin.it - commerciale@macroedizioni.it, un
testo dove il grande sociologo, in meno di trecento pagine, riassume
mirabilmente il suo pensiero e le sue previsioni. E dove è possibile trovare,
nell'ampia introduzione del curatore, le necessarie indicazioni
biobibliografiche.
Carlo Gambescia
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