giovedì 11 maggio 2006


Profili/25
Alvin Ward Gouldner


http://weblog.liberatormagazine.com/2010/09/theorizing-and-self-recovery-sayings.html


A più di venticinque anni dalla sua prematura morte chi ricorda la figura di Alvin Ward Gouldner? Sociologo e marxsta "outlaw", come amava definirsi. In pochi... Nessuno purtroppo vuole più confrontarsi con un pensiero, certo difficile, ma ricco di intuzioni.
Gouldner nasce a New York nel 192o, sviluppa fin da giovane un notevole interesse, per le scienze sociali, all'epoca in pieno sviluppo. E soprattutto per i problemi sociali. Si forma professionalmente alla Columbia University. Studia con Merton e Lazarsfeld, i quali lo apprezzano, da subito, per le sue capacità di ricercatore e promettente studioso. Alle iniziali attività tutoriali presso l' università di Buffalo, segue una breve parentesi come "consultant" per la Standard Oil (1951-1952), Nel 1953 consegue il suo Ph.D. in sociologia. Dopo un periodo all'Antioch College, passa all'Università dell'Illinois (1954). Per approdare infine al Dipartimento di Sociologia della Washington University, Saint Louis (1959). Dove insegnerà (dal 1967, come Max Weber Research Professor), fino alla morte per infarto, avvenuta a Madrid nel 1980. Dunque una carriera, formalmente ineccepibile - tra l' altro costellata di riconoscimenti e incarichi di ricerca - che evidenzia due particolarità: una precoce conoscenza del marxismo teorico, che risale agli anni quaranta, sempre rivendicata, ma in modo critico, appunto da "outlaw"; e un periodo (1972-1976) di insegnamento presso l'Università di Amsterdam, dove affina i suoi strumenti metodologici alla luce del dibattito europeo dell'epoca (neo-marxismo, tardo strutturalismo, teorie sociolinguistiche) . Due elementi che conferiscono alla sua opera sociologica, che sostanzialmente si fonda sulla lettura incrociata di quattro autori (Marx, Durkheim, Weber e Mannheim), un taglio poco americano e molto europeo. Nel senso di una grande attenzione alle idee, non solo, come processo materiale (socioculturale), ma come elemento trainante della trasformazione socioculturale, grazie al ruolo che può essere giocato dagli intellettuali.
Nei suoi primi lavori: Patterns of Industrial Bureacracy e Wildcat Strike (1954, trad. it. di entrambi i volumi, Etas Kompass, Milano 1970), si occupa di modelli organizzativi, nonché della struttura "di comando" nella società industriale, come negli Studies in Leadership (1954, opera da lui curata). La vera e propria svolta avviene con la pubblicazione di Enter Plato: Classical Greece and the Origins of Social Theory (1965) , e The Coming Crisis of the Western Sociology (1970, trad. in Il Mulino, Bologna 1970 ). Due libri dove Gouldner spiega il distacco tra pensiero sociale e società, come tipico dell'esperienza storica dell' Occidente: l'intellettuale si è sempre isolato dal mondo reale. E la società - come potere sociale - ha sempre favorito questo auto-emarginazione dell'intellettuale spesso dorata. Per contro, Marx avrebbe tentato di rovesciare la situazione, ma purtroppo, secondo Gouldner (che scrive queste cose prima del "grande crollo"), il comunismo reale, rischia di dimostrarsi come potere sociale altrettanto conservatore...
Su queste basi, Gouldner passa negli anni successivi a esaminare il "dark side" della dialettica, da lui intesa come un' ideologia, tesa a mascherare il potere sociale di pochi intellettuali e politici. Analisi che si sviluppa attraverso una trilogia The Dialectic of Ideology and Technology:: The Origins, Grammar and Future of Ideology (1976); The Future of Intellectuals and the the Rise of New Class (1979); Against Fragmentation. The Origins of Marxism and Sociology of Intellectuals (1985, postumo). In questi tre libri, fondamentali per capire l'evoluzione del suo pensiero, Gouldner, oltre a utilizzare gli strumenti più aggiornati (all'epoca) della teorica critica europea ( a partire da quelli forniti da Habermas), rivendica la figura dell'intellettuale: che deve essere capace di andare oltre il proprio tempo, e al tempo stesso condizionarlo, senza però restarne, a sua volta, condizionato: un missione difficilissima, se non proprio impossibile. Ma essere "marxista Outlaw" significa appunto questo: lottare contro ogni forma di potere sociale. E infatti nel libro postumo, Against Fragmentation, Gouldner descrive il marxismo come frutto di una continua (e irrisolta) dialettica "ideale" tra Marx e Bakunin. Tra chi vede solo una parte del problema: lo sviluppo economico (Marx), e chi invece vede il tutto: la libertà come scelta di fondo (Bakunin). In questo senso Gouldner punta su una visione "olistica" del marxismo (usa proprio questa espressione..), capace di tenere insieme il tutto (la libertà) con la parte (l'economia, e dunque il potere sociale).
Sotto questo aspetto è interessante la raccolta di saggi, pubblicata tra le due fasi ( cioè tra"Platone-Crisi della sociologia" e "Trilogia sul lato oscuro della dialettica"), intitolata For sociology: Renew and Critique in Sociology Today (1973, trad. it. Liguori, Napoli 1977), dove Gouldner accenna alla categoria sociologica del dono intellettuale. Attraverso lo studio della "Norma di Reciprocità", nei rapporti sociali il sociologo sembra porre le basi (sembra, perché purtroppo non è più tornato sull'argomento) di una riunificazione della parte con il tutto (economia e libertà) attraverso il dono alla società del capitale intellettuale da parte dei singoli "uomini di cultura": la gratuità intesa come rinuncia a mettersi al servizio (anche indirettamente, rinchiudendosi nella famigerata torre eburnea...) del potere sociale. Purtroppo Gouldner non riuscirà mai a spiegarci come giungere a tutto questo. Peccato.
Su di lui si veda, la non soddisfacente monografia, di James J. Chriss, Alvin Ward Gouldner: Sociologist and Outlaw Marxist, Ashgate Publishing, Andershot (U.K.) 1999 (www.ashgate. com). E in italiano Alvin W. Gouldner, La sociologia e la vita quotidiana, Armando, Roma 1997), in particolare l'introduzione di Raffaele Rauty (www.armando.it). 

Carlo Gambescia

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