martedì 23 maggio 2006


E' ora che qualcuno lo spieghi a Giuliano Ferrara
La guerra è una cosa seria




La guerra è una questione seria. E Giuliano Ferrara sembra non averlo compreso.
Va fatta però una premessa, probabilmente lunga, ma necessaria.
Esiste un'ideologia della guerra, come esiste un'ideologia della pace. Dopo di che resta una realtà storica e sociale, in continuo movimento, in cui si mescolano al tempo stesso guerra e pace. Purtroppo, conflitto e cooperazione sono due forme di rapporto sociale, che hanno natura "scalare" e "bipolare" : si può passare dall' una all'altra rapidamente. Come pure, all'interno di ognuna di esse, esistono vari gradi di complessità e gravità. La guerra è l'esito finale del conflitto come processo sociale, così come la pace è il punto di arrivo della cooperazione. Tra la pace e la guerra esistono forme intermedie di conflitto come di cooperazione: ad esempio la guerra implica la cooperazione all'interno delle due parti combattenti, così come la pace implica forme di guerra economica ( lotte di mercato) politica (lotta partitica), sociale (lotta di classe), eccetera.
Il ruolo della politica è quello di ridurre i conflitti (in genere) attraverso la decisione, ma non certo di "cancellarli" completamente e per sempre. Il che, oltre a essere impossibile, come si è visto, implicherebbe l'uso scalare (e praticamente infinito) di "conflitti per eliminare i conflitti". Ad esempio un ipotetico governo mondiale, si limiterebbe a trasformare le guerre in operazioni di polizia, così come la forma-stato moderno, ha in precedenza trasformato le "guerre civili interne" (si pensi alla figura del "ribelle-brigante", e alle stesse origini storiche della mafia, in Italia), in operazioni di polizia a tutela dell'ordine pubblico.
Ora, non credere in un mondo paradisiaco, completamente pacificato, non significa però sposare l'ideologia della guerra, come invece fa Giuliano Ferrara.
In un articolo apparso ieri sul "Foglio" (22-5), l' Elefantino ha di nuovo invocato la guerra totale contro l'Islam partendo da una affermazione, come al solito capziosa, o comunque, vera a metà: "La guerra è la peggiore delle soluzioni ad eccezione dell'appeasement che ne produce una ancora più grande e fatale (...). Se dunque fai la guerra cerca di vincerla".
E' come dire che la pace (o qualsiasi tentativo ragionevole di salvarla) porti regolarmente alla guerra. Certo, che le guerre si devono vincere. Ma solo dopo che si sia eventualmente cercato di evitarle. E nel caso degli Stati Uniti è accaduto esattamente il contrario: non si è fatto nulla per evitare l'invasione dell' Afghanistan e dell'Iraq. Sotto questo aspetto è esemplare l'attuale atteggiamento di sfida nei riguardi dell'Iran.
Se l' "Occidente" ha un punto di vantaggio, se così si può dire, nei riguardi delle altre culture, è di aver elaborato una scienza sociale oggettiva della società. Scienza che consente di capire, e per quanto possibile, prevedere le dinamiche sociali. La guerra, per quanto ineliminabile, è assolutamente distruttiva, e dunque deve essere sempre fatto tutto il possibile per evitarla. E le scienze sociali offrono gli strumenti analitici e predittivi per far sì che si possa ridurre il ricorso al guerra.

E tutto quel che esula, dall'analisi oggettiva, è ideologia. E nel caso di Ferrara, ideologia della guerra. 

Carlo Gambescia

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