venerdì 5 maggio 2006


La lezione di Hirschman
Passioni e/o interessi?






In un libro, tradotto in Italia da Feltrinelli, circa trent'anni fa, Le passioni e gli interessi, Albert O. Hirschman (nella foto), economista, sociologo, storico delle idee, mise magnificamente a fuoco il principio intorno al quale girava, e gira, la politica moderna: l'interesse.
Hirschman non sottovaluta il ruolo svolto dalle motivazioni materiali in altre epoche storiche, ma sostiene che i moderni siano stati gli unici nella storia a teorizzare sistematicamente, la "naturalità" dell' interesse come spontanea e benefica. Non solo: ma anche i soli che abbiano presentato come una necessità politica, economica e sociale la sostituzione dell 'egoismo calcolato all' altruismo appassionato...
Hirschman ricostruisce la genealogia storico-culturale del moderno concetto di interesse, indicando gli autori che tra il Cinquecento e il Settecento (grosso modo da Machiavelli a Smith), ne avrebbero giustificato il ruolo positivo nella vita sociale, economica e politica.
Stando alla sua ricostruzione due fattori avrebbero giocato un ruolo determinante: a) la tesi della forza pacificatrice degli interessi; nel senso che mentre lo scontro tra le passioni (anche tra due altruismi opposti...) può provocare conflitti, il misurato calcolo degli interessi in gioco, può evitarli o comunque facilitarne la soluzione; b) la capacità dei moderni di poter tradurre, grazie alla diffusione del denaro moderno, l'interesse in termini di guadagni e perdite monetarie, oggettivamente quantificabili.
Hirschman, pur dicendo cose interessanti, sopravvaluta la forza pacificatrice del capitalismo, da lui presentato come il naturale sbocco di una società fondata sull'interesse.
In realtà, qual è oggi il vero problema ? Che il capitalismo, o comunque una certa forma di "capitalismo realizzato", come cultura degli interessi, non riesce più a svolgere - se mai c'è riuscito - alcun ruolo di pacificazione sociale. Di qui la necessità, avvertita da molti, di ricostruire una cultura delle passioni. Ma come tornare alla cultura della solidarietà? La cosa non è facile. Perché sussistono due rischi.
In primo luogo, c'è il pericolo di sostituire al "fondamentalismo" degli interessi il "fondamentalismo delle passioni. Col rischio di scontrarsi con la realtà delle istituzioni, del vivere concreto, che si muove lungo le linee più prosaiche dei piccoli calcoli quotidiani. A dirla rozzamente: come introdurre la cultura dell'altruismo e della solidarietà nell'agire istituzionale?
In secondo luogo, c'è un altro, rischio legato al precedente: quello rappresentato dall'intellettuale idealista, figura piuttosto nota, che in genere appena scopre che l'uomo spesso preferisce farsi guidare più dai propri interessi che dalle nobili passioni si propone subito di educarlo alla libertà dagli interessi, favorendo, magari a "fin di bene", forme politiche coercitive.
Insomma, non basta essere contro la cultura degli interessi, così ben descritta da Hirschman. E' necessario, pur non rinunciando a contrastarla, soppesare le conseguenze sociali, economiche e politiche, di ogni critica intellettuale alla società capitalistica.
Le parole degli intellettuali, purtroppo, spesso possono trasformarsi in pietre. 

Carlo Gambescia

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