"Democrazie bloccate": una replica
Granfranco La Grassa Costanzo Preve |
Devo dire che il Blog "funziona": è (o meglio
sono) abbastanza indipendente. Qualche tempo fa sul forum di "Indymedia
Italia" sono stato definito, da un partecipante (schierato a destra), una
"quinta colonna comunista". Ieri invece sul forum di
"ComeDonChisciotte" Truman (schierato a sinistra) mi ha liquidato,
bruscamente, come "commentatore di destra".
So benissimo che quel che scrivo qualche volta possa
apparire sgradito a chi abbia una visione della politica militante ( a destra
come a sinistra)... Ma credo sia sempre necessario, oltre che moralmente
doveroso, soprattutto nell'ambito delle scienze politiche e sociali, andare
oltre le polemiche politiche e le appartenenze ideologiche. Ciò non significa
però che non si debbano avere idee politiche. L'uomo non è una "tabula
rasa". Ognuno di noi fa le sue scelte politiche. Sarebbe ingenuo ignorare
un fatto del genere. E anch'io ho le mie. Anche se devo sinceramente dire che
non mi riconosco pienamente in nessuno dei due attuali schieramenti politici. E
poi - e ciò valga per coloro che vogliono assolutamente affibbiarmi un'
appartenenza politica - il vero problema non è questo, dal momento che il mio
blog non è un blog "politico" ma "metapolitico". E qui
rinvio, di nuovo, i lettori ai contenuti dell'Url.
Insomma, se si vuole che la scienza sociale serva a
migliorarci, va assolutamente evitato di sovrapporre alla realtà i propri
schemi ideologici e le proprie passioni politiche. Qual è la differenza tra lo
"scienziato" ( o se si preferisce lo studioso) e il militante? Il
primo analizza la realtà per quel che è "realmente" . Il secondo la
filtra attraverso i suoi schemi politici o ideologici. Certo, anche gli schemi
"scientifici" possono essere "ideologici", e dunque essere
fuorvianti (esiste anche una vischiosa ideologia della "neutralità
scientifica"... ). Ma la differenza tra lo scienziato e il militante consiste
nel fatto che se il primo si accorge che i fatti smentiscono le sue ipotesi, se
è scienziato sul serio, cambia subito idea, mentre il secondo, se è militante
sul serio, non può non farsi trascinare dalla passione politica e dal richiamo
del "tanto peggio per i fatti". Il primo vuole capire, il secondo
vincere o convincere l'avversario. Il primo osserva e descrive, il secondo
argomenta, e spesso in modo sofistico.
Ma tornando al post di ieri, perché ho definito
"bloccato" il sistema politico? Il punto è che non basta più vincere
le elezioni, come è avvenuto in Italia al centrosinistra. Dal momento che poi
si deve, e soprattutto, governare. Il che non sarà facile neppure per il
centrosinistra, a causa di alcuni problemi di fondo, la cui presenza è alle
origini stesse del "blocco" politico.
C'è un problema, come ho già detto, di sudditanza della
politica nei confronti dell'economia, come predominio degli interessi dei
grandi gruppi monopolistici sul bene comune; c'è il problema di una vasta e
diffusa mentalità economicistica, mentalità che ci separa da altre età
storiche, dove, certo, il potere economico contava, ma non era così
programmaticamente inclusivo, di qualsiasi attività, come oggi; c'è un problema
di formazione della classi dirigenti (e di omologazione sociologica, a
prescindere dall'appartenenza politica), che chi mi segue, sa che ho affrontato
più volte, e credo in modo molto indipendente e assolutamente non
"complottologico"; c' è infine il dato di un diffuso assenteismo
elettorale (e la rondine del 9 aprile non può fare primavera, dinanzi a un
trend europeo negativo), funzionale al mantenimento dello status quo politico.
In un sistema che privilegia i consumi rispetto alla cittadinanza politica, la
scheda punti dell 'ipermercato sta diventando più amata della scheda
elettorale. Può piacere o meno, ma è la tendenza è questa.
E questi sono problemi che riguardano il sistema nel suo
complesso, e di conseguenza, per quel che concerne la loro soluzione storica,
andrebbero affrontati da tutte, dico tutte quelle forze politiche (da destra a
sinistra) ancora capaci di apprezzare sinceramente la democrazia a la libertà.
Ritenere di poter superare questi problemi strutturali, sulla base anche di
cento voti in più al Senato, è a dir poco superficiale. Comprensibile sul piano
della passione politica, ma non su quello della scienza, che è analisi
spassionata della realtà. E soprattutto è ingiusto usarlo come argomento
polemico verso chi cerca, in assoluta buona fede, di allargare il proprio e l
'altrui orizzonte di analisi e comprensione della realtà.
Del resto è verissimo che c'è una sinistra, ancora
attenta al rapporto struttura-sovrastruttura ( e qui penso ad esempio a
Costanzo Preve, ma anche a un bravissimo economista come Gianfranco La Grassa ), e che quindi
dimostra maggiore sensibilità, rispetto alla destra liberista, proprio sul
problema della democrazia bloccata.
Ma Costanzo Preve e Gianfranco La Grassa , pur essendone
all'altezza (e prescindendo dal loro assenso...), quante possibilità hanno di
poter far parte del prossimo governo Prodi, rispettivamente, come Ministri
della Pubblica Istruzione e dell'Economia? Zero.
Carlo Gambescia
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