Gli Usa e il mercato legale degli organi
Quanto vale un uomo?
In Italia qualcuno si è mostrato spiacevolmente sorpreso.
Ma perché meravigliarsi se sul "New York Time" e il Wall Street
Journal" ("Corriere della Sera", 16-5-2006) si discute, e senza
mezzi termini, sulla necessità di aprire un mercato legale degli organi umani?
In primo luogo, sembra che la proposta sia stata
avanzata, già qualche tempo fa, da Gary Becker, che non è un economista
qualsiasi ( e non solo per il Nobel Economia che può vantare), dal momento che
è il principale sostenitore dell'estensione dei concetti economici all'analisi
della società: un fautore dell'economicismo allo stato puro. Famosissimo il suo
A Treatise on the Family (Harvard University Press, Cambridge 1981),
dove applica i postulati del presupposto massimizzante, dell'equilibrio di
mercato e della stabilità delle preferenze allo studio della famiglia. In buona
sostanza mogli, figli e vita familiare sono studiati come forme di investimento
economico. Secondo Becker, la famiglia, per ogni suo membro, deve essere
esclusiva fonte di utilità (e profitti economici): una bella casa, un'ottima
istruzione per i figli, eccetera.) . E si tratta di un approccio piuttosto
diffuso nelle scienze sociali statunitensi (si veda Richard Swedberg,
Economia e sociologia. Conversazioni con Becker, Coleman, Akerlof, White (e
altri), Donzelli Editore, Roma 1994).
In secondo luogo, l'economicismo rinvia al pragmatismo
materialistico americano. Una concezione, che non è prerogativa di quel popolo,
ma che negli Stati Uniti è assurta a comportamento di massa (come già notò
Tocqueville, nella Democrazia in America) . Se noi europei, di ogni
livello sociale e culturale, ci appassioniamo all'idea di verità (se una tesi
sia vera o falsa: dalla discussione sportiva a quella filosofica), l'americano
è invece affascinato esclusivamente dalla sua utilità: una scelta non è buona
perché riflette un criterio di verità ma perché è utile. E lo è ancora di più,
se i suoi risultati possono essere quantificati. Ad esempio, un professore è
bravo, e quindi le sue idee sono vere, giuste, buone, eccetera, se è pagato più
degli altri colleghi; un uomo d'affari è altrettanto bravo, se realizza
profitti elevati. E così via.
In terzo luogo, materialismo pragmatistico ed
economicismo hanno dato vita a una forma di capitalismo per "uomini
duri", molto aggressivo, molto competitivo, molto americano (sorvolando
per ragioni di spazio sulla ricostruzione delle sue origini storiche e culturali)...
Dove chi è in fondo alla scala sociale viene considerato colpevole della sua
condizione: è lì perché se lo è meritato. Dal momento che il mercato
capitalistico viene ritenuto come l'unico meccanismo in grado di giudicare
l'operato tout court delle persone. Il mercato "quantifica"
materialmente( prezzi X quantità) e "valuta" economicamente ( domanda
X offerta). Tuttavia questa "fede" nel mercato rappresenta anche un
elemento di contraddizione, perché il mercato-giudice finisce per essere
implicitamente assimilato a un criterio di verità... Ma questa è un'altra
storia.
Comunque sia, e per concludere, qualsiasi discussione
americana sul commercio "legalizzato" di organi umani, si fonda non
tanto sul fatto se sia vero, giusto, buono, bello che un uomo, anche
consenziente, sia "fatto a pezzi" e venduto al migliore offerente, ma
se sia utile "farlo a pezzi".
Ed eventualmente come.
Di qui la necessità, perché prima o poi il dibattito
sulla "legalizzazione", si aprirà anche in Europa, di alzare il tiro,
e proporre criteri veritativi. Ma quali? La discussione è aperta.
Carlo Gambescia
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