Come i lettori sanno, un tempo scrivevo anch’io su questo giornale. Alla direzione c’era Flavia Perina, brillante giornalista, oggi editorialista de “La Stampa”.
Il “Secolo d’Italia”, nella seconda metà degli anni Duemila, era un bel giornale. Vi scrivevano colleghi di valore. Alleanza Nazionale, di cui il “ Secolo” era l’organo di stampa, parlava la lingua, o quanto meno si sforzava, dei liberali. Soprattutto sul piano dei diritti civili. Ma più in generale stava cambiando, e radicalmente, la sua visione del mondo. Fu una bella avventura.
Nulla a che vedere con i retrogradi di oggi. Tuttavia allora ritenevo che Gianfranco Fini non dovesse uscire dal Popolo della libertà: il partito unico lanciato da Berlusconi nel 2009. Credevo – nessuno è perfetto – che restando all’interno del partito berlusconiano si potesse addirittura favorire un’ ulteriore svolta liberale.
Utopie. Dietro non c’era alcun desiderio di fare un grande partito liberale, addirittura libertario secondo alcuni. Cioè di lottare “dentro” il Popolo della Libertà, fino al punto di mettere con le spalle al muro il Cavaliere. Vinsero gli opportunismi individuali e le ristrettezze mentali collettive. Di conseguenza Futuro e Libertà, fondato in fretta e furia da Fini, andò a fondo. Cose che evidenziai in A destra per caso, uscito nel 2010 per i tipi del Foglio, scritto a quattro mani con Nicola Vacca.
Da allora iniziò quel passo del gambero che portò alla nascita di Fratelli d’Italia e al tacito recupero dell’identità missina e di tutto quel che c’era dietro: statalismo, nazionalismo (oggi si chiama sovranismo), populismo, passatismo e bigotteria. Una specifica forma mentis che, nonostante le professioni di occidentalismo, riporta “per li rami” al fascismo regime, quello dei “treni in orario”, del “Mare Nostrum, dell’Italia “temuta all’estero”. Luoghi comuni fascistoidi duri a morire. Per capirsi: un uomo cattivo di cento anni, è un uomo cattivo di cento anni. Il tempo nulla toglie nulla aggiunge agli uomini come alle ideologie sociali. Si potrebbe cambiare, e per tempo, quando ancora si è giovani o quasi, ma resta difficile… Come si dice, il duro peso delle abitudini. Anche politiche.
E qui vengo alle osservazioni di questa mattina. Non so se “Il Secolo d’Italia” esca ancora in edicola, e neppure mi interessa, però la prima pagina di oggi mi rattrista. Ovviamente non è neppure una novità. Perché è indicativa della linea editoriale ormai prevalente nel giornale che un tempo fu di Flavia Perina.
In primo luogo, per l’infantile, politicamente infantile, culto della bella statuina Giorgia Meloni. Una liturgia giornalistica che riporta non tanto al berlusconismo (ultimo arrivato, in fondo), ma addirittura alla propaganda fascista e neofascista. Insomma, dentro Fratelli d’Italia si respira un’aria di famiglia, dal culto di Mussolini a quello di Giorgio Almirante (ma anche Fini ne approfittò: dipinto come il “genero” ideale d’Italia), per alcuni tragicomica, alla Catenacci-Bracardi, del “Quando c’era Lui, caro lei”… E che ora sia il turno celebrativo di Giorgia Meloni, con di rimbalzo il collier di diamanti CNN, una specie di Bulgari dell’informazione, non mi fa ridere.
In secondo luogo, per l’avvilente mezzuccio giornalistico di riprendere e rilanciare mezza o un quarto di dichiarazione altrui. E solo per magnificare e gratificare una specie di Super Frodo in tailleur pantalone. Che i riti cultuali “a trecentosessanta gradi” (per citare Super Frodo ) siano praticati qualche volta anche dai giornali, persino a grande tiratura, non è una giustificazione valida. Il vecchio proverbio, mal comune, mezzo gaudio, dipende dal mal comune: se mal comune significa chiamarsi Hannibal Lecter non si può assolutamente parlare di mezzo gaudio.
In realtà, il punto della questione non è la verità o meno di quel che si riporta, o la possibile autorevolezza della fonte, ma la cornice servile, a comando. Però potrebbe anche non essere così. Dal momento che la principale caratteristica di un buon servitore, quindi saremmo oltre il comando, è di anticipare i desideri del padrone di casa. "Battista, già qui con un buon calice di Porto, Lei è un angelo, precede i miei desideri". E il Porto viene servito.
Pardon il "Secolo"...
Carlo Gambescia
Attuale Direttore editoriale del Secolo d'Italia è Italo Bocchino, se non ricordo male vicepresidente di Futuro e Libertà. Come diceva quel tale: "e ho detto tutto!". Saluti
RispondiEliminaSì, ha detto tutto :-) . Grazie. Ricambio il saluto. P.S. A chi devo l’onore del commento?
RispondiEliminaOps... non ho selezionato nome pensando lo prendesse automaticamente. Massimo
EliminaSospettavo. :-)
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