“Corsi e ricorsi”, robetta da liceo. Luoghi comuni. Però, a dire il vero, spesso la realtà storica sorprende. Perché mostra, sotto la superficie della retorica politica, inaspettati elementi di continuità. Detto altrimenti, di un passato che vuole passare. Si legga qui:
«Si sono sentite una prima volta attorno alle due Giorgia Meloni e Elly Schlein. Un primo scambio veloce. Poi un’altra telefonata a stretto giro, più articolata. Poco dopo il Parlamento ha dato via libera alla mozione Pd, a prima firma della segretaria, che impegna il governo a chiedere “un immediato cessate il fuoco umanitario a Gaza”. Una cosa non da poco. Mai il Parlamento si era pronunciato in questo senso. Anzi, la mozione del centrodestra al ‘cessate il fuoco’ non faceva proprio cenno. Solo un generico impegno dell’esecutivo a “promuovere” insieme all’Ue “ogni sforzo diplomatico” per una soluzione politica del conflitto» (*).
Se Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni non provenissero da un partito fondato dai fascisti dopo Mussolini, si potrebbe parlare di generico umanitarismo-pacifismo approdato finalmente (per alcuni) anche a destra. Quasi una normalizzazione “buonista”, per usare un termine giornalistico. Come nel caso di Elly Schlein e in particolare del Partito democratico. Sebbene, anche da quelle parti, non tutto sia rose e fiori.
Comunque sia, evitiamo, anche per ragioni di spazio, l’analisi dell’antisemitismo di sinistra, che anima alcune frange politiche. Spesso presentato sotto la falsa veste, apparentemente più rispettabile, dell’ antisionismo: una velenosa ideologia, di stampo pacifista-internazionalista, ereditata dalla defunta Unione Sovietica.
Tornando a Fratelli d’Italia, se però si va a indagare, o comunque si conosce un “pochino” la storia, si può scoprire che sotto la vernice fresca della retorica umanitaria c’è dell’altro.
Il fascismo, seppure in modo contraddittorio (dal momento che sognava un Impero, non secondo a quello di Roma, capace di estendersi dal Mediterraneo all’Africa), puntò, soprattutto dopo la conquista dell’Etiopia (qui la contraddizione: come liberare e opprimere i popoli al tempo stesso?), sui paesi coloniali in funzione antibritannica e antifrancese.
Pertanto all’avvicinamento all’Islam corrispose l’allontanamento dal mondo ebraico, in particolare dopo le leggi razziali del 1938. Con la guerra i campi si divisero del tutto e gli ebrei vennero trattati alla stregua di nemici. Mentre si continuò a vedere nel mondo musulmano una lama nel fianco di britannici e francesi.
Risparmiamo al lettore il folclore sulla Spada dell’Islam impugnata da Mussolini a cavallo, il “pappa e ciccia” tra l’Italia fascista il Gran Mufti di Gerusalemme, Amīn al-Husaynī, lettore accanito del Mein Kampf , nonché altre cosette minori (**).
Tutto questo per dire, che sebbene nel dopoguerra alcuni intellettuali missini e post-missini, non animati da qualsiasi retorica dell’intransigenza, vedessero nel sionismo e nel laburismo (dei Kibbutz) una specie di continuazione del socialismo tricolore italiano di origine risorgimentale, i fascisti dopo Mussolini non smisero comunque di ironizzare, persino ai tempi di Alleanza Nazionale.
Su che cosa? Ad esempio sulla Kippah indossata da Gianfranco Fini e sul concetto del fascismo come “male assoluto”, perché giustamente ritenuto corresponsabile della Shoah. Alcuni onorevoli sorridevano e si davano di gomito. Si dirà sempre meglio che deportare. Diciamo che la natura umana, come prova la storia, insegna che certe cose spesso cominciano o ricominciano ridendo e scherzando...
Con questi precedenti, non è possibile vedere nella scelta di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia la sospirata normalizzazione “buonista”. Siamo invece dinanzi a una scelta in continuità con il passato fascista o neofascista (se si preferisce). Una specie di febbre politica che sembra aver contagiato anche Antonio Tajani, che sempre ieri ha dichiarato che “a questo punto la reazione di Israele è sproporzionata, ci sono troppe vittime che non hanno nulla a che fare con Hamas”.
Certo, potrebbe anche trattarsi di una specie di riflesso pavloviano. Quindi qualcosa di non ragionato. Addirittura di inconsapevole. Come certi tic che si trasmettono di padre in figlio. Il che però sarebbe ancora più grave.
Carlo Gambescia
(**) Per una puntuale ricostruzione in argomento rinviamo a Renzo De Felice, Il fascismo e l’Oriente. Arabi, Ebrei e Indiani nella politica di Mussolini, Bologna, Il Mulino, 1988 (2° ed. Luni Editrice 2018); Romain Rainero, La politica araba di Mussolini nella seconda guerra mondiale, Cedam, Padova 2004. Ricostruzioni, si badi, non sempre combacianti. Sul dopoguerra, si veda invece l’onesta analisi di Gianni Scipione Rossi, La destra e gli ebrei. Una storia italiana, Rubbettino, Soveria Mannelli 2003.
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