Premessa. Nel linguaggio economico si definisce con il termine “esternalizzazione” quella procedura attraverso la quale un’ azienda, per tagliare i costi, in particolare del personale, trasferisce a un’ azienda esterna, in tutto o in parte, la lavorazione di un suo prodotto o la fornitura di un servizio. In inglese si definisce outsourcing.
Dall’ esternalizzazione discende, un altro concetto, quello di delocalizzazione (in inglese offshoring), che rinvia all’organizzazione internazionale della produzione. In particolare rimanda alla riallocazione (trasferimento) di un’impresa, o parte di essa, oltre i confini nazionali, per profittare dei costi più bassi, in termini manodopera e normative locali.
La destra italiana, per ragioni di tipo nazionalista-populista, che riconducono alle sue radici fasciste, si è sempre detta contraria sia all’esternalizzazione che alla delocalizzazione all’estero di imprese italiane.
In particolare Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia si sono sempre mostrati contrari, anche sul piano legislativo, a questi spontanei e benefici processi economici di internazionalizzazione. A tale proposito si vedano le ultime normative governative che introducono penalizzazioni fiscali e finanziarie ( si veda ad esempio il decreto Asset dell'ottobre 2023 ) per le aziende che esternalizzano in entrata e in uscita, quindi imprese italiane ma anche straniere.
In argomento resta singolare (poi il lettore capirà perché) la battaglia di Fratelli d’Italia per impedire la delocalizzazione in Albania di uno stabilimento siciliano di imbottigliamento (*). Del resto è noto l’odio viscerale, venato di complottismo anticapitalista, manifestato più volte da Giorgia Meloni contro le delocalizzazioni praticate dalle multinazionali. Ad esempio si legga qui:
“Migliaia di lavoratori hanno perso il lavoro. Non è accettabile che le multinazionali che beneficiano dei contributi pubblici possano decidere – da un momento all’altro – di delocalizzare e di mandare sul lastrico centinaia di famiglie, aggravando così la situazione occupazionale ed economica italiana. Il tutto nell’assordante silenzio di una sinistra ormai distante anni luce dai problemi reali della Nazione” (**).
Il lettore ora si chiederà il perché di questa lunga noiosa premessa. Il motivo è semplicissimo: l’accordo Italia-Albania sui migranti divenuto ieri legge (***). Che, ecco il punto, “delocalizza” il migrante.
"Rafforzamento della collaborazione in materia migratoria": classica terminologia neutrale per nascondere che cosa? Benché nel testo si parli asetticamente di “aree” (in particolare cfr. allegato 1), si tratta della costruzione di due campi di concentramento per migranti in Albania con il consenso del governo di Tirana. Quindi, per dirla fuori dai denti, delocalizzazione carceraria.
Nel porto di Shengjin nascerà un centro eufemisticamente denominato di prima accoglienza, utilizzato dalle autorità italiane per le operazioni di sbarco e identificazione. A Gjader, sorgerà invece, altro eufemismo, un centro di identificazione ed espulsione. Il tutto ad opera e spese dell’Italia.
Ripetiamo due campi concentramento. Dove saranno “concentrati”, complessivamente, al modico prezzo di 16,5 milioni di euro all’anno (per partire, pp. 10 e 13 del testo), non più di tremila migranti per volta, sorvegliati all’interno dagli italiani, all’esterno dagli albanesi. Con i cani.
Detto in altri termini: se, a proposito dello stabilimento siciliano, la delocalizzazione è vista come una specie di peste dei moderni, per il migrante si fa un ragionamento contrario. Lo si può delocalizzare tranquillamente. Che importa se ha una famiglia? Del resto non lo si può neppure mettere sul lastrico, visto che già si tratta di un "poveraccio"...
Quel che vorremmo sottolineare è il cinismo di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia. Si vuole scaricare all’estero, come rifiuti tossici, i migranti, rimangiandosi quanto detto in precedenza sulle delocalizzazioni.
Cinismo e razzismo. Dal momento che il migrante, per Giorgia Meloni, non essendo italiano, non merita di essere difeso dalle delocalizzazioni.
Attenzione, non siamo contrari in linea di principio alla libera circolazione di uomini beni, quindi alle delocalizzazioni.
Il vero problema è l’uso del doppio registro: italiani e migranti. Che, ovviamente, oltre ad essere ripugnante sotto l’aspetto umanitario, rinvia a una pericolosa mentalità statalista.
Pensiamo alla mentalità tipica di chi detiene il potere, troppo potere. Che, può permettersi di cambiare idea sugli uomini e sulle le cose in qualsiasi momento. In base a che cosa? Alle esigenze di conservazione del potere stesso. Ci spieghiamo meglio.
Il ragionamento dello statalista, che è tale perché profitta largamente dei poteri dello stato (una specie di "premio" di legalità, frutto però di una messinscena di legalità), è il seguente: si può essere a favore o contro la delocalizzazione solo se può portare voti. Insomma la contraddizione non esiste. Esiste solo un potere da conservare. E tutto ciò che è finalizzato alla conservazione del potere è esente da qualsiasi contraddizione.
Questa velenosa miscela di razzismo e statalismo ha condotto alla creazione dei campi di concentramento in Albania per migranti. Che potrebbero essere i primi di una lunga serie.
Attenzione però, perché potrebbe anche toccare agli italiani… A Giorgia Meloni basterà vincere di nuovo le elezioni. E non importa come.
Carlo Gambescia
In copertina antico elmo illirico.
(***) Qui il testo: https://www.adnkronos.com/resources/0287-1977965eb861-255f2aac1112-1000/albania.pdf .
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