domenica 3 aprile 2022


 

Leggevo proprio questa mattina l’articolo di Francesco Saraceno su “Domani” a proposito di come contrastare la crescente inflazione (*). Che dire? Il lupo perde il pelo ma non il vizio.

Per carità, le mie sono riflessioni da umile sociologo, Saraceno, economista di professione, ne sa più di me.

Però, ecco, il sociologo, ha speciali antenne per intuire, mi si faccia parlare difficile, il quadro socio-politico al quale riconducono le riflessioni del professore.

La sua non è una parola economica indipendente che si riferisce alle cose come sono. Diciamo che non constata fatti, ma promuove opinioni, le sue ovviamente e quelle dell’area politica di riferimento.

Quali opinioni in particolare? Quelle di un economista di sinistra che non crede nelle capacità autoregolatrici del mercato. Ma che invece crede nel mito dell’uguaglianza sociale, del potere redistributivo dello stato attraverso la spesa pubblica a gogò e le imposte patrimoniali. Nonché, dulcis in fundo, nel credito facile, nelle banche centrali come organismi assistenziali.

Sotto questo aspetto per Saraceno l’inflazione va accompagnata non contrastata. Perché, a suo avviso, qualsiasi tentativo di contrastarla provocherebbe calo produttivo e crescita della disoccupazione. Di qui la necessità di assecondarla.

In realtà, una ricetta del genere può funzionare in un’economia chiusa. Nel senso che costi e prezzi non variano ovunque nella stessa maniera. Cosa che ogni economista dovrebbe sapere.

In realtà, solo se le misure proposte da Saraceno fossero prese sul piano mondiale, e portate a effetto da tutte le nazioni, allora sì che lo spostamento dell’asticella dell’inflazione verso l’alto, avrebbe un senso. Però, attenzione, solo nominale.

Perché la “parità” inflazionistica rinvierebbe a differenti strutture di costi e prezzi. Dal momento che le posizioni di partenza, strutturali, sono sempre le stesse, quindi molto diverse.

Pertanto è vero che le linee dei prezzi esterni varierebbero in funzione dei costi interni, ma di costi interni, strutturalmente diversi per ragioni storiche diciamo. Quindi tutto come prima, ma a un livello più alto, per alcuni economisti nominale, per altri reale.

Probabilmente nominale. Il punto è che le bilance commerciali, senza una ripresa reale, continuerebbero a marcare le stesse differenze di prima, con un segno “più” o un segno “meno”, in base alla precedente consistenza economica. Detto altrimenti: la ricetta di Saraceno ricorda quella dell’ora legale, si sposta la lancetta da mezzanotte all’una, ma sempre mezzanotte è.

Gli economisti di sinistra, sono internazionalisti, ma solo a parole, perché hanno una visione dell’economia di tipo autarchico. Come se non esistesse una bilancia commerciale capace di fare giustizia di una specie di gioco di prestigio. Che però – ecco il punto che piace ai politici – produce consenso, per la semplice ragione che illude l’ elettore che il governo sia dalla sua parte e che nulla in fondo cambi. Mentre invece ci si impoverisce, perché la ragione di scambio, con gli altri paesi, strutturalmente più forti come prima, peggiora.

A questo punto il lettore si chiederà che fare allora? Nulla, lasciare che il mercato faccia il suo corso. Ma come? Così non si rischia la recessione? In realtà quando l’inflazione rialza la testa esistono due possibilità: o fine del denaro facile, quindi recessione, o stagnazione-inflazione, alzando l’asticella eccetera, eccetera.

Nel primo caso, può crescere la disoccupazione a breve, perché saranno gli spiriti animali del mercato a fare subito giustizia delle imprese marce (nell’inglese degli economisti: “unfit”), per poi creare nuovi posti di lavoro.

Nel secondo caso, il mercato, tramutato in un bestione addormentato, non darà più segni di vita: stagnazione e inflazione sono un potente sonnifero, talvolta addirittura veleno, per gli spiriti animali di cui sopra.

Si dirà, ma i disoccupati? Il consenso politico? Non si rischia la pace sociale, lasciando fare al mercato? Non è detto, perché quanto più breve la recessione tanto più pronta la ripresa.

Però bisognerebbe avere coraggio. Sfidare, nell’immediato, l’impopolarità. Cosa che i politici, di qualsiasi colore rifiutano di fare.

Il che spiega la popolarità degli economisti di sinistra… E perché, ormai anche a destra, si dicano cose di sinistra.

Buona domenica a tutti.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.editorialedomani.it/idee/commenti/come-affrontare-la-nuova-inflazione-strutturale-senza-ripetere-gli-errori-del-passato-hz3evou2

 

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