Nei primi anni Duemila fondai e diressi una collana di studi americani (“Anamerica”) per un editore di destra. Che, intelligentemente, mi lasciò fare, convenendo con me, che l’antiamericanismo rozzo non poteva bastare, e che prima di criticare, si doveva conoscere “il nemico” studiando, leggendo, eccetera.
Ricordo che pubblicai, testi di battaglia come L’ Impero del "Bene" di Alain de Benoist, opere di filosofia, non benevole, ma interessanti e ben costruite come L’ideocrazia imperiale americana di Costanzo Preve, ma anche studi sociologici molto seri, senza pregiudizi pro o contro, come L’ Americanologia, lavoro rigorosissimo, di Thomas Molnar, Poi Ritorno ad Atene, un notevole testo sui comunitaristi americani di Andrea Marcigliano, e saggi di alta qualità accademica come Europa Occidente America, del compianto Claudio Finzi.
Tentai anche un’ interessante operazione editoriale: pubblicai, per la prima volta in italiano, Il cancro americano di Robert Aron e Arnaud Dandieu, uscito in originale nell’ottobre del 1931. Un testo durissimo, comunque ben costruito, che aveva un valore storico, che in Italia gli ambienti culturali di destra ignoravamo totalmente: quello di essere una specie di piccolo manuale dell’antiamericanismo.
I due autori Aron e Dandieu, attivi all’interno della rivista “L’Ordre Nouveau”, spiritualisti e contestatori del vecchio ordine borghese ma lontani dal fascismo, rivendicavano, per semplificare, la diversità culturale francese ed europea, come civiltà della qualità, rispetto a quella americana, civiltà della quantità. In qualche misura riprendevano, tra gli altri, le tesi dell’antifascista Guglielmo Ferrero.
Robert Aron (Dandieu morì giovanissimo nel 1933) si tenne lontano da Vichy, anzi fu nella resistenza. Dopo la guerra scrisse pregevoli opere storiche e si spese con tenacia per un federalismo europeo legato ai valori socialisti e democratici.
Feci scrivere la ricca introduzione a un eccellente storico francese, Olivier Dard, studioso del “non conformismo” degli anni Trenta, poi biografo di Bertrand de Jouvenel.
Insomma un piccolo gioiello. Che però come gli altri volumi della collana, ad eccezione del saggio debenoistiano, non andò bene. La destra non voleva studiare. Al massimo accettava anatemi da spendere in qualche corteo contro la Nato.
E qui veniamo al punto. Altro che cancro americano… Il problema rinvia al cancro antiamericano. Attenzione, ripeto, antiamericano. Che non riguarda solo la destra. Un cancro, purtroppo metastatizzato, che sta giocando un ruolo importante, diremmo decisivo, anche in occasione dell’invasione russa dell’Ucraina.
Un cancro le cui cellule impazzite si nutrono di ignoranza e incultura: siamo davanti al rifiuto pregiudiziale degli Stati Uniti. Roba da fondamentalismo islamico. Un atteggiamento tristemente diffuso a livello di massa. I sondaggi dicono che il quaranta per cento degli italiani (e una quota pari di europei), ritiene che la colpa della guerra scatenata dai russi sia della Nato. Il cancro è almeno allo stadio due, se non tre…
Cioè, si va contro la stessa evidenza dei fatti. I russi invadono e bombardano, ma la colpa è degli americani. Se ci si passa l’espressione l’ignoranza è veramente una brutta bestia, e quando si mescola a paura e angoscia, diventa qualcosa di mostruoso. I russi sparano sui civili, uccidono donne e bambini, ma la colpa è della Nato. Gli ucraini scelgono liberamente l’Occidente e la colpa è sempre degli americani. E così via.
Da dove proviene il cancro antiamericano? L’atteggiamento europeo verso gli Stati Uniti mutò alla fine dell’Ottocento con l’avvento dell’industrialismo e di uno spiccato individualismo economico, malvisti nell’ invidiosa Europa cattolica e tradizionalista. Lì la fonte primaria del male.
Dopo la Prima guerra mondiale l’ascesa del fascismo e del comunismo tramutò, a livello di immaginario collettivo, i democratici Stati Uniti nel nemico principale di un’ Europa ipnotizzata dal totalitarismo di massa.
Nel secondo dopoguerra, in molti paesi europei, la Nato, invece di essere considerata, il prolungamento dello spirito di una comunità atlantica che aveva animato la Francia rivoluzionaria e in seguito salvato l’Europa dall’imperialismo germanico (in duplice versione) e dal comunismo, divenne, ovviamente per comunisti e neofascisti in cerca di rivincite, il veicolo dell’imperialismo americano.
Sulla natura degli Stati Uniti come Impero per caso, ipnotizzato dall’isolazionismo, ho già scritto (*). Nessuno è perfetto (per parafrasare una celebre di un film… americano). La Nato, se ha commesso qualche peccato veniale, lo ha commesso per difetto, non per eccesso. Come negli anni che hanno preceduto l’invasione russa dell’Ucraina. Un atteggiamento più fermo della Nato avrebbe evitato questa tragedia.
Ciò che unisce l’ Europa occidentale agli Stati Uniti, come ben scrisse Jacques Pirenne, in quel capolavoro della storiografia liberale rappresentato da Le grandi correnti della storia universale, è la stessa civiltà marittima, commerciale, liberale, fatta di traffici di idee, scambi culturali, gioia di vivere, viaggiare, conoscere, parlarsi, dal compassato Franklin al disinvolto Tarantino.
Una civiltà che armonizza le due sponde dell’Oceano Atlantico, il nuovo Mare Nostrum, euro-americano. Certo, possono nascere contrasti, ma il fondo liberale è comune. E va difeso. A ogni costo.
Il cancro antiamericano va sconfitto. Soprattutto quando indossa l’insidiosa maschera del pacifismo. Perché, in primis, si tratta di una battaglia di civiltà contro l’ignoranza e il pregiudizio. Antiamericano.
Carlo Gambescia
(*) Come qui ad esempio: https://cargambesciametapolitics.altervista.org/ucraina-si-puo-parlare-di-una-strategia-americana/
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