ll governo annuncia che lo stato d’emergenza è finito .
È proprio così?
All’articolo 1 del decreto-legge del 24 marzo 2022 si scopre che l ‘Italia è uscita dallo stato d’emergenza, però, “preservando, fino al 31 dicembre 2022, la necessaria capacità operativa e di pronta reazione delle strutture durante la fase di progressivo rientro nell’ordinario” (*).
Il che significa che basta un niente per chiudere tutto un’altra volta.
Mai come in questi due anni i veri amici della libertà ( non parliamo dei fascisti, dei comunisti, dei populisti, che hanno solo cavalcato la protesta, peraltro di pochi) hanno avvertito la fragilità del sistema liberal-democratico.
Non è una novità purtroppo. Tra le due guerre mondiali, fascisti e nazionalsocialisti, per afferrare il potere sfruttarono ogni piega legale dello stato liberale: dall’uso massiccio del decreto-legge alla tacita interpretazione rigorista delle leggi penali e della normativa sui cosiddetti reati d’opinione.
Le persecuzione contro gli antifascisti e gli ebrei in Germania e Italia furono introdotte per legge: a polizia e magistratura si chiedeva “semplicemente” che si attenessero alle vigenti leggi dello stato, al diritto positivo, racchiuso in codici e testi legislativi. E tutti, zitti, eseguivano: dura lex, sed lex si sussurrava tra le mura domestiche e con qualche collega fidato.
Dopo la Seconda guerra mondiale, sconfitti i fascismi, si reintrodussero, un poco ovunque, anche a livello di costituzione scritta, le corti costituzionali, che dovevano decidere quando le leggi, soprattutto se limitatrici delle libertà sancite dalla Carta, erano in contrasto con i principi costituzionali di libertà.
Bene, anzi male, l’italica Corte Costituzionale, in questi due anni, ha brillato per il suo silenzio. Si è ben guardata dall’opporsi al potere politico quando comprimeva la libertà degli italiani. Una pagina vergognosa.
Attenzione, la nostra non è una critica alle istituzioni liberali, che nell’intera storia dell’umanità rappresentano un simbolo di progresso politico, economico, civile. Ma all’immaturità di un’intera classe dirigente (quindi non solo politica) che per codardia e convenienza non ha alzato un dito. Non si possono neppure perdonare tutti quei cittadini che per paura, spesso indotta da un imponente apparato mediatico, hanno subito volontariamente la reclusione tra le mura domestiche. La paura, quando è in gioco la libertà, non è un buona scusa. E nemmeno si può dire, perdona loro perché non sanno ciò che fanno. Perché chi tace acconsente. E si fa complice.
Diciamo pure che alla libertà si è preferita la sicurezza a ogni costo. Di conseguenza vanno registrate connivenze psicologiche e morali in alto come in basso. La gente comune, a parte qualche eccezione, non si è mostrata all’altezza di una classe dirigente, che invece di mostrarsi al di sopra degli eventi, si è mostrata della stessa pasta delle gente comune. Avvilente.
Un vortice ha risucchiato l’Italia, generando un clima sociale nevrotico se non psicotico, segnato brutalmente da delazioni e intimidazioni. La paura, che poi è sonno della ragione, ha dettato le regole.
Regole che ora sono presentate come un formidabile modello di intervento. Che, come si sente ripetere in alto, sarà utile anche in futuro, qualora dovessero verificarsi altre emergenze… Che tristezza.
Stato d’emergenza finito allora? Bah… Tra l’altro, con la crisi ucraina che incombe, l’inflazione che cresce, i diktat di Putin…
Giudichi il lettore.
Carlo Gambescia
(*) Si veda qui: https://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/dettaglioAtto?id=86394&articolo=1
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