Nonostante le accuse e controaccuse di applicare a sproposito la “Reductio ad Hitlerum” contro gli avversari, evocata per anni dalle destre nostalgiche come dalle sinistre welfariste, l’Occidente si è dimenticato di Hitler.
In che senso si chiederà il lettore? Si è persa memoria che in politica esistono capi spietati che seminano menzogne sfidando i nemici. Capi che non temono la guerra totale e che accusano l’avversario, tramutato in nemico, di volere, “lui”, scatenare la guerra.
Si sono susseguiti dopo la Seconda guerra mondiale, qui e là nel mondo, dittatori più o meno pericolosi, ma non letali dal punto di vista delle conseguenze per la pace mondiale. Militari e leader ideologici che alla fin fine non contavano nulla. Non potevano influire sulla politica mondiale, nel senso di non poter scatenare direttamente una guerra totale: Nasser e Castro, Franco e Pinochet, Gheddafi e Saddam, e così via. Gli ultimi della serie, per così dire, potrebbero essere Kim Jong-un e Maduro.
Ovviamente stiamo semplificando un discorso complesso. Nel mondo della Guerra fredda, e anche dopo, il “piccolo dittatore” a differenza del “grande dittatore” come Hitler ad esempio, alla fin fine non spaventava nessuno, perché non aveva i mezzi e neppure la personalità, diciamo “statura” e “cattiveria” sufficienti.
Pertanto, dopo il 1945, e soprattutto nelll'immediatezza del dopo 1991, l’Occidente euro-americano non si è più trovato davanti nessuna personificazione hitleriana.
Pertanto l’Occidente, prima d’accordo con i sovietici, soprattutto dopo la guerra coreana e la crisi cubana, poi ricorrendo a sanzioni e misure micro-militari a termine (come in Vietnam, Iraq, Serbia, Afghanistan), a poco a poco ha dimenticato, se si vuole rimosso, quanto fosse duro, se non impossibile, competere con personaggi spietati e privi di qualsiasi remora verso la guerra, proprio come Hitler.
Anche perché la classe dirigente sovietica (come probabilmente quella cinese di oggi), soprattutto dopo la morte di Stalin, riconsiderò con realismo il ruolo devastante della guerra anche sotto il punto di vista morale.
Per capirsi: si rifiutava di fingere di volere la pace per poter scatenare la guerra. Una guerra che sarebbe stata “anche” atomica. Naturalmente, ciò accadde tra incertezze e ripensamenti, sempre però in chiave di intensità decrescente, dalla cruenta invasione dell’Ungheria, negli anni Cinquanta al compromesso polacco negli anni Ottanta.
E qui, per la serie, se ci passa l’espressione, al peggio non vi è fine, veniamo a Putin. Che parla di pace, anzi usa a pieni mani la retorica della pace, mentre fa la guerra, e che guerra, all’Ucraina. E che proprio come Hitler, che si dipingeva e veniva dipinto negli anni Trenta, come uomo di pace (una specie di patriota tedesco in buona fede), reputa i suoi nemici, talmente deboli e vigliacchi al punto di subire passivamente o quasi ogni sua decisione.
Putin sta sfidando l’Occidente, come attestano le ultime arroganti dichiarazioni sul petrolio e sul riarmo atomico nel Baltico. Cosa quest’ultima, addirittura agghiacciante. Putin non teme la guerra, neppure quella atomica.
Questa spavalderia è il fattore nuovo che l’Occidente si trova per la prima volta davanti agli occhi dalla caduta di Hitler. E non sa cosa fare. Come prendere le misure. Per quale ragione? Perché l’ atteggiamento di Putin, e del suo establishment, ripetiamo, ha precedenti politici, se non nei terribili e lontani anni Trenta del Novecento.
L’Occidente, proiettando il suo pacifismo sul nemico, non vuole credere o meglio non può credere che Putin reputi la guerra, addirittura quella atomica, uno strumento come un altro e che sia pronto a premere il bottone.
“Non è possibile, prima o poi, si fermerà”. Ecco l’espressione che può riassumere l’atteggiamento dell’Occidente in questi terribili giorni. Che spiega però i tentennamenti politici e militari, andati avanti per anni. Come pure l’uso delle sanzioni, sulle quali tra l’altro l’Europa è divisa. E comunque inutile contro un grande dittatore e una macro-potenza. Putin respinge al mittente gli appelli ai valori universali, di cui si fa beffe, rovesciandone a catapulta il senso. Non ripete forse, all’unisono con i suoi cani da guardia, che è l’Occidente a violare la pace, eccetera, eccetera.
Negli ultimi trent’anni, in particolare, quante volte si è usata, soprattutto a sinistra, contro i “piccoli dittatori” la “Reductio ad Hitlerum”? Tantissime volte. E a sproposito.
Ora che invece sarebbe venuto il momento di usarla, più che giustamente, contro un personaggio come Putin, si cincischia. Addirittura si teme di offenderlo.
Può finire male, perché, piaccia o meno, potrebbe già essere troppo tardi per fermare il nuovo Hitler.
Attenzione, e concludiamo, un Hitler non esagitato, incantatore di folle, eccetera, ma un uomo grigio, un viaggiatore anonimo delle metropolitana moscovita, però non meno deciso di Hitler a ottenere ciò che vuole.
Carlo Gambescia
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