venerdì 22 ottobre 2021

Che cos’ è la letteratura?

 

Ricordiamo  un testo di Sartre, dal titolo omonimo, di una banalità assoluta.  In cui si riconduceva la letteratura nell’alveo dell’impegno politico e dell’egocentrismo, per quanto socializzato, non immune dalle stesse barriere piccolo-borghesi, che lo scrittore francese, diceva invece voler infrangere: la famiglia, l’infanzia, il “dovere” di scrivere”,  di “dire” eccetera.

Che cos’è allora la letteratura?

La letteratura in primo luogo  è un sistema (e in fondo lo è sempre stato): case editrici, tecnici dell’editoria, critici e infine scrittori. In secondo luogo,  un mito, che rinvia alle varie epoche e al sentire del tempo. Ogni periodo storico ha i  suoi  letterati comunque  legati - pro o contro -alle convenzioni del tempo. Ma non solo come vedremo. In terzo luogo, la letteratura è il letterato, ossia lo scrittore: un essere che crede di saperne più degli altri e di notificarlo al mondo.  Diciamo pure che chi scrive compie un atto di immodestia.  

E quasi mai l’ immodestia è stata amata. Tra il mondo antico e il mondo moderno si stese sulla letteratura  il velo della religione e delle chiese. Dopo di che il posto della religione fu preso dalla religione secolarizzata dell’impegno sociale e del progresso umano.

Se prima si scriveva per dio, oggi si scrive per gli altri. Così si diceva e  così si dice. Ma la sostanza è sempre la stessa, nonostante  si proclami di  scrivere sempre per qualcun altro. In realtà,  quasi   ci si vergogna di dire  che si scrive, innanzitutto,  per se stessi.

Modernamente parlando, la scrittura come impegno individuale quotidiano, discende direttamente dall’ imperativo categorico  kantiano.   

Però un conto sembra essere la morale, un altro la letteratura.

L’individuo teme di mostrarsi   nel suo nudo egoismo. E da sempre: perfino gli antichi, apparentemente al di là del bene come del male, immolavamo agli dei. Sicché il disimpegno  di molti scrittori, non è altro che impegno mascherato. Certo, verso se stessi. In definitiva, ripetiamo, la letteratura, dal lato dello scrittore,   non è altro che  un atto di immodestia a sfondo egoistico, che spesso distrugge, gli altri-vicini, e risparmia gli altri-lontani.

Allora   cosa ne è del messaggio universale di  Omero, di  Dante, di Shakespeare e di tanti illustri nomi? Di ciò che è stato definito il canone occidentale?

Purissimo effetto inintenzionale dell’azione dello scrivere individuale.  Lo scrittore  si è fatto portatore senza volerlo di valori che poi sono stati considerati da altri scrittori come  universali, quindi mitizzati: dalla psicologia alla morale, dalla  religione  alla filosofia.

E da  qui è nato  un  equivoco storico dalle proporzioni colossali. Gli scrittori, in particolare quelli  che sono divenuti grandi loro malgrado,  si sono  trasformati in modelli per tutti gli altri (in senso positivo come negativo, pro o contro insomma).  

Le idee stesse di canone e  classico si sono trasformate in letteratura. Anzi in letteratura sulla letteratura. In chiose su chiose:si  ripetono le stesse cose, in forma differente, più o meno gradevole secondo il gusto del tempo.

Allora, per concludere, che cos’è la letteratura? Un grande inganno, per chi scrive come  per chi legge.  Di cui però gli esseri umani, per   ora, non riescono a fare a meno.

Le menti acute, soprattutto autocritiche, sanno benissimo che è tutto un inganno, eppure non possono evitare di ingannare prima se stessi e poi gli altri.

Carlo Gambescia              

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