Ieri Mario Draghi ha parlato di un taglio in 3 anni delle tasse per 40 miliardi, di cui 24 per il cosiddetto cuneo fiscale. Ma lasciamo la parola a Super Mario.
«Con la manovra, ha detto Draghi, “tagliamo le tasse e stimoliamo gli investimenti. Abbiamo dato priorità agli interventi per la crescita”. Destiniamo “40 miliardi in un triennio - ha detto Draghi - alla riduzione delle imposte, di cui 24 al cuneo e la parte restante agli incentivi fiscali, alle famiglie e imprese per il patrimonio immobiliare e la digitalizzazione” » (*).
In realtà che cos’è il cuneo fiscale? Innanzitutto è un concetto economico che in particolare rinvia alla scienza delle finanze. E sul quale gli economisti di derivazione keynesiana (nelle varie tinte, anche post) scrivono dotti saggi.
Per capirsi, è un concetto molto apprezzato dagli economisti di sinistra che vedono nell’appesantimento dei tributi sulle imprese la possibilità di diminuire le imposte sui lavoratori: il cuneo è rappresentato dalla differenza tra il peso dell'imposizione fiscale su imprese e lavoratori. Il cuneo è una specie di segno “più” o di segno “meno” che cambia di volta in volta casella a danno o vantaggio delle une o degli altri.
Ovviamente, l’economista e il politico di sinistra tendono ad accrescere il cuneo sulle imprese per favorire i lavoratori. E gli economisti e i politici di destra? Fanno la stessa cosa, però a favore delle imprese. In realtà - il lettore prenda nota - l’impianto concettuale di derivazione keynesiana è da anni accettato a destra come a sinistra.
Il vero punto della questione è che il cuneo fiscale, comunque la si pensi politicamente, è una misura di tipo dirigista. Nel senso che si ritiene che vi sia un rapporto diretto tra uso governativo della leva fiscale, riduzione delle disuguaglianze sociali e sviluppo economico. Si tratta, ripetiamo, di una concezione accettata anche dagli economisti di destra, che in questo modo ritengono di fare gli interessi delle imprese e comunque di favorire lo sviluppo, facendo un poco stringere la cinghia ai lavoratori.
In realtà, l’incidenza del cuneo fiscale sulla dinamica economica è ancora tutta da dimostrare. Per non parlare della politica degli incentivi pubblici che serve solo a moltiplicare i tributi.
Ciò che invece è dimostrato è che nel suo insieme (quindi prescindendo dai livelli di ripartizione dei tributi tra imprese e lavoratori) il carico fiscale sui contribuenti, tutti i contribuenti, non diminuisce. Perché, i costi della copertura pubblica dell’intervento sul cuneo fiscale, ad esempio su Irap e Irpef (imposte dirette), finiscono inevitabilmente per ricadere sulle imposte indirette come Iva e accise su vari prodotti. Quindi, lezione economica fondamentale: come per i pasti, nessuna imposta è gratis. Puviani docet.
Pertanto invece di ragionare su come “tosare” il contribuente alla chetichella. E per inciso, la politica di Draghi, che si impone di ridurre il cuneo sulle imprese è di destra.
Dicevamo, invece di ragionare su come distribuire il carico tra i contribuenti, si dovrebbe tentare di uscire dalla logica keynesiana, accettata anche dalla destra, del trade off o scambio fiscale tra imprese e sindacati.
Come? Proponendo il sostanziale taglio non del cuneo fiscale ma dei tributi per tutti. Solo in questo modo, si potrà favorire al tempo stesso l’autofinanziamento delle imprese e l’accrescimento, per tutti, della liquidità disponibile. Lasciando poi che la legge e della domanda e dell’ offerta faccia il suo corso. Insomma serve uno stop alle politiche redistributive di tipo governativo, a cominciare dalle politiche fiscali: tecnicamente si dovrebbe tornare a parlare di neutralizzazione dei fisco. L'esatto contrario della sua attuale "politicizzazione".
Si dirà che la soluzione è semplicistica. Ma chi guadagna dalla complicazione delle cose?
Innanzitutto il governo, che manovrando la leva fiscale, tiene in pugno imprese e lavoratori. In secondo luogo, gli imprenditori pigri che per autofinanziarsi aspettano l’aiuto fiscale, diretto o indiretto. In terzo luogo i sindacati, che vivono sul conflitto sociale e sulla visione del fisco come continuazione della lotta di classe con altri mezzi.
Va qui registrato il tradimento storico di numerosi economisti liberali. Che hanno supinamente accettato il trade off fiscale - la logica del cuneo, insomma - sposando la causa degli imprenditori più indolenti.
In questo quadro, molto onirico, Super Mario, come già anticipato, da economista di formazione keynesiana, diciamo keynesiano di destra, si trova perfettamente a suo agio.
Così vanno le cose. Buona giornata a tutti.
Carlo Gambescia
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