sabato 23 ottobre 2021

Dal Pci ad Hammamet

 

 

Ieri sera la Rai ha trasmesso sulla terza rete  il film di Gianni Amelio su Craxi,  “Hammamet”.  Non potevo non rivederlo, per mettere  meglio a fuoco le idee.

Il film, in sé, come molte pellicole del colto  regista calabrese, oggi settantenne, merita, come si dice,  il costo del biglietto.

Gli attori sono bravi, la fotografia è molto bella (la location della villa  è quella originale),  il ritratto del protagonista, tra arroganze e abbandoni  legati alla malattia,  assume una sua cifra tragica,  che pur non elevandosi  alle altezze di  certi film  di Visconti, ha una sua  nitida  coerenza.  Mai nel film si sfiora il patetico.

Non è di questo che però desidero parlare. Ma del comune sentire di certa sinistra, che Amelio, seppure mai organico al partito comunista,  ha finito, magari suo malgrado, per  condividere.

Manca infatti nel film  una riflessione storica  sul perché Craxi  era così  odiato dai comunisti. Che, in qualche misura, facilitarono in opere e omissioni l’opera dei giudici milanesi, tutti rigorosamente filocomunisti,  a parte forse una o due eccezioni. Tutti comunque  - i giudici -  su posizioni contrarie alla svolta socialdemocratica di  Craxi.  

Uomo sgradevole, autoritario, di un cinismo urticante. Tuttavia il leader socialista aveva visione politica, fuori dagli storici schemi di un fumoso comunismo all’italiana come del purtroppo classico socialismo parolaio.

Di conseguenza Craxi  condizionò, spiazzandolo, il Pci, durante e dopo  Berlinguer. Un partito   - ecco il punto -   ancora legato agli  schemi operaisti del  conflitto sociale quando occorreva, oppure altrettanto capace (il famigerato “contrordine compagni”) di   legarlo, minacciando lo scontro,  agli equilibri occasionali, filogovernativi (come nei famosi governi di unità nazionale fine anni Settanta).

Tattica, più o meno leninista, senza però la strategia  di Lenin, e neppure quella di Herbert Wehner , il padre ideologico della svolta  socialdemocratica di  Bad Godesberg.  

Insomma, un Pci  incapace   di scegliere tra l’ anticapitalismo machiavellico e il sincero riformismo  socialdemocratico

C’è un passaggio rivelatore nel film:  quando il figlio di un dirigente socialista, suicidatosi, perché travolto da Mani Pulite, sostiene che il padre non avrebbe mai dovuto togliersi la tuta da operaio, anche da dirigente. Pura mitizzazione.  E Craxi tace, forse acconsentendo, per ottenere l’assoluzione  del regista, e dei tanti intellettuali dolenti come Amelio. Per carità, ripeto,  in buonissima fede.

L’operaismo, da non confondere con il laburismo britannico. storicamente parlando, è un’autentica maledizione ideologica: per un verso ha impedito al partito comunista  italiano di  socialdemocratizzarsi, dipingendo alla Guttuso   l’operaio e il sindacato come una specie di  gloriosa avanguardia rivoluzionaria, però sottomessa machiavellicamente al partito (il contrario del laburismo inglese); per l’altro ha paralizzato  l’evoluzione del partito comunista verso una visione riformista del capitalismo,  proiettando l’ombra da Belle Dame sans Merci del conflitto di classe su ogni rapporto sociale.

Alle origini psicologiche e umane  del mito operaista risiede  il complesso di colpa del  dirigente comunista, affranto  per la sua provenienza borghese.  Il che spiega il mistero di tanti intellettuali di sinistra, coltissimi come Amelio, ma proprio perché tali portati tuttora  a mitizzare l’operaio.  Con la differenza che in passato l’operaismo  che  finiva  per  prevalere era sempre  quello autorizzato dal comitato centrale del  partito comunista (di qui le scissioni, “idealistiche” a sinistra, ma questa è un’altra storia...). Oggi diciamo si va più a briglia sciolta, ma lo "stampo"  è quello.     

Per fare una sintesi brutale:  tanto più colti, perché borghesi, magari solo per percorso di studi,  quanto più grande il senso di colpa, quindi tanto  più  comunisti e operaisti, anche senza tessera.

Figurarsi l’odio dei comunisti verso un Craxi che parlava a tutti, persino con i  fascisti. E che in questo modo   condizionava il partito che fu di Togliatti:  faceva sentire i comunisti  sorpassati, puri  e semplici reperti  archeologici della  politica.

Cosa che spiega  il riflesso moralista dell’ultimo Pci, aggrappatosi all’imperativo kantiano, perché non più in grado di spiegare in chiave operaista le trasformazioni sociali degli anni Ottanta del Novecento.  Che invece Craxi aveva intuito. Quindi non solo tangenti.

Di  tutto questo però nella bella  pellicola di Amelio non c'è traccia

Carlo Gambescia               

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